L'Europa ad un punto di svolta

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  Redazione
  20 dicembre 2022
  8 minuti, 58 secondi

A cura del Dott. Pierpaolo Piras, membro del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

Il cancelliere federale tedesco , Olaf Scholz, ha definito l’Europa come ad “un punto di svolta”. Una frase breve, ma ricca di significati diversi e destinata a rimanere a lungo nella memoria degli europei. In effetti, non si può dargli torto: il colpo di grazia è stato inferto dalla guerra provocata di aggressione della Federazione Russa contro la repubblica dell’Ucraina. Storicamente è chiaro che si è conclusa un’era - quella seguita dopo il termine della Seconda guerra mondiale - per aprirne traumaticamente un’altra totalmente nuova e non meno tragica.

Nuove potenze sono comparse nel panorama politico mondiale, tra le quali, in primis, va elencata la Cina Popolare col suo successo in campo economico e l’assertività nelle relazioni all’interno della sua società ed in politica internazionale.

Il decorso storico

La semplificazione del quadro politico internazionale emerso dal secondo conflitto mondiale è stata sostituita oggi da un mondo multipolare con numerosi protagonisti che aspirano a competere per ricoprire un ruolo maggiore nell’ambito del potere mondiale oppure più semplicemente di qualche importante teatro regionale.

Da parte sua, la Germania, tramite del governo di Scholz, insieme alla maggioranza degli altri componenti della Unione Europea, sta promuovendo un ordine internazionale basato sul dettato della Carta fondativa delle Nazioni Unite.

Tutti sono consapevoli che i principi come la sicurezza e la prosperità economico-sociale dipendono dal vincolo nel quale è articolato il potere politico e legislativo in sintonia o meno con la bontà e validità delle regole condivise.

Ecco perché i tedeschi, per esempio, dopo la tragica esperienza storica del Nazismo, sono intenzionati a diventare uno dei principali garanti della sicurezza europea - che gli alleati si aspettano che siamo – e un sostenitore di soluzioni multilaterali nei confronti dei problemi globali. Questa è una delle linee dominanti della politica internazionale della UE : quella di navigare con successo nelle inaspettate fratture geopolitiche del nostro tempo, secondo l’esperienza di questi ultimi anni.

La domanda centrale e cruciale che gli europei si pongono è la seguente: come possiamo, come Unione Europea, rimanere attori indipendenti in un mondo che però è divenuto sempre più multipolare?

L’Unione Europea (UE) è nelle condizioni di poter aiutare a difendere l'ordine internazionale basato sulle regole senza soccombere alla visione fatalistica – purtroppo presente in alcuni associati - secondo cui il mondo è condannato a dividersi ancora una volta in blocchi concorrenti, quando non avversari.

L’Unione Europea riveste – come storicamente ha avuto - una responsabilità speciale nel combattere e sconfiggere le forze del fascismo, dell'autoritarismo supponente di ogni colore e dell'imperialismo.

Allo stesso tempo, la nostra esperienza di cittadini europei di essere stati divisi esattamente a metà nel corso di una competizione ideologica e geopolitica, prima con il nazi-fascismo e poi con il comunismo sovietico - la “cortina di ferro” - e quello internazionale, ci dà una particolare comprensione dei rischi che occorrerebbero nel caso di una nuova guerra fredda, ma anche sul diritto/dovere di agire da protagonisti per il conseguimento della prosperità e della pace.

E’ la fine di un’era?

In parte sì: nell'analisi geopolitica nulla va per intero nello stesso senso.

Da circa tre decenni dopo la caduta della cortina di ferro, la maggior parte del mondo ha trascorso un periodo di relativa pace e prosperità. L’avvento di numerosi e rivoluzionari progressi tecnologici ha creato un livello senza precedenti di connettività e cooperazione tra individui e fra gli Stati.

