Strategia e Power Projection della Cina nell’Indo-Pacifico: Considerazioni Geopolitiche ed Economiche Parte I – Il Sud Est Asiatico e il sub-continente indiano

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  25 aprile 2025
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A cura di Francesco Ancona – Junior Researcher Mondo Internazionale G.E.O Difesa e Sicurezza

Abstract

Dall’inizio del millennio ad oggi, la Repubblica Popolare Cinese ha sensibilmente accresciuto il suo status in molteplici ambiti, economico, tecnologico e militare, diventando uno degli attori più influenti a livello globale. Grazia all’ingente industria manifatturiera di beni di consumo e industriali, e ad una forte spinta verso l’export estero, la Cina è diventata la principale potenza industriale e commerciale. Infatti, il commercio navale detiene un valore di rilievo sia per lo sbocco dei propri prodotti nei mercati asiatici, africani ed europei, sia per l’approvvigionamento di materie prime atte ad alimentare la crescente produzione industriale. In virtù di ciò, le linee di comunicazione marittime che collegano il Mar Rosso al Mar Cinese Meridionale sono vitali per la Cina, poiché considerate come una “linea vitale” da monitorare e proteggere. Considerazioni geopolitiche, economiche, e militari, qui presentate, si intrecciano in un unico nodo riassumibile nella volontà della Cina di ampliare la propria proiezione attraverso una crescente presenza militare, commerciale, finanziaria e, seppur in misura minore, anche politica all’interno dell’Indo-Pacifico. Scopo della seguente serie di analisi è quello di “dipanare” questo nodo analizzando l’evoluzione della crescente proiezione di forza cinese nell’area in ambito economico, geopolitico e militare, offrendo alla fine qualche riflessione su come tale ambizione influisca sul comportamento degli Stati Uniti e dei suoi alleati nel Pacifico, a cui si aggiunge il ruolo dell’Unione Europea, e su eventuali sviluppi futuri.

La rilevanza e il peso del commercio per l’economia cinese

L’ultimo ventennio ha visto la Cina evolvere da attore regionale a grande potenza con ambizioni su scala mondiale. Nel Luglio 2021, durante il suo discorso di commemorazione per il centenario del Partito Comunista Cinese, il Presidente Xi Jinping ha fornito la sua visione del futuro della Cina definendola una nazione “ricca, prospera avanzata e potente”, e che avrebbe avuto una forza armata e navale definendola “di classe mondiale” entro il 2049 (Yip, 2021); questi i punti chiavi della sua visione di “Grande Ringiovanimento” (Sacks 2021; Council of Foreign Relations Editors, 2017). Da un lato, uno degli aspetti primari di questa visione di leadership e proiezione di influenza cinese nel mondo, ed oggetto di analisi, è di natura economica; da un lato l’ingente industria manifatturiera, dall’altro una politica commerciale fortemente incentrata sull’export. A causa delle sue difficoltà nell’ assorbire l’offerta di beni (China Power Project, 2024), circa il 20% del suo PIL interessa le esportazioni (World Bank, 2025), mentre quasi il 40% la produzione industriale (China Power Project, 2024). La forte dipendenza delle catene di distribuzione passanti per le principali Sea Lines of Communication (SLOC) dell’Indo-Pacifico, e la fragilità a cui sono soggetti i punti di navigazione sensibili come gli stretti, sono fattori che, in caso di conflitti o eventi geopolitici destabilizzanti, porterebbero a gravi conseguenze economiche e commerciali a livello mondiale. Di conseguenza, l’accesso e la navigazione indisturbata da parte delle navi mercantili cinesi attraverso le SLOC, e la loro protezione, assumono vitale importanza per la sicurezza della sua economia. In tale contesto, secondo uno studio del Center for Strategic and International Studies (CSIS), i paesi dell’Oceano Pacifico ritengono lo stretto di Taiwan un’aerea particolarmente vulnerabile poiché vi transita un ingente volume di merci. La Cina, in particolare, dipendente economicamente dal commercio passante per lo Stretto di Taiwan, la cui somma dei beni transitanti ha superato $1.3 triliardi nel 2022 (corrispondenti a circa il 30% delle importazioni, ed al 15% di esportazioni di tutto lo stretto) (Funaiole, Hart, Peng, Lin, and Verschuur, 2024). Secondo il report del CSIS, crisi o atti destabilizzanti come blocchi navali, o l’invasione di Taiwan stessa, costringerebbero il traffico marittimo da e verso la Cina ad operare su altre rotte più lunghe, portando ad un aumento dei costi di trasporto, e con l’ulteriore rischio di essere maggiormente esposto a blocchi navali da parte di stati rivali come Stati Uniti. L’instabilità, o addirittura la chiusura, dello Stretto di Taiwan avrebbe quindi gravi ripercussioni economiche e finanziarie in particolar modo per la Cina, sia per il suo export, sia per l’approvvigionamento di risorse minerarie come petrolio e terre rare, corrispondente a due terzi delle importazioni cinesi passanti per il corridoio (Ibid; U.S. Energy Information Administration, 2024).

