Gli Stati Uniti interessati a ritornare nel Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU

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  Redazione
  06 maggio 2021
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Dopo l’abbandono avvenuto durante l’amministrazione di Donald Trump, ora, con Joe Biden, gli Stati Uniti tornano ad impegnarsi per l’ottenimento di un posto nel Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite.

Ad annunciare la candidatura il 24 febbraio scorso è il Segretario di Stato Antony Blinken in occasione della sessione del Consiglio per i Diritti Umani: “Sono lieto di annunciare che gli Stati Uniti si candideranno per un seggio nel Consiglio dei diritti umani per il triennio 2022 - 2024”.

Considerando che il Consiglio per i Diritti Umani è composto da 47 Stati membri eletti dall’Assemblea Generale, ottenere il sostegno degli Stati che lo compongono è un elemento essenziale affinché ci si possa integrare al suo interno. L’importanza di questo aspetto ha visto difatti il Segretario di Stato USA aggiungere, durante la sessione: “Chiediamo umilmente il sostegno di tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite nel nostro tentativo di tornare in questo organismo”.

La decisione di candidarsi al Consiglio si somma alla serie di azioni che hanno visto il Presidente Joe Biden distinguersi dal suo predecessore.

Facciamo qualche passo indietro per capire bene cosa è successo prima.

È il 19 giugno 2018 e alla presidenza degli Stati Uniti d’America vi è Donald Trump. Le parole con cui Nikki Haley, l’Ambasciatrice degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, annuncia il ritiro dal Consiglio per i Diritti Umani, risuonano forti tra le aule istituzionali. Si accusa il Consiglio di essere “un protettore dei molestatori dei diritti umani e un pozzo nero di pregiudizi politici”.

La Haley, però, a proposito di diritti umani chiarisce: “Questo passo non è un ritiro dal nostro impegno sul fronte dei diritti umani. Assumiamo questa iniziativa perché il nostro impegno su questo fronte non ci consente di continuare a far parte di un'organizzazione ipocrita e egoista che deride i diritti umani”.

Si arriva a definire il Consiglio “un'organizzazione non degna del suo nome”. A detta degli Stati Uniti difatti il Consiglio necessita di essere riformato; tuttavia nessun’altra Nazione si lascia coinvolgere in tale iniziativa.

L’Ambasciatrice nel suo discorso fa infatti emergere: “Quando abbiamo chiarito che avremmo fortemente perseguito la riforma del Consiglio (,) Paesi come Russia, Cina, Cuba ed Egitto hanno tentato di minare i nostri sforzi”. Aggiungendo che “nessun altro Paese ha avuto il coraggio di unirsi alla nostra lotta”.

È su parole forti come queste che gli americani hanno rendono pubblico il loro abbandono.

In seguito a queste dichiarazioni, non è mancato il dispiacere da parte del Segretario Generale ONU Antonio Guterres. Ad aggiungersi a questa importante personalità, anche l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani Zeid Ra’ad Al Hussein ha espresso il suo rammarico. Quest’ultimo ha ritenuto “deludente” il ritiro statunitense, aggiungendo successivamente su Twitter che, considerata l’attuale situazione dei diritti umani nel mondo, “gli Stati Uniti dovrebbero intensificare e non fare un passo indietro”.

E mentre gli USA indietreggiavano, la Russia, chiedeva di entrare nel Consiglio per i Diritti Umani. Il Paese dopo aver perso il suo seggio nel 2016, per via del sostegno dato al regime siriano, ha voluto riconfermare l’interesse verso il Consiglio presentando una nuova candidatura per il seggio per l’attuale triennio. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, i russi hanno garantito di fare del loro meglio per contrastare il tentativo americano di rendere tale istituzione uno “strumento per promuovere i loro interessi”.

Ad ogni Paese una propria reazione. Tra i diversi, Israele spicca in quanto Paese di essenziale interesse per gli Stati Uniti. La notizia dell’abbandono americano dal Consiglio è stata fortemente accolta, tant’è che in una nota dell’ufficio del Primo Ministro Benjamin Netanyahu viene riportato: “La decisione degli Stati Uniti di lasciare questo corpo prevenuto è un'affermazione inequivocabile che è troppo". A seguire infine, “Israele ringrazia il Presidente Trump, il segretario Pompeo e l'ambasciatore Haley per la loro coraggiosa decisione contro l'ipocrisia e le menzogne ​​del cosiddetto Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani”.

Di contro, i palestinesi hanno mosso tutt’altra considerazione. Il ritiro statunitense dal Consiglio è stata visto come l’ennesima decisione che ha contraddistinto l’amministrazione di Donald Trump. In una nota del Ministero degli Esteri, le autorità palestinesi hanno espresso l’augurio che il venir meno degli Stati Uniti “non influenzi il Consiglio né intacchi la determinazione dei suoi componenti".

L’augurio di oggi è di far sì che all’interno del Consiglio per i Diritti Umani tali diritti vengano rispettati da tutti (gli stati membri), a prescindere dagli interessi di qualsiasi tipo. La presa d’iniziativa di Joe Biden per gli Stati Uniti si inserisce a pieno nella grande sfida dei diritti umani. Il Segretario di Stato Blinken ha difatti dichiarato: “I’m here to reaffirm America’s commitment to respect and defend the human rights of all people, everywhere”.


a cura di Sofia Abourachid 

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