Robot e uomini, una coesistenza pacifica?

I giapponesi studiano l'alchimia perfetta

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  Redazione
  03 gennaio 2020
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Quante volte abbiamo visto i robot nei film di fantascienza? Quante volte ci siamo chiesti se potessero esistere davvero e sostituirci? Dal primo film di fantascienza della storia moderna, Metropolis di Fritz Lang del 1927, dove compare un primo robot femminile, sono passati solo 93 anni che però sembrano un’eternità. L’era nella quale viviamo è totalmente diversa dalle precedenti. Infatti, senza usare alcuna macchina del tempo, la tecnologia è migliorata sensibilmente in tempi molto rapidi. In particolar modo, l’uomo oggi è in grado di progettare un robot intelligente. Lo sviluppo rapido e attuale della robotica è avvenuto grazie anche all’importante ruolo che essa ha avuto nel genere letterario fantascientifico. Il termine "robotica" deriva dal termine robot, che è stato coniato per la prima volta dai fratelli cechi Čapek. Josef Capek ne parla nel suo racconto, Opilec (l’ubriacone), dove fa riferimento al termine automat (automa), mentre suo fratello Karel ne fa uso nel suo dramma teatrale, I Robot universali di Rossum, dove il termine robota indica lavoro forzato. Tali testi anticipano però il padre della robotica moderna: il sovietico Isaac Asimov. Asimov, oltre ad essere il padre dei romanzi fantascientifici, ha dato un notevole contributo allo sviluppo della robotica moderna, enunciando tre famose leggi sulle quali si fondano le ricerche degli scienziati attuali. Esse prevedono che un robot non possa recar danno a un essere umano né possa permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva un danno. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti da un essere umano, purché tali ordini non contravvengano alla prima legge. Un robot deve proteggere la propria esistenza purché essa non contrasti con la prima e la seconda legge. I robot descritti da Asimov nel suo libro sono positronici; robot di forma umanoide che ubbidiscono agli ordini del padrone. Il sogno di Asimov, infatti, era quello di creare il miglior funzionario pubblico possibile, in modo da evitare la tirannide. Tali robot, in base alle descrizioni di Asimov, erano quindi perfetti perché non potevano cogliere le emozioni e le diverse sfumature di linguaggio, limitandosi a svolgere i compiti a loro assegnati. Le teorie e le previsioni enunciate da Asimov negli anni Cinquanta, all'epoca sembravano all’epoca utopie; oggi, invece, sono diventate realtà. In Giappone, alcuni ricercatori universitari stanno mettendo a punto diversi robot umanoidi, sotto la supervisione di due importanti professori quali Hiroishi Iguro e Kohei Ogawa. Quest’ultimo ha tenuto diverse conferenze in giro per il mondo e, nell’incontro svoltosi a Milano a novembre, ha raccontato lo stato dell’arte nel paese nipponico. Lo studioso ha sottolineato come esistono tre diversi sistemi umanoidi in base al differente grado di autonomia. Geminoid è il primo modello copia dell’essere umano ed è totalmente dipendente da esso. Infatti, si tratta di un umanoide teleguidato in grado di sostenere una conversazione e persino di recitare. Accanto alla copia dell’essere umano Geminoid, esistono abbiamo altri due tipi di robot amorfi della stessa tipologia. Il primo si chiama Telenoid ed è un androide di 50 centimetri che consente a due persone lontane tra loro di parlare come se fossero una accanto all’altra. Lui può muovere gli arti, riproducendo i movimenti e la voce di chi lo comanda da remoto. Questo modello viene impiegato principalmente per aiutare i bambini autistici e gli anziani affetti da demenza nel dialogare. Il secondo, invece si chiama Hugvie, si tratta di un cuscino robot che vibra riproducendo i battiti cardiaci della persona con cui si sta parlando al telefono. A differenza degli altri due, Hugvie è già in vendita per una cifra pari a 186 dollari. Parzialmente autonomo è Minami, manichino intelligente, creato all’interno di una vetrina al sicuro dalle conversazioni con gli uomini. Lei può rispondere alle persone con una reazione emotiva simile a quella umana, usando i dati captati dai sensori. Invece totalmente autonomo è Erika, robot anchorwoman, ideale per la conduzione dei Tg. Erika raffigura una bellissima ventenne che non muove però gambe e braccia, affidandosi alla voce per le sue abilità oratorie. Per poter essere attiva, ella necessita di spazi tranquilli e luoghi isolati; robot di questo tipo sono stati creati in Tibet con la funzione di aiutare i monaci a pregare o recitare i salmi, oppure sono comparsi in Giappone come direttori d’orchestra. Tutti questi prototipi fonte di studio sono la base per una ricerca scientifica più complicata. Essa è incentrata su un cervello artificiale che permetta ai robot di esprimere emozioni come gli esseri umani. Secondo Kohei Ogawa, non dovremmo avere paura dei robot e dovremmo imparare a conviverci civilmente, rispettandone le qualità. La prospettiva espressa da Kohei non sembra alquanto semplice. Se infatti la robotica avanzasse di questo passo, arrivando a costituire un cervello artificiale, i Robot potrebbero presto essere totalmente autonomi, arrivando così a mettere in discussione i due assiomi assoluti costituiti dalle prime due leggi di Asimov. Questo sembra essere lo scenario previsto da una serie russa “Meglio di Noi”, che si interroga proprio sul rapporto che l’uomo debba mantenere con i robot, a fronte della loro possibilità di uccidere/ignorare quest’ultimo.

A cura di Domenico Barbato

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