L’importanza della 9-dash line e del “reef building” per l’accesso all’Indo-Pacifico

Nel 1897 il teorico di strategia navale Alfred Mahan descriveva il legame che intercorre tra geografia, commercio e potenza navale, e la loro importanza per l’accrescimento della ricchezza nazionale. Sosteneva infatti che i “centri di interesse commerciale fossero automaticamente centri d’interesse politico e quindi di interesse militare perché rappresentano nodi di comunicazione” (Mahan, 1897). Sulla scia delle sue teoria, la Cina ha elaborato una chiara strategia marittima nel lungo periodo al fine di proteggere e accrescere i propri interessi commerciali incentrata, da un lato, sul graduale accrescimento delle sue forze e capacità navali in grado di operare non solo nelle proprie acque costiere, ma anche nell’Oceano Indiano e Pacifico, e dall’altro sulla creazione di una rete di basi navali (o punti logistici) d’oltremare capaci di supportare operazioni oltre oceano (Marchant, 2024; Wooley et al., 2023). In particolare, la protezione degli interessi cinesi nelle principali SLOC tramite l’impiego della marina militare (PLAN) così come la costruzione di una rete interconnessa di infrastrutture commerciali e logistiche civili ad uso anche militare (dual use), operate da società statali, è ascrivibile al concetto securitario cinese di “punti di forza strategici” (Dutton et al. 2020; Kennedy, 2020; Singleton, 2023) come linea guida per l’accesso e la proiezione verso l’Indo-Pacifico. La "linea vitale" marittima, ossia quella sezione di mare di importanza nevralgica per la Cina (Kennedy, 2019), si trova all’interno di una zona definita come “la linea dei 9 tratti”, e prevede l’istituzione di “punti di forza strategici” adibiti alla sicurezza della SLOC che collega l’Indo-Pacifico al Mar Rosso (Ibid; Dutton, Cardon, Kennedy, 2020). Essa rappresenta una linea di rivendicazione all’interno del Mar Cinese Meridionale, dove la Cina afferma di godere una “sovranità indiscutibile sulle isole e sulle acque adiacenti, nonché sul loro fondale e sottosuolo” (PRC Letter to the Commission on the Limits of the Continental Shelf, 2009). Le rivendicazioni territoriali vanno a sovrapporsi a porzioni delle zone economiche esclusive (ZEE) spettanti a Malesia, Vietnam, Brunei e Filippine che affacciano su quel mare secondo le regole stabilite da United Nations Convention on the Law of the Sea (UNCLOS) (UNCLOS, Part V). Negli anni le dispute territoriali sulle isole sono state accompagnate sia da un aumento di incidenti e scontri tra vascelli (China Power, 2024; Global Conflict Tracker, 2024), sia dalla costruzione (principalmente ad opera della Cina) di rilievi artificiali con annesse infrastrutture logistiche e militari quali: torri per telecomunicazioni, sensori, radar, piste di atterraggio, batterie anti-aeree, ecc; pratica definita come reef building. Secondo il report China Island Tracker della Asia Maritime Transparency Initiative del CSIS, dal 2012 ad oggi la Cina detiene il controllo effettivo dell’arcipelago Paracel, a cui si aggiungono sette isole in quello dello Spratly (molte delle quali hanno subito importanti opere di drenaggio e di costruzione di infrastrutture e avamposti), e quella della secca di Scarborough (Asia Maritime Transparency Initiative, 2025). In particolare, le isole Duncan, Woody e Tree nell’arcipelago Paracel ospitano importanti porti protetti capaci di ospitare sia navi civili che militari (Asia Maritime Transparency Initiative, 2017). Come evidenziato da vari ricercatori e dalla letteratura accademica cinese, tale tipologia di infrastrutture dual use è strettamente funzionale e necessaria ai fini dello sviluppo di “punti di forza strategici” che garantiscano il supporto operativo e logistico necessario alle unità navali della PLAN per operare oltre lo Stretto di Malacca e l’Oceano Indiano, a protezione della “linea vitale” e del monitoraggio dell’accesso alle rotte marittime che le attraversano (Kennedy, 2019; Ke, 2016; Duoyue, 2017; Dutton et al., 2020; Wooley, Zhang, Fedorochko, Patterson, 2023; Holmes 2014). Lo status amministrativo conferitole dal governo cinese nel 2020, insieme all’intensificarsi delle esercitazioni militari da parte della PLAN e i pattugliamenti della Guardia Costiera nell’area, confermano la loro cruciale importanza strategica e delle relative infrastrutture per le operazioni d’alto mare (Cash 2024; Global Times, 2020, Lo, 2020).

