Migrazioni irregolari: tallone d'Achille europeo?

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  Redazione
  04 gennaio 2023
  7 minuti, 26 secondi

A cura del Dott. Pierpaolo Piras, membro del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale Post

La cattiva volontà o se si preferisce l'incapacità dell'Unione Europea (UE) di elaborare una politica univoca per gestire il fenomeno delle migrazioni verso il continente europeo, per certi versi, sta minando l'integrazione tra i Paesi, avvantaggiando soltanto i consensi verso le forze politiche di destra.

Tuttavia, su di una cosa i governi sono tutti d’accordo: la protezione delle frontiere esterne dell'Unione Europea non deve risultare a danno dei diritti e della sopravvivenza dei migranti. Da sacrificare solo per questo fenomeno storico che sta mettendo allo scoperto gli aspetti più fragili e talvolta inconfessabili di tutto ciò che sta intorno all'integrazione europea. Ne verrebbe minata l'integrazione stessa nei suoi presupposti formali e giuridici posti alla sua base.

Il tema delle migrazioni

Il fenomeno migratorio attraversa tutti i livelli e posizioni della società e della politica europee. Il che significa che il tema della migrazione è divenuto altamente critico e sensibile per quasi tutti i componenti.

Le motivazioni principali sono almeno tre :

In primo luogo, è una questione di sicurezza e di ordine interno inteso in senso lato: i migranti si presentano senza documenti e pertanto privi di un’identità, civile e penale, accertabile presso i paesi d’origine.

Ogni governo dell'Unione Europea (UE ) – e attualmente anche del Regno Unito – hanno posizioni ed opinioni diverse, a volte opposte, su come agire.

E’ vero che la differenza sta anche nella percezione della minaccia, ma fra tutti c'è un convinto denominatore comune sulla necessità di incrementare la protezione delle frontiere esterne dell'intera UE.

Questo sarà un presupposto destinato ad essere considerato sempre più cruciale per il mantenimento di una politica affidabile e credibile di sicurezza comune dell'UE.

In secondo luogo, il fenomeno migratorio è caratterizzato da numerosi risvolti di natura culturale non di poco conto che si riflettono trasversalmente e puntualmente nella quotidianità delle società europee.

Si tratta di un fenomeno legato culturalmente anche all’eredità coloniale europea, componente che condiziona pesantemente anche l'approccio intellettuale dell’ Occidente.

Sono riscontrabili sensibili discrepanze allorché si analizzano le esperienze storiche degli Stati membri ad ogni contatto col fenomeno migratorio. Valga l’esempio dei paesi orientali dell'UE nei quali le migrazioni selvagge rappresentano un fenomeno percepito ad un livello quasi marginale.

C'è quindi una differenza sulla percezione di tale genere di migrazioni da parte delle popolazioni locali dalla quale deriva la significativa differenza nell’accoglienza offerta, ad esempio, ai rifugiati dalla guerra in Ucraina rispetto a quelli provenienti da qualunque paese africano.

Queste caratteri distintivi stanno spesso alla base di tensioni e scontri altrettanto acuti a livello sia locale che regionale. E persino di quartiere.

In terzo luogo, questo quadro così complesso rende quasi impossibile l’elaborazione di conclusioni efficaci, anche parziali, per i decisori politici. Esse devono essere condivise e bene accette da tutti gli altri governi dei paesi situati geograficamente nei fianchi meridionali e orientali dell'Unione Europea.

Questi ultimi sperimentano concretamente il problema in modo molto diverso. Il risultato generale è che ogni compromesso perseguito – il motore più tradizionale e strategico dell'integrazione europea – finora è stato difficile e talvolta impraticabile de facto.

E’ un problema risolvibile?

Qualora non fosse risolto, anche se con una formula di compromesso, il fatto migratorio potrebbe divenire l’elemento più critico che l'Europa, però, dovrà obbligatoriamente affrontare.

Sarà necessario sanare virtuosamente il forte contrasto oggi esistente tra i numerosi settori dell’economia continentale legata alla forza lavoro offerta dalla migrazione stessa, che preme per poter assumere milioni di nuovi lavoratori migranti ogni anno, piuttosto che la politica migratoria europea che invece va verso una maggiore fiscalità nei controlli fino a giungere alla chiusura delle frontiere, com’è accaduto in alcuni casi.

Inoltre, mentre una politica comunitaria in materia di migrazione e di asilo è parte intrinseca allo spazio europeo di libera circolazione di merci e persone (il cosiddetto spazio Schengen), gli Stati membri stanno continuando la propria condotta anti-migratoria senza, ancor peggio, raggiungere un accordo sulla condivisione e/o distribuzione delle responsabilità collegate al fenomeno.

Oggi

Attualmente, Bruxelles cincischia e, pro bono pacis, cerca di accontentare tutti ma le nuove proposte definiscono ipocritamente un sistema di solidarietà solo à la carte che sta creando solo burocrazia supplementare, nuovi disaccordi e costi economici sempre più elevati per approdare, come si vede nell’attualità, ad un sistema già oggi più inefficiente di quello passato.

