Sono ormai anni che ci si interroga sulla “potenza” del cinema italiano, su quanto gli incassi siano bassi, di quanto le sale cinematografiche siano in crisi e di quanto il cinema italiano “si sia piegato a necessità produttive che ne hanno abbassato il livello”.
Ma la situazione è davvero questa? Siamo davvero di fronte ad un abbassamento della qualità contenutistica?
Focalizzando la situazione solo attraverso sterili numeri sicuramente non è il periodo più roseo della breve esistenza della settima arte italiana ma non è nemmeno così pessimo. Sentore che ci permette di affermare ciò sono sempre i riconoscimenti internazionali, quando il mondo si accorge che il paese dell’Arte per eccellenza è ancora in grado di essere incisivo.
I capolavori “C’è ancora domani” e “Io capitano” sono la prova più recente.
"C'è ancora domani", diretto da Paola Cortellesi, segna il debutto della talentuosa attrice nel ruolo di regista. Ambientato nell'Italia del dopoguerra, il film offre uno sguardo intenso e riflessivo sulla condizione delle donne in un contesto storico segnato dalla lotta per i diritti e la libertà individuale. La trama si concentra su Delia, interpretata dalla regista stessa che racconta di una donna intrappolata in un matrimonio oppressivo, sottolineando la situazione vissuta da molte donne dell'epoca, costrette in ruoli tradizionali e spesso negate nelle loro aspirazioni personali.
Il cuore della storia è il desiderio di Delia di vivere una vita autentica e vera. La sua fuga d'amore è mascherata da una dichiarazione politica, evidenziando la complessità delle relazioni umane e la difficoltà di navigare tra i confini della società dell'epoca, rivelando un profondo senso di desiderio e di lotta contro le convenzioni sociali che limitano la libertà delle donne.
Il tema è quindi quello della discriminazione di genere ed è affrontato con attenzione e profondità, permettendo al film di distinguersi per il modo in cui incarna le sfumature e le contraddizioni delle relazioni umane. La ricerca di libertà e di un proprio spazio nella società emerge come il nucleo della storia, e il film invita il pubblico a riflettere sulla persistenza di queste sfide anche nell'attuale contesto sociale.
Dopo molti film di successo come Gomorra, Dogman e Pinocchio, il regista romano Matteo Garrone decide di sottrarre la narrazione dei migranti dal resoconto televisivo e di esplorare il lato umano di queste storie, concentrandosi sulle ragioni del viaggio e su come questo viaggio influisca su ognuno di loro; nasce quindi "Io capitano”.
Il film segue, da vicino, due giovani, Seydou e Moussa, che partono dal Senegal alla ricerca di una vita migliore nel nostro continente, l’Europa, navigando attraverso le difficoltà del viaggio e i pericoli che incontrano lungo il percorso. Proprio per questi motivi il regista decide di adottare un approccio introspettivo, sfidando la cronaca televisiva e cercando di evitare semplificazioni politiche.
Il contesto africano descritto, specialmente il Senegal, viene dipinto come un luogo povero ma felice, contrastando con l'immagine spesso associata all'Africa di guerre, carestie e conflitti sociali. Garrone si concentra sulle aspirazioni e i sogni dei due protagonisti, sottolineando la loro normalità e la loro identificazione con modelli culturali simili, nonostante vivano nella povertà fuori dall'Europa.
Naturali sono i paragoni con opere recenti che affrontano il tema dei migranti tra cui "Tolo Tolo", "Flee" ed "Europa". La critica nota che il film di Garrone segue uno schema classico del romanzo di formazione, raccontando la storia di due giovani che partono con ingenuità e finiscono con l'amarezza. Nonostante la progettualità corretta e l'obiettivo di andare oltre la retorica populista, alcune critiche evidenziano la mancanza di vera urgenza e spontaneità nel film.
Ciò però non toglie la forza dei messaggi che valgono a questo film, una candidatura agli oscar 2024 e due nomination agli European Film Award. Mi sembrano davvero ottimi motivi per chiudersi nelle sale e vedere un po’ di arte.
Buona visione!
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L'Autore
Jacopo Cantoni
Laureato in Cinema presso l'Alma mater Studiorum di Bologna, mi cimento nella scrittura di articoli inerenti a questo bellissimo campo, la Settima Arte. Attualmente frequento il corso Methods and Topics in Arts Management offerto dall'università Cattolica del Sacro Cuore.
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