Realtà Virtuale: una possibilità innovativa per la cura dei soggetti affetti da decadimento cognitivo?

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  Redazione
  01 febbraio 2019
  3 minuti, 21 secondi

Nei paesi avanzati di tutto il mondo il numero dei pazienti affetti dal Morbo di Alzheimer (abbreviato in AD dall’inglese “Alzheimer disease”), decadimento cognitivo lieve (MCI) e malattie correlate è gradualmente aumentato con l'invecchiamento della società. Di conseguenza, è diventato importantissimo argomento di ricerca come poter diagnosticare la patologia precocemente e fornire il trattamento e l'addestramento necessari ai pazienti colpiti. E’ particolarmente importante per coloro le cui funzioni esecutive, quali inibizione della risposta, flessibilità cognitiva, cambiamento nell’attenzione e nella pianificazione, possono mostrare evidenti disordini e menomazioni.

Come tutti sappiamo, infatti, il Morbo di Alzheimer è una delle più gravi affezioni che possano colpire l’uomo con il progredire dell’età. Al punto che il morbo è considerato un vero e proprio problema sociale per tutte le problematiche legate alla cura dei pazienti affetti da questa patologia. Le principali difficoltà derivano dai sintomi più evidenti del Morbo, ovvero i gravi problemi legati alla memoria, al comportamento e al normale agire quotidiano. La malattia purtroppo, per queste caratteristiche, ha effetti negativi anche sulle persone vicine e non è sicuramente semplice convivere con persone affette da questo malessere.

La realtà virtuale (VR), che negli ultimi anni ha spaziato in moltissime materie, tra cui il campo medico-scientifico, ha dimostrato di essere in grado di riattivare e/o migliorare molteplici funzioni corticali e aiuta a ottimizzare l'efficienza di codifica della corteccia sensoriale. Pertanto, molti ricercatori hanno iniziato ad applicare la tecnologia VR per la valutazione e la riabilitazione (EAR) di pazienti con diverse fasi di deterioramento cognitivo, tra cui: memoria spaziale, memoria episodica, attività della vita quotidiana, linguaggio, funzioni esecutive, memoria a breve termine e di lavoro, attenzione, movimento ed equilibrio e attività all'aperto. Si tratta di un campo di studio innovativo, in cui l’Italia sta ricoprendo un ruolo fondamentale. Il 29 settembre 2018, infatti, in occasione del mese mondiale per l’Alzheimer e grazie alla Fondazione il Melo Onlus – Luigi Figini, si è tenuta a Gallarate (VA) la prima Convention italiana su “Realtà virtuale in soggetti con impairment cognitivo”. L’ambizioso progetto nasce dall’impegno dell’oncologo e professore italo-americano, Antonio Giordano, presidente della Sbarro Health Research Organization di Philadelphia in collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), e appunto la Fondazione Il Melo, presieduta dal Dott. Marco Pedrazzi, da anni impegnata con soggetti affetti da queste patologie.

La VR viene applicata in ambienti completamente sicuri per il soggetto, il quale, guidato da un operatore virtuale e completamente monitorato nei suoi esercizi, anche da un punto di vista biofisiologico, può allenarsi nel compimento delle attività usuali della quotidianità. Nei casi con forme di demenza più lievi, gli ambienti virtuali possono conseguire il potenziamento fisico e delle capacità visuo-spaziali (tramite ad esempio la ricerca di oggetti sugli scaffali di un supermercato o del frigorifero), rimanendo in un ambiente sicuro e controllato. Alcuni test di memoria di posizione dell’oggetto, eseguiti su un terreno virtuale, sono inoltre in grado di rilevare in adulti sani, prima che compaiano i sintomi, il morbo di Alzheimer.

Concludendo, per gli individui affetti dalla malattia, la dimensione del presente è enfatizzata da un passato dai ricordi sempre più lontani e confusi e da un futuro privo di ogni proiezione progettuale.

La persona affetta da Alzheimer è così in perenne conflitto tra desiderio di attività e frustranti rinunce, volontà di autonomia e sofferente dipendenza, così che la prima e più dolorosa “perdita” del malato, prima ancora dell’archivio della memoria, è proprio l’impossibilità di vivere l’unica
dimensione vitale realmente rimasta: il presente. E’ così in questa direzione che è rivolta la ricerca, il cui obiettivo finale è quello di consentire ai malati di Alzheimer, e coloro che in generale sono affetti da decadimento cognitivo, di non perdere le normali capacità legate al vivere quotidiano
grazie alle applicazioni legate alla Realtà Virtuale.

A cura di Stefano Cavallari

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