Elezioni europee 2024

Accuse di interferenza russa nei processi democratici dell'Unione europea. Storie della Russia che cambia e che non cambia

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  Giuliana Băruș
  09 marzo 2024
  4 minuti, 34 secondi

Il Parlamento europeo chiede misure contro le interferenze russe

L'8 febbraio 2024, il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione che chiede di frenare i tentativi della Russia di interferire nei processi decisionali dell'Unione.

La misura è stata approvata dopo il caso dell'eurodeputata lettone, Tatjana Ždanoka – rappresentante della minoranza russofona in Lettonia – accusata da un'inchiesta giornalistica congiunta di essere un'agente dei servizi segreti di Mosca.

Nella risoluzione si segnalano, inoltre, anche altri casi di eurodeputati che servono consapevolmente gli interessi della Russia: si sottolinea, infatti, come la Federazione abbia trovato il modo, in violazione delle norme nazionali, di fornire significativi finanziamenti a partiti, movimenti e personaggi politici in diversi Paesi UE (tramite concessione di prestiti bancari, stipulazione di accordi commerciali e facilitazione di attività finanziarie). 

Influenze attraverso i Partiti europei 

Secondo il provvedimento, i destinatari di questi favori economici sono stati: il Front National francese nel 2016, la Lega per Salvini premier nel 2019, e la campagna Leave.eu prima della Brexit.

Essendoci prove concrete dell'esplicita ingerenza della Federazione russa negli spazi democratici dei Paesi dell'Unione – attraverso campagne di disinformazione e sistemi di corruzione –, è inevitabile temere che le elezioni europee del 2024 costituiranno un bersaglio speciale nell'agenda del Cremlino.

Tra gli esempi di tentativi di ingerenza, la risoluzione segnala le “narrazioni preconfezionate” – fornite a partiti e politici di estrema destra in Germania e Francia – con l'obiettivo di minare il sostegno pubblico all'Ucraina. Ma anche le “presunte relazioni” fra il governo russo e il movimento indipendentista catalano.

Tutto ciò nel quadro di una strategia più ampia volta a danneggiare, confondere, spaventare, indebolire e dividere gli Stati membri; e ad attaccare il loro funzionamento democratico, nonché quello delle istituzioni UE: prima e dopo il 24 febbraio 2022, Mosca persegue tenacemente l'obiettivo di colpire l'integrità del processo decisionale democratico degli Stati membri e delle istituzioni UE.



Trent'anni al potere: la danza immobile della Russia 

Dal 15 al 17 marzo si terranno, nella Federazione russa, le elezioni per la scelta del Presidente. Per molti, però, la chiamata alle urne è una mera formalità, prima della rielezione di Putin.

Nel 1986 quando ascese alla guida dell’Unione Sovietica, Mikhail Gorbachev iniziò un'era di riforma politica, liberando i prigionieri politici e gli esiliati interni.

Nel 2024, la prossima ineludibile riconferma di Putin al potere – per un nuovo mandato di sei anni, portando il suo regno al longevo traguardo dei trent'anni – arriva sullo sfondo della morte di Aleksey Navalny.

Per più di due decenni, Putin ha fatto dell’assassinio politico una parte essenziale degli strumenti repressivi del Cremlino. Esiste però una legge tacita del regime autoritario di Mosca, secondo la quale, gli oppositori autorevoli che rimangono all’estero ricevono dalle autorità russe sostanzialmente il diritto alla vita. Perché tale garanzia? Perché l’emigrazione spezza loro le ali: non c’è contatto diretto con il popolo, con la Russia, con i propri concittadini. 



The Man Putin couldn't kill 

Il 17 gennaio 2021 – a pochi mesi dall'avvelenamento da novichok e dalla tempestiva riabilitazione in GermaniaNavalny ha scelto di rientrare in patria e sfidare apertamente l'inquilino del Cremlino. Ha scelto di immolarsi per la “Bella Russia del Futuro”. Ha scelto, con audacia e ironia, il martirio. Ma un Paese che necessita di martiri e santi non è da invidiare. È invece il sintomo manifesto di una deriva autoritaria sempre più aspra, sempre più spietata. La palpabile manifestazione della paranoia di un uomo solo al comando da quasi un quarto di secolo. Perché il potere logora non solo chi non c'è l'ha, ma anche chi da troppo tempo lo detiene e per nulla è disposto a cederlo. Il suo potere, però, è inganno e corruzione: questo ciò che Navalny ha ripetutamente dimostrato negli ultimi vent'anni a una società russa spesso apatica, disinteressata e disinformata, e perciò complice della politica sanguinaria e corrotta del Cremlino.

Navalny
ha accettato di sfidare Putin perché non temeva ciò che non rispettava. Anche dal carcere – o meglio, confinato nel Circolo polare artico  – ha continuato la sua lotta, interferendo con la campagna elettorale del presidente, e denunciando l’aggressione della Russia in Ucraina.

Privato di tutto, Navalny ha testimoniato fino all'ultimo la sua potenza: la sua unica arma? Denunciare la corruzione e l'ipocrisia del regime. Perché nulla è più potente della verità. Ma a quale prezzo?

L'opposizione russa perde ora uno dei suoi volti più riconoscibili, sia in Russia che all’estero. Un leader carismatico, dalla statura tragica, capace di mettere in discussione l'idea di “democrazia gestita”, secondo la quale soltanto un uomo forte posto al vertice del Paese sia in grado di attuare le riforme economiche e badare al benessere materiale dei cittadini. Capace insomma di costruire un’organizzazione politica di opposizione nazionale, in possesso di una diffusa presenza regionale, e facente appello a molteplici strati della vasta società russa. Con la labile speranza, ora, che non tutto sia stato invano.



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L'Autore

Giuliana Băruș

Studi in Giurisprudenza e Diritto Internazionale a Trieste.
Oltre che di Diritto (e di diritti), appassionata di geopolitica, giornalismo – quello lento, narrativo, che racconta storie ed esplora mondi fotoreportage, musica underground e cinema indipendente.

Da sempre “permanently dislocated un voyageur sur la terreabita i confini, fisici e metaforici, quelle patrie elettive di chi si sente a casa solo nell'intersezionalità di sovrapposizioni identitarie: la realtà in divenire si vede meglio agli estremi che dal centro. Viaggiare per scrivere soprattutto di migrazioni, conflitti e diritti e scrivere per viaggiare, alla ricerca di geografie interiori per esplorarne l’ambiguità e i punti d’ombra creati dalla luce.

Nel 2023, ha viaggiato e vissuto in quattro paesi diversi: Romania, sua terra d'origine, Albania, Georgia e Turchia.
Affascinata, quindi, dallo spazio post-sovietico dell'Europa centro-orientale; dalla cultura millenaria del Mediterraneo; e dalle sfaccettate complessità del Medio Oriente.

In Mondo Internazionale Post è autrice per la sezione Organizzazioni Internazionali”.

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