Nel contempo, la curva del commercio internazionale è cresciuta costantemente, le catene globali della finanza e della produzione di beni materiali e gli scambi est-ovest senza precedenti di persone e conoscenze attraverso le frontiere, ha determinato l’uscita di oltre un miliardo di persone dallo stato di povertà, a beneficio soprattutto del continente africano.

Sono state spazzate via numerose dittature e governi monopartitici autocratici. Il desiderio di libertà, dignità e democrazia delle loro popolazioni ha cambiato il corso della storia.

Il muro di Berlino

I tedeschi, in particolare, potevano considerare il successo delle loro speranze. Nel novembre 1989, il muro di Berlino fu abbattuto dai cittadini della Germania dell'Est. Solo 11 mesi dopo, il paese è stato riunificato, grazie a politici lungimiranti e al sostegno di partner sia in Occidente che in Oriente.

Infine, "ciò che appartiene insieme potrebbe crescere insieme", queste furono le celebri parole pronunciate dall'ex cancelliere tedesco, Willy Brandt, poco dopo la caduta del muro.

Il discorso di Willy Brandt si applicava non solo alla Germania, ma anche all'Europa nel suo complesso. Gli ex membri del Patto di Varsavia hanno scelto di diventare alleati nell'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) e membri dell'UE.

"Europa intera e libera", nella formulazione di George H. W. Bush, l'allora presidente degli Stati Uniti, non sembrava più una speranza infondata.

In questa nuova era, sembrava possibile che la Russia sarebbe diventata un partner dell'Occidente piuttosto che l'avversario che era stata in passato l'Unione Sovietica. Di conseguenza, la maggior parte dei paesi europei ha ridotto i propri eserciti e tagliato i bilanci della difesa.

Per la Germania, la logica era semplice: perché mantenere una grande forza di difesa di circa 500.000 soldati quando tutti i nostri vicini sembravano essere amici o partner?

Il mondo non è condannato a separarsi ancora una volta in blocchi concorrenti.

L'attenzione della politica europea di sicurezza e difesa si è rapidamente spostata verso altre minacce urgenti. Le guerre nei Balcani e le conseguenze degli attacchi dell'11/9 nel 2001, comprese le guerre in Afghanistan e Iraq, hanno accresciuto l'importanza della gestione delle crisi regionali e globali, anche a livello strategico.

Tuttavia, la solidarietà all'interno della NATO è rimasta intatta : gli attacchi dell'11/9 hanno portato alla decisione più importante di rendere più immediato ed attivo l'articolo 5 , la clausola di mutua difesa del Trattato del Nord Atlantico, grazie alla quale per due decenni, le forze, militari e non, della NATO hanno combattuto il terrorismo spalla a spalla in Afghanistan.

Il nuovo corso

La comunità europea ha tratto le proprie conclusioni dal nuovo corso della storia. La caduta della cortina di ferro e un'economia globale sempre più integrata hanno aperto nuove opportunità e mercati, in particolare nei paesi dell'ex blocco orientale, ma anche in altri paesi con economie emergenti, in particolare la Cina, Corea del Sud e Vietnam.

La Russia, con le sue vaste risorse di fonti energetiche e altre materie prime, aveva sempre dimostrato di essere un fornitore affidabile durante la guerra fredda, e sembrava ragionevole, almeno all'inizio, poter espandere quella valida e promettente partnership in tempo di pace.

Il crollo dell'Unione Sovietica

La leadership russa, tuttavia, ha vissuto la dissoluzione dell'ex Unione Sovietica e del Patto di Varsavia e ha tratto conclusioni che differivano nettamente da quelle delle altre capitali europee.

Invece di vedere il rovesciamento pacifico del dominio comunista come un'opportunità per ottenere una maggiore condizione di libertà individuale e democrazia sul piano sociale, il presidente russo Vladimir Putin insieme ai numerosi e nostalgici “falchi” del Cremlino lo ha definito "la più grande catastrofe geopolitica del ventesimo secolo".

