Il caso del comparto alimentare giapponese

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  Redazione
  25 ottobre 2021
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Per poter parlare in modo compiuto del comparto agroalimentare giapponese è necessario analizzare le sue caratteristiche e fragilità tenendo presente le peculiarità socio culturali in cui tale settore è calato. Si evidenzia subito, in apertura delle nostre riflessioni, come l’agricoltura, ed in particolare la risicultura, abbiano rivestito un ruolo centrale nella cultura e nelle tradizioni di questo Paese asiatico. Importanza socioculturale che ha giustificato le stringenti tutele che i governi giapponesi hanno garantito, sino ad oggi, a questo comparto. A differenza del contesto europeo, ove la varietà di biomi (dal mediterraneo al continentale) ha determinato la possibilità di sviluppare sistemi di produzione agricola anche molto diversi tra loro, la conformazione geografica del Giappone ha limitato la diversificazione dei modelli produttivi. Il territorio di questo paese, costituito da arcipelaghi di isole prevalentemente montuose con abbondanti precipitazioni e scarsità di terreni facilmente coltivabili (con la limitata eccezione dell’isola meridionale dell’Hokkaido) ha portato all’affermazione della risicultura a terrazzamento quale, modello di coltivazione a lungo predominante nel paese[1].

Oggi il Giappone dopo decadi di crescita dinamica alimentata dai comparti manifatturiero, tecnologico e da una spiccata vocazione all’esportazione, si attesta quale una delle economie più avanzate a livello mondiale, risultando la terza potenza economica dopo USA e Cina. Come è facile comprendere, il settore agroalimentare giapponese ha diminuito drasticamente, dal secondo dopoguerra ad oggi, il proprio peso nell’economia del paese. Nello specifico i fenomeni di marginalizzazione del comparto primario, comuni a tutte le economie più avanzate, si sono verificati in modo ancora più accentuato. A riprova di tale tendenza si consideri come: se da un lato si è verificato un calo costante degli occupati che sono passati da oltre il 26% negli anni 50 a meno del 4% secondo le ultime rilevazioni, dall’altro il valore aggiunto che questo settore ha apportato all’economia del paese, è passato da una quota superiore all’11% del PIL negli anni 50 (per poi decrescere sensibilmente già nei primi anni 90) a valori vicini all’1,9% stabilizzandosi intorno all’1,2% a partire dal 2018[2].

Fatta questa premessa andiamo a valutare nel dettaglio alcune dinamiche e complessità paradigmatiche dell’agroalimentare giapponese. Per far questo svolgiamo la nostra analisi prendendo come riferimento la risicoltura, settore paradigmatico del sistema produttivo dell’agroalimentare giapponese. Infatti, questa coltivazione è stata storicamente caratterizzata dalla presenza di piccole risaie a gestione familiare inserite in più ampie comunità agricole, che avevano un ruolo centrale nel mantenimento delle complesse infrastrutture di irrigazione indispensabili per tali coltivazioni. Questo sistema di frammentazione della proprietà agricola che continua ad essere particolarmente diffuso con oltre il 70 % delle imprese che coltivano pochi ettari, ha costituito un forte impedimento all’espansione delle dimensioni delle fattorie. Dal 1965 a oggi l’incremento nel settore caseario è stato di 17,6 volte e di 216,4 quello nell’allevamento di suini, la dimensione media delle imprese risicole è rimasta contenuta passando da 0,6 ettari agli 1,2 ettari attuali. La sostanziale differenza nella crescita dei terreni dedicati all’allevamento piuttosto che alla risicoltura, si spiega oltre che per ragioni legate al modello familiare tradizionale adottato nella coltivazione del riso, anche a causa dell’occidentalizzazione della dieta giapponese con l’incremento del consumo di carne che precedentemente era scarsamente diffusa in Giappone[3].

