Le opinioni delle istituzioni internazionali riguardo i passaporti vaccinali

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  Redazione
  17 marzo 2021
  4 minuti, 54 secondi

L’11 marzo 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito la diffusione del virus Sars-Cov-2 come una pandemia in corso. Ad un anno di distanza, ventuno vaccini contro la malattia da Covid-19 sono stati sviluppati in varie aree del mondo, i quali hanno dato avvio al processo di vaccinazione che al 12 marzo 2021 ha interessato 78.238.148 persone. La sicurezza che deriva dalla protezione garantita dal vaccino sta determinando l’elaborazione di varie misure in grado di regolare la mobilità interna e internazionale degli individui in base al fatto di essere stati vaccinati o meno. Prima tra tutte, la creazione dei cosiddetti “passaporti vaccinali”. Diverse sono le posizioni di Stati e istituzioni internazionali – in primis OMS – così come sono vari e complessi i punti critici che tali passaporti possono comportare.

I più comunemente chiamati “passaporti vaccinali” non sono i semplici certificati che dichiarano l’avvenuta vaccinazione, ma documenti o lasciapassare che mirano a garantire un riconoscimento internazionale e che, similmente ai passaporti tradizionali, accertano l’identità della persona insieme alla sua situazione sanitaria, fornendo la possibilità di varcare un confine, o di svolgere le attività sospese per l’emergenza. Lo scopo principale del passaporto vaccinale consiste quindi nel ripristinare la libertà di movimento, il che implica far ripartire il turismo senza compromettere la salute pubblica.

Nell’area Schengen, Polonia, Danimarca, Estonia, Islanda e Grecia hanno sviluppato o stanno perfezionando certificati con cui è già possibile - o lo sarà nel prossimo futuro - entrare nel Paese con facilità. La Cina ha invece creato un passaporto vaccinale digitale, visualizzabile nell'app di messaggistica WeChat. Sebbene non obbligatorio e attualmente utilizzabile solo dai cittadini cinesi, il portavoce del Ministro degli Esteri ha dichiarato che si tratta di uno strumento che “facilita la ripresa economica mondiale così come i viaggi oltre frontiera”.

La stessa modalità digitale si trova sul tavolo di discussione dell’Unione Europea, la cui proposta di emettere il cosiddetto “Green Pass” sarà presentata il 17 marzo, per poi svilupparla entro l’estate. I vari elementi che sembrano caratterizzarla sono la possibilità di circolare liberamente all’interno dell’UE se si è stati vaccinati e guariti dalla malattia o risultati negativi ad un test; l’avvenuta vaccinazione dovrebbe essere stata fatta con un vaccino approvato dall’EMA, il che escluderebbe i cittadini ungheresi che possono ricevere i vaccini russo e cinese; dovrebbe infine essere uno strumento vincolante la cui durata sarà estesa fino al termine dell’emergenza pandemica.

D’altro canto, è dalla fine di novembre e l’inizio di dicembre che i protagonisti della mobilità internazionale, quali compagnie aeree ed aeroporti, hanno iniziato a fare rete per ottenere il rilascio di documenti simili a passaporti sanitari e favorire la riapertura delle frontiere. L'International Air Transport Association (IATA) ne è stata la capofila, ideando lo IATA Travel Pass: un'applicazione che ha lo scopo di permettere alle persone di viaggiare e di farlo in sicurezza, fornendo un registro dei requisiti sanitari, dei centri in cui effettuare test e vaccini, delle risposte dei test e funzionando infine da "passaporto digitale" per condividere le informazioni sanitarie e gestire i documenti di viaggio. Con le parole dell’Associazione, si tratta di “una soluzione globale e standardizzata per convalidare e autenticare tutte le normative nazionali relative al Covid-19 e ai requisiti di viaggio per i passeggeri”.

Sulla stessa lunghezza d’onda si colloca la posizione dell’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT), l'agenzia delle Nazioni Unite competente per la promozione di un turismo responsabile, sostenibile e universalmente accessibile. L’OMT sta lavorando per integrare la vaccinazione nel suo più ampio discorso sulla ripresa della mobilità, al fine di viaggiare in sicurezza e avviare uno sforzo coordinato per aumentare la fiducia nel settore. Le proposte dell’Organizzazione riguardano l’adozione di un sistema di certificazione digitale standardizzato, nonché protocolli armonizzati riguardo i test anti-Covid.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità rimane invece l’attore più cauto a riguardo, presentando considerazioni scientifiche, etiche, legali e tecnologiche a sostegno della sua posizione contraria all’introduzione di requisiti di prova della vaccinazione per Covid-19 che abbiano lo scopo di consentire i viaggi internazionali. Dal punto di vista scientifico, l’OMS specifica che l’efficacia dei vaccini è incerta per quanto riguarda la limitazione della trasmissione del virus e delle sue varianti, così come incerta è la durata della protezione offerta dalla vaccinazione. Le considerazioni etiche riguardano invece le diseguaglianze esistenti nelle e tra le campagne di vaccinazione dati i costi (e problemi) di approvvigionamento e somministrazione, che faranno sì che non tutti abbiano il vaccino in tempi brevi, specialmente i Paesi con reddito medio-basso. Questo si traduce in un’ulteriore disparità di trattamento e di opportunità tra chi ha ricevuto il vaccino e chi no. Date queste considerazioni, l’OMS non ha infatti proceduto ad introdurre un passaporto vaccinale attraverso la procedura predisposta dal Regolamento Sanitario Internazionale, vincolante per le parti, per cui queste non dovrebbero istituirlo senza ricevere l’approvazione dell’OMS stessa. Infine, è la componente digitale dei passaporti vaccinali a passare sotto la lente dell’OMS: le tecnologie digitali non devono generare né perpetuare disuguaglianze, e queste devono servire correttamente allo scopo preposto nel rispetto della privacy.

Se quindi la ripresa della mobilità internazionale e del turismo è necessaria per guidare la ripresa economica, nonché per favorire il benessere generale, l'istituzione di un passaporto vaccinale universalmente valido non può prescindere dal considerare le implicazioni scientifiche, etiche, legali e tecnologiche che ne conseguono. Il fare i conti con la pandemia ci ha posto sin dall’inizio nelle condizioni di dover operare verso un bilanciamento tra diritti fondamentali e, in questo stadio del percorso, la questione della vaccinazione ci pone di fronte ad ulteriori sfide rispetto alle quali gli Stati e le organizzazioni internazionali rimangono i principali attori con il compito di trovarne le soluzioni.

a cura di Sara Squadrani 

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