Supremazia energetica: il caso della Federazione Russa

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  07 March 2024
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A cura del Dott. Pierpaolo Piras, studioso di Geopolitica e componente del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

La guerra russa contro l’Ucraina ha determinato una grave crisi energetica con effetti globali. Come risultato si è creata una penuria di petrolio e gas che ha fatto rialzare i prezzi di entrambi e persino raddoppiati per il secondo. Il prossimo futuro energetico - e quindi industriale - sarà ricco di problematiche in aggiunta a quelle derivate dai cambiamenti climatici.

La crisi è iniziata malamente proprio quando la comunità mondiale con la maggioranza dei suoi governanti aveva raggiunto il giusto grado di sensibilità ed espresso la convinta adesione verso il programma internazionale del progressivo e massiccio allontanamento del sistema energetico governato dai combustibili fossili Così si spiega la generale quanto rinnovata attrazione - già positiva da tempo - dei Paesi più industrializzati per le energie alternative compresa quella nucleare.

La Dominanza della energia nucleare

Tra le più utilizzate forme di energie totalmente scevre dall’utilizzo del carbonio, quella sorgente dalla scissione dell’atomo copre oggi poco più del 25% del fabbisogno della Comunità Europea.

Se confrontata con quella eolica e solare, essa ha il decisivo vantaggio di poter produrre enormi quantità di energia in maniera continua ogni giorno dell’anno indipendentemente dalle condizioni climatiche e/o meteorologiche.

Già da tempo, l’Unione Europea ne ha tratto cospicuo vantaggio dal consumo dei fossili, gas compreso, provenienti da altre parti del mondo.

Tuttavia, purtroppo in tempi brevi, pur spronando la produzione europea di energia nucleare, la dipendenza, specie di gas – non più dalla Russia - continuerà su grossi numeri provenienti dai numerosi mercati alternativi.

Le riserve russe di combustibili radioattivi

E’ notorio che Mosca detiene circa il 50% della capacità di arricchimento globale di uranio. E che il 40% di questa forma di combustibile alimenta le attuali centrali atomiche europee. Per maggiore esattezza si tratta di importazioni che provengono oltre che dalla Russia, dal Kazakistan, Uzbekistan, tutti a vario titolo alleati del Cremlino.

E nel mondo ?

Oltre il 40% delle centrali nucleari USA sono rifornite di combustibile nucleare dai tre paesi citati. Inoltre esse coprono il 10% della produzione totale di energia degli States. Ecco come si spiega l’astensione degli Stati Uniti di inserire l’uranio importato dall’azione sanzionatoria odierna contro la Russia e i suoi sodali.

Secondo una valutazione di ordine tecnico, la dipendenza di USA e Unione Europea potrebbe dipendere ancora per un po’ da Russia e Cina (anch’essa produttrice di uranio) sia per l’importazione di combustibili nucleari che per i suoi prodotti derivati.

Che fare ?

Tutto l’Occidente democratico deve sostenere ulteriormente il programma già avviato, pur nelle diversità di ciascun componente, dell’industria nucleare interna, specie in questo periodo storico nel quale le ricerche in campo energetico hanno dimostrato l’assoluta innocuità degli odierni impianti nucleari di ultima generazione, risolvendo anche il problema sensibile relativo allo stoccaggio dei residuati dell’uranio ormai esausto. Sono avviati anche i programmi avanzati per il riutilizzo energetico degli stessi.

Sotto il profilo strategico, è necessario attuare politiche a favore del nucleare investendo in impianti di ultima generazione, approfittando di inserirli nei piani d’intervento per i fattori climatici. Solo seguendo questa prassi politica ed economica si potrà ridimensionare – come già sta avvenendo - considerevolmente il potere ricattatorio che i grandi regimi dittatoriali (Russia e Cina) stanno utilizzando per condizionare la politica internazionale del blocco democratico sulle grandi questioni globali, in campo politico, energetico, industriale e diplomatico.

Le capacità della Russia

Negli ultimi trent’anni , la Russia ha maturato una vasta esperienza nella costruzione di impianti nucleari (pur nella mediocre struttura tecnologica), parallelamente alla tecnologia specifica sulla produzione dei singoli elementi costruttivi, gestione e controllo degli automatismi funzionali e alta formazione del personale specializzato.

Questo patrimonio lavorativo, grazie al minor costo complessivo, gli è valso per stabilire numerosi accordi sull’energia nucleare con altrettanti Paesi, per lo più sottosviluppati, mentre altri sono in fieri; e consegna secondo la formula della costruzione “chiavi in mano”, in Bangladesh, Bielorussia e altri.

A fronte delle ultime contingenze, sembra che l’Occidente si sia finalmente svegliato.

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