Altro dato da considerare legato alle imprese risicole, riguarda l’asimmetrica produttività nel settore. Per l’appunto le aziende agricole di più grandi dimensioni che rappresentano meno del 3% del totale degli operatori, contribuiscono ad oltre il 90% della produzione totale, evidenziando un deficit produttivo legato alle piccole e microimprese. Il limite alle performance di questi soggetti è reso ancora più evidente da come la maggior parte di queste attività (circa il 67%) non dipenda esclusivamente dai ricavi derivanti dall’agricoltura, soffrendo da un lato gli alti costi dei macchinari e dei fertilizzanti indispensabili alle culture, senza poter usufruire dei vantaggi di scala legati a produzioni maggiori. Ne deriva quindi che per mantenere la propria presenza attiva sul mercato, esse dipendano in misura maggiore di altre realtà imprenditoriali dal supporto statale[4].

Riguardo alla complessa e stratificata disciplina che regola l’ampio supporto che l’ordinamento giapponese garantisce al comparto agricolo, ci limitiamo ad indicare gli interventi più significativi ai fini della nostra analisi. In primo luogo, si veda come la legge fondamentale alimentare, agricola e rurale n. 106 del 1999 (食料農業農村基本法Shokuryō nōgyō nōson kihon-hō), più volte riformata sino al testo attualmente vigente, preveda tra i suoi obiettivi fondamentali quello di garantire un approvvigionamento alimentare stabile, migliorando la produzione interna e l’autosufficienza agroalimentare del paese, anche con interventi di natura fiscale e finanziaria[5]. Si ricordi anche come sia stato previsto un sistema di pagamenti diretti per i contadini nelle aree collinari e montuose, finalizzati a prevenire l’abbandono dei territori, disponendo incentivi economici per le comunità agricole che operano in aree rurali svantaggiate, attraverso aliquote di pagamento concepite per compensare l'80% della differenza media dei costi di produzione tra zone svantaggiate e zone pianeggianti. Inoltre, sono stati predisposti sistemi di supporto ai guadagni degli agricoltori basati su meccanismi di sostegno al prezzo di mercato, applicati ad alcuni prodotti sensibili come il riso, consistenti nell’applicazione di tariffe fuori quota particolarmente elevate. A tutto queste si aggiunga come i dazi applicati dal governo giapponese ai prodotti agricoli importati; siano mediamente dieci volte superiori a quelli applicati alle altre classi merceologiche[6]. Sulla base di questi e altri interventi è facile capire come il valore percentuale del supporto stimato alla produzione agricola per il Giappone, secondo le analisi OCSE, sia notevolmente superiore alla media dei paesi OCSE attestandosi tra i più alti rilevati[7].

Fatte queste considerazioni passiamo ad analizzare altre fragilità del comparto agroalimentare giapponese. Il sistema produttivo di questo paese è minacciato da importanti cambiamenti demografici, fenomeni a cui la dottrina si è riferita con l’espressione di c.d. “shrinking population[8]. L’invecchiamento e la contrazione progressiva della forza lavoro, sono diventati una delle sfide principali che i governi giapponesi stanno affrontando; si stima infatti che dopo il picco raggiunto nel 2008 (126 milioni) la popolazione declinerà del 31 – 35% entro il 2065, con oltre il 40 – 45 % dei cittadini che supererà i 65 anni di età. Questo fenomeno, che mette a rischio la stessa esistenza del sistema produttivo, è già particolarmente visibile nelle aree rurali dove secondo le rilevazioni del Ministero dell’Agricoltura, Pesca e Selvicoltura (農林水産省 Nō, Rin, Suisan-shō, nell’acronimo inglese MAFF) la senilizzazione della forza lavoro e l’abbandono delle campagne ad opera delle nuove generazioni hanno determinato l’innalzamento dell’età media degli operatori, nel comparto primario, con oltre il 75% dei lavoratori full-time che ha una età superiore ai 60 anni, valore che si innalza a più di 70 anni nel settore della risicoltura[9].