Le principali SLOC e “chokepoints” come aree strategiche per il commercio

Navigando verso sud-ovest, le SLOC si dividono in tre direttrici attraversanti tre stretti, per poi ricongiungersi nell’Oceano Indiano: a) la rotta che taglia lo Stretto di Singapore e Malacca; b) quella dello Stretto della Sonda; c) e lo Stretto di Lombok. Fra queste tre rotte, quella per lo Stretto di Singapore e di Malacca, lunga circa 900 km e con una larghezza variabile tra i 3 e i 200 km, è la più rilevante per il commercio, con un volume di transito tra i più alti al mondo (pari al 30% del traffico marittimo globale), ove transita circa il 25% del petrolio grezzo diretto da e verso il Pacifico (Port Economics, Management and Policy, 2023; Singh 2023). Data il suo cruciale rilievo, e la densità in aumento del traffico navale che lo attraversa obbligato a viaggiare a meno di 10 nodi, negli anni lo stretto è diventato particolarmente suscettibile a pratiche di pirateria e crimini trans-nazionali (Nofandi et al. 2022). Nel Mare delle Andamane e nella Baia del Bengala, due zone dell’oceano indiano orientale, il commercio marittimo è strettamente interdipendente dal contesto geopolitico tra Cina e India. La rivalità storica fra i due paesi e l’effetto spill over derivante dai ricorrenti scontri sul confine, hanno portato entrambi i paesi ad intensificare la propria presenza militare in quel tratto di mare negli ultimi 5 anni. In risposta alle crescenti attività di sondaggio della PLAN e al fine di controbilanciare gli investimenti infrastrutturali cinesi del programma della Belt and Road Initiative in Pakistan e Sri-Lanka, Nuova Dehli ha sia accresciuto i pattugliamenti navali e aerei (attraverso l’uso di ricognitori P-8I), al fine di monitorare le attività della PLAN (Singh, 2023), sia fortificato le proprie basi militari sulle isole di Andamane e Nicobar (Singh, 2025). Dirigendoci ancora più a Ovest, si diramano tre ulteriori SLOC: la prima nello Stretto di Hormuz, la seconda nel Mar Rosso, e la terza verso il Capo di Buona Speranza. I primi due sono particolarmente sensibili per i mercati asiatici. Lo Stretto di Hormuz, che nel suo punto più stretto è largo solo 21 miglia, è un passaggio cruciale per l’approvvigionamento di quasi un quinto di tutto il petrolio mondiale. Secondo una stima dello U.S Energy Information Administration, nel 2023 circa l’80% del traffico era destinato in Asia, di cui il 60% assorbito esclusivamente dal mercato cinese, sud-coreano, indiano e giapponese (U.S. Energy Information Administration, 2023). Tuttavia quest’ area è particolarmente esposta a rischi; la scarsa profondità dello stretto rende le navi presenti nell’area esposta a mine, aggressioni da parte di missili lanciati dalla terraferma e intercettazioni da parte di veloci imbarcazioni d'attacco. Ad esempio, dal 2021 al 2023, l’Iran è stato protagonista di circa 26 azioni aggressive di diversa natura (sequestri, molestie, e attacchi) contro navi mercantili (Brobst, Bowman, 2023). Infine, la SLOC del Mar Rosso è fondamentale per il rapido accesso ai mercati europei attraverso il canale di Suez. Sebbene il Golfo di Aden (suo ingresso) sia transitabile solo sotto scorta navale, la zona continua ad essere al centro sia della rivalità tra Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti (Dunne, 2023), sia dell’instabilità regionale derivante da attacchi nei confronti di navi mercantili da parte di pirati e delle milizie Houti (Salim 2024; Gambrell 2024; ACLED, 2025).