Le turbolenze economiche e politiche in alcune parti dello spazio post-sovietico nel 1990 hanno solo esacerbato il vivo sentimento di perdita e angoscia che molti cittadini russi fino ad oggi associano alla fine dell'Unione Sovietica.

E’ stato in quell'ambiente che l'autoritarismo e le ambizioni imperialistiche cominciarono a riemergere. Nel 2007, Putin ha esordito pronunciando un discorso aggressivo alla Conferenza internazionale sulla sicurezza di Monaco, deridendo l'ordine internazionale basato sulle regole come un mero strumento del dominio occidentale e americano in particolare.

L’anno seguente, la Russia ha lanciato una guerra contro la Georgia. Nel 2014, la Russia ha occupato e annesso la Crimea e ha inviato le sue forze armate in parti della regione del Donbass in Ucraina orientale, in diretta violazione del diritto internazionale e degli impegni da egli stesso liberamente assunti e firmati nel trattato di Mosca.

Gli anni che seguirono hanno visto il Cremlino minare i trattati sul controllo degli armamenti ed espandere le sue capacità militari, avvelenare e uccidere i dissidenti russi, reprimere la società civile e attuare un brutale intervento militare a sostegno del regime di Assad in Siria.

Passo dopo passo, la Russia di Putin ha scelto un percorso che l'ha portata più lontano dall'Europa e più lontano da un ordine libero, cooperativo e pacifico.

L'IMPERO COLPISCE ANCORA

Durante gli otto anni che hanno seguito l'annessione illegale della Crimea e lo scoppio del conflitto nell'Ucraina orientale, i leader europei e internazionali nel G-7 si sono concentrati sulla salvaguardia della sovranità e dell'indipendenza politica dell'Ucraina, prevenendo un'ulteriore escalation da parte della Russia e preservando la pace in Europa.

L'approccio scelto è stato una combinazione di pressioni politiche ed economiche che hanno unito misure restrittive sulla Russia con il dialogo.

In seguito si sono impegnati negli accordi di Minsk e alla corrispondente richiesta rivolta alla Russia e all'Ucraina di impegnarsi per una soluzione diplomatica con efficacia reciproca. Ma una Russia del tutto revisionista del passato ha reso impossibile il successo della diplomazia.

L’attacco all’ Ucraina

Il brutale attacco della Russia all'Ucraina nel febbraio 2022 ha poi inaugurato una crudele realtà fondamentalmente nuova: quella che l'imperialismo era tornato vivamente in auge nel continente europeo.

La Russia sta usando alcuni dei metodi militari più raccapriccianti del ventesimo secolo e sta causando sofferenze indicibili in Ucraina. Decine di migliaia di soldati e civili ucraini hanno già perso la vita; molti altri sono stati feriti o traumatizzati. Sono state operate immani distruzioni.

Milioni di cittadini ucraini hanno dovuto fuggire dalle loro case, cercando rifugio in Polonia e in altri paesi europei; un milione di loro hanno riparato in Germania.

L’Europa in frantumi

Ma l'impatto della guerra della Russia va oltre l'Ucraina. Quando Putin ha dato l'ordine di attaccare, ha mandato in frantumi un'architettura di rapporti positivi e di pace europea e internazionale che aveva richiesto decenni per essere costruita.

Sotto l’egida di Putin, la Russia ha sfidato anche i principi più basilari del diritto internazionale sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite: la rinuncia all'uso della forza come mezzo di politica internazionale e l'impegno a rispettare l'indipendenza, la sovranità e l'integrità territoriale di tutti i paesi.

Agendo come potenza imperiale, la Russia cerca ora di ridisegnare i confini con la forza e di dividere il mondo, ancora una volta, in blocchi e sfere di influenza.

Oggi, a Bruxelles vive una nuova certezza: serve un'Europa decisamente più forte, politicamente e militarmente.

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