L’effetto combinato dei fattori visti fino a questo momento, cioè la scarsità di terreni coltivabili, l’ampia popolazione, i cambiamenti demografici, le trasformazioni del sistema produttivo e la generale scarsa produttività del settore agroalimentare, hanno fatto del Giappone il maggiore importatore netto di prodotti agroalimentari al mondo. Non stupisce quindi che il valore dell’import agroalimentare ammonta a più di 6,2 trilioni JPY, valore venti volte superiore alle esportazioni che invece toccano i 660 miliardi di JPY[10]; occorre precisare come il valore netto dell’export di tali prodotti, sia andato progressivamente ad aumentare soprattutto verso quei paesi con cui il Giappone ha concluso accordi di libero scambio di varia natura. L’ampio valore nelle importazioni si riflette profondamente sul rapporto di autosufficienza alimentare di questo paese, calcolato sulla base delle calorie che attualmente è soddisfatto solo per il 40% dalla produzione nazionale. Va comunque evidenziato che i livelli di dipendenza dall’importazione cambiano a seconda dei differenti prodotti. Ad esempio, se il livello di autosufficienza per il consumo di riso supera il 90%, quello per il grano è solo del 13% mentre le carni di maiale e di manzo sono rispettivamente del 52% e del 43%[11].

Le questioni relative all’autosufficienza alimentare e alla stagnazione del comparto primario, sono state al centro di numerosi interventi delle autorità giapponesi. Tra i più recenti si ricorda la proposta di riforma portata avanti dall’ufficio dell’ex primo ministro Shinzō Abe, poi continuata dall’attuale amministrazione di Yoshihide Suga, finalizzata tra l’altro ad aggiornare il funzionamento delle organizzazioni agricole con i regolamenti di produzione, riorganizzare la struttura del settore favorendo la costituzione di operatori di maggiore dimensione, nonché favorire le esportazione del comparto agroalimentare per risollevare e veicolare le trasformazioni necessarie al settore e rimanere competitivo nel mercato globale[12]. A questi fini sono state portate aventi politiche proattive di supporto al comparto, come la costituzione nel 2017 di una nuova agenzia la Japan Food Product Overseas Promotion Center[13] facente capo al MAFF con l’obbiettivo di promuovere la vendita dei prodotti agroalimentari nazionali all’estero ed offrire supporto agli esportatori giapponesi, nonché la volontà di negoziare con altri paesi accordi di liberazione commerciale di varia natura che riguardino anche l’agroalimentare. Con l’obbiettivo di fondo di rimuovere o allentare le barriere commerciali interne e spingere per una progressiva modernizzazione del comparto, aprendo anche il mercato nazionale ad una maggiore concorrenza dei prodotti stranieri.

[1] C. F. GATTI, Storia del Giappone, Bari, 2017, p. 6 ss; A. G. MULGAN, The Politics of Agriculture in Japan, Londra, 2000, pp. 1 – 23.

[2] Dati tratti dallo studio OCSE R. MARTINI S. KIMURA, “Evaluation of Agricultural Policy Reforms in Japan”, Parigi, 2009, pp. 11 – 27; Studio OCSE Food and Agricultural Reviews, S. KIMURA M. SHIGEMITSU, Innovation, Agricultural Productivity and Sustainability in Japan, 2019, pp. 35 – 37; Statistics Bureau Ministry of Internal Affairs and Communications, Japan Statistical handbook of japan, Tokyo, 2020, p. 130 ss.

[3] N. KATAYAMA et. al., Review of post-war changes in rice farming and biodiversity in Japan, Agricultural Systems, vol. 132, 2015, pp. 73 – 84; R. MARTINI S. KIMURA, Evaluation of Agricultural Policy Reforms in Japan, Parigi, 2009, pp. 12 – 17; N. L. FREINER, Rice and Agricultural Policies in Japan The Loss of a Traditional Lifestyle, Berna, 2019, pp. 1 – 18; sito ufficiale del MAFF < https://www.maff.go.jp/e/polic... >; A. G. MULGAN, The Politics of Agriculture in Japan, Londra, 2000, pp. 39 – 42.