La proiezione cinese: strumenti e mezzi per la sicurezza economica: basi navali, accordi commerciali e piani infrastrutturali in Asia e nell’Oceano Indiano

Dal punto di vista economico e geopolitico, le capacità di proiezione e influenza cinese sulle principali SLOC verso il Mar Rosso si declinano attraverso progetti infrastrutturali all’interno della Belt and Road Initiative (BRI), un ingente programma di investimenti infrastrutturali e di sviluppo lanciato da Xi Jinping nel 2013 con lo scopo di migliorare i collegamenti commerciali via terra e mare tra la Cina e il resto del mondo (McBride 2023). Dal lancio del progetto ad oggi, la maggior parte dei paesi africani, del Medio Oriente e dell’Asia (India esclusa) hanno aderito a vari programmi di investimento diretto o prestiti di diversa entità per opere infrastrutturali (Schrag, 2024). Molti di questi sono legati alla costruzione o al finanziamento di infrastrutture portuali, logistiche e minerarie da parte di società statali o banche nazionali cinesi secondo il modello cinese “Shekou”, ovvero attraverso lo sviluppo di una rete di infrastrutture interconnesse (logistiche, di servizi, energetiche e manifatturiere) aventi lo scopo di promuovere lo sviluppo economico locale e favorirne il commercio con l’estero (Ebbesen 2025). Di particolare rilevanza economica e geostrategica, attraverso la possibile costituzione di nuovi “punti di forza strategici” a doppio uso come basi navali d’appoggio alle forze della PLAN in aggiunta alla base militare di Djibouti (ufficialmente l’unica d’oltreoceano controllata da Pechino), la Cina ha avviato o concluso progetti infrastrutturali in Africa, nell’Oceano Indiano e nel Sud-Est asiatico.

Cambogia

Fortemente a favore all’adesione al programma BRI (ASEAN Energy Database System, 2025), il governo di Phnom Penh ha percepito nel corso degli ultimi 10 anni circa 5$ miliardi di prestiti e 21$ miliardi di investimenti per lo sviluppo di opere infrastrutturali da società e banche cinesi legate al governo centrale di Pechino (American Enterprise Institute, 2025; Sun 2023), rendendo la Cina il suo più importante creditore finanziario e partner economico (Gupta 2024). Il progetto più rilevante è il riammodernamento della base navale di Ream, in gran parte completato nel 2024 (AidData, 2023). Nel 2019, a seguito di un accordo segreto, la Cambogia concesse alla PLAN il permesso di utilizzare la base navale come punto di appoggio (Page, Lubold, Taylor, 2019). Dal 2022 la base subì degli estensivi lavori di ammodernamento (finanziati dalla Cina) per la costruzione di nuovi cantieri navali e pontili, capaci di ospitare anche navi militari della classe Type 056, un centro di comando e controllo, ed un sistema radar (Yaacob, 2024; Asia Maritime Transparency Initiative, 2024). La crescente influenza economica e politica di Pechino, la dipendenza della Cambogia dai suoi aiuti finanziari ed esportazioni (Gupta 2024), l’accesso preferenziale della PLAN alla base navale di Ream con frequenti visite da parte di corvette cinesi dal 2023 ad oggi (Asia Maritime Transparency Initiative, 2024; Head 2024), hanno accresciuto il timore da parte di Stati Uniti, Vietnam e Tailandia sul possibile utilizzo esclusivo della base navale da parte delle forze navali cinesi e sulla potenziale accresciuta presenza della PLAN nel golfo della Tailandia. Nonostante sia improbabile che la Cina ottenga l’uso esclusivo, o addirittura il controllo effettivo, mantiene comunque la sua rilevanza strategica come potenziale “punto di forza strategico” data la sua vicinanza allo Stretto di Malacca. Tuttavia, la bassa profondità del fondale in prossimità dei pontili, i quali non permettono l’attracco alle portaerei, e la relativa vicinanza alle basi navali del Vietnam e della Tailandia, renderebbero complicate le operazioni navali per la PLAN (Yaacob, 2024).

