Quale strategia vaccinica si profila per il futuro?

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  Redazione
  09 maggio 2023
  5 minuti, 22 secondi

A cura del Dott. Pierpaolo Piras, Specialista in Otorinolaringoiatria e membro del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

Potrebbe esserci un richiamo annuale come per il vaccino antinfluenzale? Pur tenendo conto che circa il 70% della popolazione europea e nord-americana ha praticato una terza vaccinazione COVID o quanto meno un richiamo, in altri casi rappresentati dalle persone anziane ultrasettantenni o a più alto rischio predisponente per il COVID, hanno ricevuto un ulteriore quarta o addirittura una quinta dose.

Ma per quanto tempo e quanto spesso potremo praticare i richiami per COVID?

Questa è una delle domande più critiche e diffuse tra la popolazione.

Un richiamo annuale potrebbe essere una misura profilattica per andare avanti con sufficiente serenità?

I vaccini COVID hanno svolto un ruolo storico e cruciale nella protezione di milioni di persone da complicanze gravi, ospedalizzazione e decesso per SARS-CoV-2, il virus che causa il COVID-19. Tuttavia, l'immunità vaccinale, in particolare contro le infezioni, inizia a diminuire dopo alcuni mesi.

Fortunatamente, le dosi vaccinali di richiamo incrementano la nostra immunità contro il SARS-CoV-2 e gli effetti sono più duraturi nel tempo.

Entro quattro mesi dopo una terza dose di un vaccino mRNA, la protezione contro l'omicron inizia a diminuire pur mantenendo una certa capacità reattiva.

Chi dovrebbe praticare un richiamo e quando?

Per la protezione delle persone più vulnerabili dovremmo semplicemente effettuare i richiami circa ogni quattro mesi per contrastare il graduale declino dell'immunità? Oppure considerare che un intervallo più lungo tra le dosi potrebbe essere altrettanto efficace?

Al momento attuale, il CDC (Centers of Desease Control and Prevention) statunitense, sulla base di ampie evidenze cliniche ed indagini epidemiologiche, ha recentemente suggerito che in futuro sarà necessario praticare un richiamo annuale.

Questo calendario vaccinale potrebbe risultare un agevole compromesso pratico per garantire che il maggior numero possibile di persone sia protetto da gravi complicanze prima dell'inverno. Ovvero la stagione nella quale, oltre alla Influenza, imperversa anche il virus respiratorio sinciziale.

Alla luce della minore incidenza di complicanze gravi da Covid-19 nei giovani, si può sostenere il richiamo annuale anche nell’età giovanile?

Un importante “modello” di studio effettuato presso la Università di Basilea (Svizzera) ha risposto positivamente ma solo se i gruppi di persone più vulnerabili non sono in grado epidemiologicamente di sostenere l'impatto del COVID sui sistemi sanitari laddove il virus è divenuto oramai endemico.

In parte, ciò è dovuto al fatto che la vaccinazione COVID non protegge solo la persona vaccinata, ma protegge indirettamente anche gli altri (immunità di gregge) riducendo la diffusione della malattia. Inoltre, non bisogna dimenticare che, per citare solo l’Italia, sono circa sette milioni i cittadini (no-vax) che non hanno mai praticato alcuna vaccinazione, costituendo pertanto una continua fonte di insicurezza e di conseguenza aumento della morbilità generale.

Quali vaccini dovremo usare?

Fino a poco tempo fa la maggior parte dei vaccini anti-Covid approvati dalla FDA (Food and Drug Administration) sono stati allestiti sulla base della proteina di membrana “spike” disposta sulla superficie del ceppo virale originale di SARS-CoV-2.

Nel tempo sono apparse alcune varianti con mutazioni relative a tali particolari proteine virali, potendo così eludere l'immunità acquisita dalle precedenti infezioni e/o vaccinazioni.

Per contrastare questo peggioramento della morbosità, sono stati aggiornati i vaccini anti Covid includendo la proteina spike della variante omicron (vaccini bivalenti). Gli stessi che attualmente sono somministrati in Europa.

Tali vaccini "bivalenti" sono progettati per offrire un livello di protezione più ampio e profondo contro le varianti COVID rispetto a quello fornito dai vaccini originali.

Che cosa accadrà in futuro?

Il tema cruciale rimarrà quello di affrontare la problematica clinica ed epidemiologica legata alla comparsa delle varianti future le quali potrebbero essere portatrici di mutazioni che consentirebbero al virus di evitare le difese immunitarie anche nei confronti di questi vaccini aggiornati. E sarà ancora più difficile prevedere quale variante dovrà essere primariamente affrontata.

Attualmente, gli scienziati stanno esaminando diversi formati vaccinali, oggi ancora a livello sperimentale, di vaccino per COVID capaci di essere efficaci contro una gamma più ampia di varianti virali: solo in tal modo si eviterebbe la necessità di effettuare aggiornamenti sulla sintesi dei vaccini.

Ad esempio, uno di questi è composto da nanoparticelle contenenti frammenti di proteine spike di SARS-CoV-2 e di altri sette virus strettamente correlati.

I vaccini che sensibilizzano le nostre cellule linfocitarie di tipo T a riconoscere i componenti somatici del virus SARS-CoV-2 diversi dalla proteina spike potrebbero anche offrire una protezione più ampia contro le varianti future.

Nel frattempo, poiché SARS-CoV-2 infetta le vie respiratorie, la somministrazione del vaccino, tramite una goccia o uno spray nel cavo orale oppure nelle cavità nasali, potrebbe stimolare il sistema immunitario della mucosa respiratoria a intercettare ed eliminare il virus nel suo punto di ingresso nell’organismo.

Molti vaccini per via locale sono in fase di completo sviluppo e due sono approvati per l'uso interno in Cina e India.

Gli studi su cavie presenti in letteratura scientifica dimostrano che questo approccio ha il potenziale per bloccare l'infezione, raggiungendo quella che viene chiamata “immunità sterilizzante”.

Tuttavia, questi studi sono ancora nella fase “preprint”, ovvero che devono ancora essere sottoposti a revisione paritaria da parte delle maggiori società scientifiche.

Il richiamo sarà annuale?

I vaccini COVID rimangono il modo più efficace e sicuro per proteggersi da gravi malattie e morte per il virus SARS-CoV-2.

I rapporti sui social media hanno suggerito che la vaccinazione ripetuta danneggia il sistema immunitario. Non si è tardato a lungo per dimostrare scientificamente che questa dichiarazione è falsa: i vaccini antinfluenzali annuali sono stati offerti e praticati per decenni senza alcuna prova – da parte della comunità dei no-vax - che ciò influisca negativamente sull'efficacia dell’immunità biologica.

Per alcune delle categorie sociali a più alto rischio, può essere necessario un richiamo più frequente. Ma un vaccino annuale COVID per la maggior parte delle persone sembra il modo più pratico e aderente alle necessità reali.

Una volta che tale vaccino sarà pronto per l’utilizzo clinico e programmato con l'avvicinarsi dell'inverno, questo aiuterà a immunizzare le persone più vulnerabili dalle complicanze più gravi e decesso per distress respiratorio, riducendo così la forte pressione che questa malattia ha finora esercitato su tutti i sistemi sanitari del mondo.

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