[4] Dati tratti dallo studio OCSE Food and Agricultural Reviews, S. KIMURA M. SHIGEMITSU, Innovation, Agricultural Productivity and Sustainability in Japan, Parigi, 2019, pp. 43 – 45; R. MARTINI S. KIMURA, Evaluation of Agricultural Policy Reforms in Japan, Report OCSE, 2009, pp. 59 – 60.

[5] Cfr. Articolo2 comma 2 “-…国民に対する食料の安定的な供給については、世界の食料の需給及び貿易が不安定 な要素を有していることにかんがみ、国内の農業生産の増大を図ることを基本とし、

これと輸入及び備蓄とを適切に組み合わせて行われなければならない。-” (traduzione a cura dell’autore “-…Dato che l'equilibrio della domanda e dell'offerta alimentare mondiale e il commercio alimentare comportano fattori instabili, un approvvigionamento stabile di cibo ai cittadini deve essere garantito aumentando la produzione agricola nazionale come base e combinandola adeguatamente con le importazioni e lo stoccaggio-”); Articolo13 “-… 政府は、食料、農業及び農村に関する施策を実施するため必要な法制上、財政上及び金融上の措置を講じなければならない。-” (traduzione a cura dell’autore “-… Il governo deve prendere le misure legislative, fiscali e finanziarie necessarie per attuare le disposizioni per l'alimentazione, l'agricoltura e le zone rurali-”)

[6] S. STERLY et. al., Research for AGRI Committee – A comparative analysis of global agricultural policies: lessons for the future CAP, Brussels, 2018, pp. 43 – 47; Commissione europea, The economic impact of the EU – japan economic partnership agreement (EPA) an analysis prepared by the European commission’s directorate-general for trade, Luxembourg, 2018, pp. 8 – 9.

[7] L’indice OCSE di supporto alla produzione agricola è un sistema elaborato a partire dal 1986 come mezzo per misurare in modo consistente l’ammontare di aiuti che gli Stati membri offrono ai propri comparti agricoli. È definito come il valore monetario annuo dei trasferimenti lordi dai consumatori e contribuenti, derivanti dalle politiche di sostengo al settore agricolo indipendentemente dagli obiettivi , dalla natura o dall’impatto che queste hanno sulla produzione o sul reddito delle aziende agricole. OCSE, Agricultural support estimates (Edition 2020), < https://doi.org/10.1787/466c3b... >.

[8] Ex multis T. HARA, A Shrinking Society Post-Demographic Transition in Japan, Sapporo, 2015, pp. 41 – 52; V. ELIS, Rural depopulation and economics shrinkage in Japan: what can affected Municipalities do about it?, in F. COULMAS R. LUTZELER (a cura di) Imploding populations in Japan and Germany, Leiden, 2011, pp. 443 – 460; O. KAZUMASA, The Impact of Demographic Changes on Macroeconomic and Public Finance, in Y. FUNABASHI (a cura di) Japan’s population implosion the 50 million shock, Tokyo, 2015, pp. 79 – 96; K. HAGA, Innovation in Rural Japan: Entrepreneurs and Residents Meeting the Challenges of Aging and Shrinking Agricultural Communities, Journal of innovation economics & management, vol. 25 fasc. 1, 2018, pp. 87 – 117.

[9] Dati tratti dallo studio OCSE Food and Agricultural Reviews, S. KIMURA M. SHIGEMITSU, Innovation, Agricultural Productivity and Sustainability in Japan, Parigi, 2019, pp. 37 – 38.

[10] MAFF, Export and import situation of agricultural, forestry and fishery products in 2020, p. 12 ss < https://www.maff.go.jp/j/tokei... >.

[11] Dati tratti dal FY2019 Summary of the Annual Report on Food, Agriculture and Rural Areas in Japan 16 – 21.

[12] M. HONMA A. G. MULGAN, Political Economy of Agricultural Reform in Japan under Abe’s Administration, Asian Economic Policy Review, vol. 13, 2018, pp. 128 – 144.

[13] Per un approfondimento si rimanda al sito ufficiale del Japan Food Product Overseas Promotion Center < https://www.jetro.go.jp/en/jfo... >.

A cura di Carlo Alberto Franci

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Asia Orientale

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