Lo stato di diritto

E’ uno degli aspetti più critici che l’UE dovrà sciogliere su come conciliare l'irrigidimento dei controlli alle frontiere con il pieno rispetto dello Stato di diritto e dei diritti umani, com’è doveroso ed ovvio che sia nei paesi democratici.

Non c’è alternativa: in un mondo diseguale e sempre più globalizzato, l'Europa dovrà compiere una scelta chiara e possibilmente univoca se affrontare le cause delle migrazioni oppure adottare maggiori respingimenti, sacrificando una parte della propria ideologia liberale.

Esiste una politica migratoria europea comune?

No, più che altro sembra esserci un’alternanza di paradossi e contraddizioni.

Un chiaro esempio è rappresentato dall’approccio aperto e accogliente nei confronti dei milioni di sfollati provenienti dall'Ucraina in guerra. Laddove nel contempo è stata applicata una politica repressiva delle migrazioni provenienti sia dal continente africano che dal Medio Oriente.

Fino a quando l'Unione Europea nel suo complesso non avrà sviluppato una politica migratoria – in contrapposizione a quella attuale di stop all'immigrazione – tale problema continuerà ad essere il delicatissimo tallone d'Achille dell'Unione Europea.

I problemi geopolitici dell’Europa

Oggi, mentre l'UE cerca di consolidare alleanze internazionali più salde con gli stati africani, asiatici e mediorientali, la cosiddetta “fortezza Europa”, con la sua grossolana e contraddittoria differenziazione tra rifugiati ucraini, i "buoni", che sono accolti come benvenuti in Europa e quelli “razzializzati” come quelli “cattivi", che alla fin fine non lo sono, è diventata un importante ostacolo alle sempre più prementi ambizioni dell'UE di diventare una credibile potenza geopolitica internazionale.

Realtà e finzione si confrontano e si scontrano nell'atteggiamento dell'UE nei confronti del fenomeno migratorio irregolare.

L'Unione Europea ha indubbiamente bisogno di lavoratori stranieri – specie se qualificati in campo tecnico, tecnologico e quelli a basso mansionario – per colmare le lacune del mercato del lavoro, ma per ragioni meramente politiche ha paura - oppure è soltanto ipocrisia - di affermarlo apertis verbis.

Luce sulla verità

Contrariamente alla narrazione prevalente, non tutti i migranti desiderano trasferirsi in Europa. La maggior parte dei rifugiati, immiseriti e devastati dalle guerre, spesso quelle in cui l'UE si trova direttamente o indirettamente coinvolta, trova invece rifugio negli stati più prossimi ai loro paesi d’origine. Lo dimostra l’Alto Commissariato dell’ONU sui rifugiati.

Coloro che intraprendono l'insidioso viaggio verso le coste dell'UE sono in buona percentuale dei lavoratori qualificati.

I maggiori pericoli

Tra le tante vulnerabilità della UE, la migrazione indiscriminata è probabilmente tra quelle più pericolose.

Essa combina la tossicità politica del problema con gli interessi nettamente asimmetrici e talvolta eterogenei tra gli Stati membri dell'UE.

Per mitigare il suo declino demografico e per esercitare quei lavori che la maggior parte degli europei non vuole più fare, l'Unione ha bisogno di un'immigrazione anche di basso livello qualitativo per l’esercizio di lavori poco qualificati, gli stessi che molti europei “bianchi” non vogliono più esercitare . Ma non desiderano neanche vedere persone di colore e portatrici di usi e costumi sconosciuti nel loro quartiere, o comunque sia, nei pressi della propria abitazione.

I partiti populisti europei hanno fatto della xenofobia il loro principale modello di propaganda politica e stanno guidando il mainstream governativo verso politiche sempre più restrittive.

E Schengen?

L'esenzione dal passaporto nello spazio Schengen, forse la più grande conquista dell'UE, si scontra sempre più con la necessità politica - espressa da Leggi e regolamenti - per i governi di ogni paese di controllare con maggiore assiduità chi e perché si trova sul proprio territorio. Il che si tradurrebbe in una moltiplicazione e irrigidimento dei controlli nel territorio e alle frontiere.

La stessa rinascita di una mentalità "nation-first" sta impedendo un'equa ripartizione degli oneri tra i paesi del sud in cui i richiedenti asilo approdano primariamente per vicinanza geografica e gli altri Stati membri dell'UE.

È sempre difficile risolvere un problema quando alcune parti interessate sono in realtà attratte dalla possibilità di sfruttarlo per trarne innanzitutto vantaggi politici interni, specie in prossimità di elezioni.

L'UE ha affrontato e sconfitto sostanzialmente altre sfide importanti, come la crisi finanziaria e l’epidemia da coronavirus, che alla fine hanno spinto i governi a riunirsi alla ricerca di efficaci soluzioni comuni.

Affrontare la migrazione li ha finora per lo più allontanati tra di loro.

Sfortunatamente, l'attuale ondata di arrivi illegali rischia di rafforzare ulteriormente questa dinamica centrifuga negativa.

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