Sri Lanka

Il porto commerciale con acque profonde di Hambantota nello Sri Lanka è situato in prossimità di una delle SLOC principali che attraversano l’Oceano Indiano. Ideato dal governo di Rajapaksa nei primi 2000, il progetto della costruzione del secondo porto più grande del paese fu finanziato da diversi prestiti ad un tasso di interesse fisso del 6.3% erogati dalla EXIM Bank of China per un valore totale di $1.4 miliardi e costruito da due imprese di Stato: la China Harbour Engineering e la Sinohydro Corporation (Wignaraja, Panditaratne, Kannangara, Hundlani 2020; Hillman 2025). Tuttavia, in seguito a ritardi nella costruzione completata nel 2011, e delle perdite derivanti dai proibitivi costi operativi (Moramudali, 2020), il governo successivo stipulò un contratto con il quale concesse in cambio di $1,12 miliardi, la locazione, le operazioni del porto (incluse riparazioni, stoccaggio e distribuzione merci), e lo sviluppo futuro per una durata di 99 anni alla joint venture Hambantota International Port Group (HIPG), controllata all’85% dalla società cinese China Merchant Port Holding (Aneez, 2017; Wignaraja et al., 2020; Ebbesen, 2025). Nonostante l’accordo di locazione escludesse esplicitamente l’utilizzo del porto da parte navi militari straniere, ciò non impedì ad una nave militare di sorveglianza e monitoraggio della classe Yuan Wang di approdarvi nel 2022 (Jayasinghe, 2022). Scali portuali di navi militari cinesi non sono una novità per lo Sri Lanka data la profondità delle sue acque e le dimensioni dei porti di Colombo e Hambantota. Ad esempio, nel 2014, un sottomarino e una fregata della PLAN hanno fatto scalo al porto di Colombo generando timori da parte dell’India (Aneez, Sirilal, 2014). Lo scalo fu anche concesso a navi scientifiche cinesi per ricerche oceanografiche le quali, secondo uno studio del CSIS, avrebbero valenza dual use, poiché i dati prelevati dai fondali oceanici sono utili anche per operazioni sottomarine (Funaiole, Hart, Powers-Riggs, 2024). A tale scopo, è probabile che la Cina continuerà a beneficiare del non-allineamento del governo cingalese nell’ambito della rivalità tra Pechino e l’India (Srinivasan 2024; Siow, 2025) attraverso l’utilizzo dei suoi porti come punto di appoggio per le proprie attività di ricerca nell’Oceano Indiano. Nonostante la percezione negativa da parte della popolazione cingalese nei confronti del modello di sviluppo promosso dalla narrativa cinese, da un punto di vista commerciale ed economico il porto di Hambantota ha visto negli ultimi anni una crescente espansione del volume commerciale e delle capacità operative, tramite la costruzione di nuovi parchi industriali e centri di stoccaggio di beni sotto la guida del consorzio HIPG (Hambantota International Port, 2024; Ebbesen 2025; Hellenic Shipping News, 2025). Date le sue dimensioni, le strutture logistiche di supporto, la profondità del fondale e la relativa vicinanza alla principale SLOC dell’Oceano Indiano, il porto di Hambantota ha il potenziale per divenire a struttura logistica di appoggio sia per navi militari della PLAN, sia per attività dual use da parte di navi scientifiche affiliate a centri militari della PLAN (US Department of Defence, 2023; Wooley, Zhang, Fedorochko, Patterson, 2023).

