Si è appena conclusa la COP29 di Baku, capitale dell’Azerbaijan, e adesso è tempo di bilanci tra successi e insuccessi.
A dominare sono stati il pessimismo e lo scetticismo. Già il fatto che ad ospitare la conferenza sia stato uno dei maggiori esportatori di petrolio e gas naturale ha complicato molto le cose, ma a questo si è anche aggiunto il fatto che i leader dei Paesi maggiori inquinatori non si sono presentati.
Il più grande successo è arrivato il primo giorno, lunedì 11 novembre, e riguarda il mercato del carbonio, oggetto dell’articolo 6 dell’accordo di Parigi (raggiunto alla COP del 2015) e una delle questioni più complesse relative al clima. Con mercato del carbonio si intende lo scambio di titoli volontari di compensazione delle emissioni inquinanti, investendo in programmi per contrastare i gas serra.
Il mercato del carbonio è controverso: spesso, infatti, gli Stati più ricchi sono stati accusati di sfruttare questo meccanismo per scaricare il peso dei propri errori del passato dal punto di vista climatico pagando quote di emissioni dai Paesi più poveri. Con la COP di Baku si è deciso di mettere il mercato del carbonio sotto l’egida dell’ONU, ambendo a una maggiore serietà per impedire soprusi.
A Baku si è parlato tanto anche di finanza globale, ovvero di come aiutare i Paesi più poveri a fare fronte ai danni del cambiamento climatico. In questo frangente, quindi, la discussione si è fatta più tecnica, finalmente lasciando sullo sfondo tutto quel contorno di influencer e personaggi più o meno famosi che giravano per le sale della conferenza. I fondi da mettere in gioco per fare fronte al cambiamento climatico sono enormi e la loro allocazione non è facile, ovvero non è facile decidere chi deve pagare. Inoltre, i soldi dati ai Paesi poveri non devono essere solo prestiti, che rischierebbero di stringerli ancora di più nella morsa del debito pubblico e impedire loro quello sviluppo che mitigherebbe la loro posizione nella crisi climatica.
Secondo il ministro dell'Ambiente italiano Gilberto Pichetto Fratin: “La COP29 sarà una delle tante tappe di un processo irreversibile in corso. L’obiettivo stavolta è la finanza climatica. Vediamo cosa riusciamo a fare”.
Alla fine è possibile trarre un bilancio finale della COP?
Quello che è certo è che il 2024 è stato l’anno più caldo e in cui si sono verificati più eventi metereologici estremi: un chiaro segnale che il tempo a disposizione per salvare il pianeta è finito. In questo senso, la mancata partecipazione degli Stati Uniti e degli altri Paesi inquinatori ha preoccupato molto gli Stati maggiormente vulnerabili al cambiamento climatico, soprattutto le isole. "Credo che il ritiro degli Stati Uniti dall'Accordo di Parigi sia un passo indietro. Gli Stati Uniti hanno l'obbligo, un obbligo morale, forse più di ogni altro, di fornire leadership e finanziamenti per il clima per affrontare la questione del cambiamento climatico a causa delle loro emissioni storiche", ha detto il primo ministro di Antigua e Barbuda, Gaston Browne, mettendo in primo piano tutte le difficoltà che i Paesi più poveri stanno incontrando nella loro strada verso la sostenibilità.
Mettere d’accordo tutti non è mai facile e anche questa COP non è riuscita pienamente nel suo intento. Ogni Paese vuole ritagliarsi il suo spazio, vuole essere ascoltato. Ovviamente, le esigenze sono diverse e non sempre conciliabili, ma trovare un accordo condiviso non è più un'opzione rimandabile.
Al Gore sostiene che è necessario cambiare il format delle conferenze sul clima. Secondo l’ex Vicepresidente degli Stati Uniti tutti i partecipanti delle conferenze devono crederci e impegnarsi davvero: parlare di finanza e di mitigazione dei danni ambientali sono strettamente collegati, non è più possibile trattare questi temi come compartimenti stagni.
La COP29 ha comunque avuto il merito di accendere i riflettori “sull’urgenza di destinare risorse economiche significative alla lotta contro i cambiamenti climatici. Il dibattito si concentra su come mobilitare i fondi necessari per sostenere la transizione ecologica, ridurre le emissioni di gas serra e aiutare i paesi più vulnerabili ad affrontare gli impatti del clima che cambia”.
In conclusione, questa è stata la COP con il carattere più economico, concentrata sul destinare fondi ai Paesi poveri. Tuttavia, dietro al bisogno di soldi ci sono persone, e questo non bisogna mai dimenticarlo.
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L'Autore
Valeria Fraquelli
Mi chiamo Valeria Fraquelli e sono nata ad Asti il 19 luglio 1986. Ho conseguito la Laurea triennale in Studi Internazionali e la Laurea Magistrale in Scienze del governo e dell’amministrazione presso l’Università degli Studi di Torino. Ho anche conseguito il Preliminary English Test e un Master sull’imprenditoria giovanile; inoltre ho frequentato con successo vari corsi post laurea.
Mi piace molto ascoltare musica in particolare jazz anni '20, leggere e viaggiare per conoscere posti nuovi ed entrare in contatto con persone di culture diverse; proprio per questo ho visitato Vienna, Berlino, Lisbona, Londra, Malta, Copenhagen, Helsinki, New York e Parigi.
La mia passione più grande è la scrittura; infatti, ho scritto e scrivo tuttora per varie testate online tra cui Mondo Internazionale. Ho anche un mio blog personale che tratta di arte e cultura, viaggi e natura.
La frase che più mi rappresenta è “Volere è potere”.
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