Pakistan

Nel contesto della BRI, il Pakistan è il paese che ha recepito il maggior numero di finanziamenti e prestiti, pari circa a $60 miliardi di dollari (Afzal, 2020), per la costruzione del progetto più ambizioso della BRI, il China-Pakistan Economic Corridor (CPEC). Si tratta di una rete di progetti infrastrutturali logistici, stradali, ferroviari, industriali, energetici e di telecomunicazioni colleganti la regione dello Xinjiang con le regioni del Kashmir e Belucistan, avente lo scopo di migliorare il commercio di terra e la cooperazione economica fra la Cina e il Pakistan (Pakistan Ministry of Planning, Development, & Special Initiatives, 2025; Ibid, 2017; South China Morning Post, 2025; Kanwal, 2025). In tale contesto si inserisce il porto di Gwadar, fungente da terminal del corridoio economico. Situato a 400km a Est dallo Stretto di Hormuz, il porto fu soggetto ad una prima fase di sviluppo completata nel 2007 da parte della China Harbour Construction Company, mentre una seconda finanziata dalla Cina per un ammontare di $1.2 miliardi fu annunciata nel 2015 (China Daily, 2015). Lo sviluppo fu affidato alla società cinese China Overseas Ports Holding Company (COPHC), vincitrice del contratto nel 2013 (Raza, 2013). Tra gli obiettivi del progetto, sulla scia del modello Shekou (Dutton, Cardon, Kennedy, 2020), vi furono quello di ampliare tonnellaggio massimo a 100.000 tonnellate attraverso la costruzione di 3 nuovi ormeggi da 200 metri e l’installazione di un impianto roll-on roll-off, costruire due terminali petroliferi, e creare una nuova zona industriale di 2281 acri ad essa annessa e denominata Gwadar Free Zone (China Daily, 2015; Kanwal 2025; Zaheer, 2013). Nel 2017, come parte di un ulteriore accordo, il governo aderì alla locazione del porto e delle sue operazioni nei confronti della COPHC per una durata di 40 anni, incluso il 91% dei profitti derivanti dalle operazioni portuali (Pti, 2017). Nonostante i continui sviluppi sotto il CPEC, il porto di Gwadar riscontra da diverso tempo grandi difficoltà nell’attrarre attività imprenditoriali, traffico navale e a fungere da principale hub per lo sviluppo economico regionale. L’attuale carenza di infrastrutture di supporto adeguate (strade, ferrovie, energia e servizi primari) e la competizione derivante da soluzioni portuali regionali più convenienti, sono i principali fattori che influiscono negativamente sulla sua redditività economica complessiva nel medio e lungo periodo (Zaman, 2025). Nonostante le sfide economiche, il porto di Gwadar rimane rilevante per la Cina. Come evidenziato dai ricercatori dello US Naval War College Kardon, Kennedy e Dutton, la sua posizione strategica all’interno dell’Oceano Indiano, coniugata con l’insieme dei progetti infrastrutturali inerenti al CPEC e i buoni rapporti diplomatici con Islamabad, offrirebbero alla Cina uno sbocco portuale e una rotta alternativa alla SLOC che attraversa lo stretto di Malacca per l’approvvigionamento del proprio fabbisogno energetico, attraverso l’uso dei gasdotti che collegheranno il Belucistan allo Xinjiang. Così facendo Pechino ridurrebbe il rischio di una possibile distorsione o addirittura blocco delle linee di traffico navale, riducendo così in parte la propria dipendenza da esse. In tal senso, secondo gli autori, Gwadar rientrerebbe nel concetto di “punto di forza strategico” come punto logistico e di rifornimento adibito alla protezione degli interessi cinesi d’oltre oceano (Dutton, Cardon, Kennedy, 2020). Come per i casi precedenti, date le sue caratteristiche e profondità, Gwadar si presterebbe anche per un uso militare, essendo potenzialmente in grado di ospitare vascelli di grandi dimensioni come fregate di classe Type 054A, navi d’assalto anfibio Type 075, navi da trasporto anfibio Type 071 e portaerei (Vázquez, 2023; Dutton, Cardon, Kennedy, 2020). Pur ancora sottosviluppato e poco utilizzato, è probabile che i piani di sviluppo commerciale e infrastrutturale del porto di Gwadar con conformazione dual use andranno avanti nel breve e medio periodo; ciò è in larga parte motivato dal legame che unisce gli interessi commerciali e la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, necessarie per garantire lo sviluppo economico della Cina.

Nella seconda parte analizzeremo i rapporti commerciali tra la Cina e alcuni paesi dell’Africa, e i principali programmi di sviluppo logistico e portuale portati avanti come strumento a supporto della strategia dei “punti di forza strategici”.

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