Ho incontrato il termine ‘cobalto’ per la prima volta alle scuole medie, e più precisamente accanto al sostantivo ‘blu’ su uno dei tubetti di tempera che usavamo per le lezioni di arte, insieme ad altri sintagmi dal gusto esoterico quali ‘rosso carminio’ o ‘verde veronese’.
Già nel secondo millennio a.C., le società egizia e babilonese adoperavano questo elemento per ottenere un pigmento dalla caratteristica gradazione fredda e desaturata di blu per ceramiche, vetri e smalti. Oggi, invece che al colore, il discorso intorno al cobalto si focalizza sul suo utilizzo nelle batterie di dispositivi elettronici e di veicoli elettrici.
Il cobalto si è quindi ritagliato un posto d’onore nell’ambito della transizione energetica, fomentando allo stesso tempo un dibattito sulla geopolitica e sul rispetto dei diritti umani riguardo alla sua estrazione e lavorazione.
- Transizione verde
Di fronte alle minacce impellenti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, la transizione verde si è imposta come tema centrale in seno all’Unione Europea.
La risposta di Bruxelles ha preso forma nel cosiddetto Green Deal europeo, una strategia ad ampio respiro approvata nel 2020 e volta a trasformare l’UE in “un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva”. Tutto ciò nel perseguimento di tre obiettivi: azzerare le emissioni nette di gas serra entro il 2050, emancipare la crescita economica europea dallo sfruttamento delle risorse, e non lasciar indietro nessun individuo o luogo.
In questa cornice, i trasporti rientrano tra i principali protagonisti. Stando alle stime del 2020 della Commissione Europea, il settore della mobilità contribuirebbe al 5% del PIL europeo impiegando direttamente circa dieci milioni di lavoratori. Allo stesso tempo, i trasporti sarebbero responsabili di un quarto di tutte le emissioni di gas serra dell’UE.
A marzo 2023, nonostante qualche alzata di sopracciglio, gli Stati Membri hanno approvato la proposta della Commissione di far sì che tutte le auto e furgoni nuovi registrati nell’Unione a partire dal 2035 siano a zero emissioni. Tra i Paesi meno entusiasti per la legge figuravano la Polonia, che ha votato contro, e l’Italia, astenutasi insieme a Bulgaria e Romania. La Germania, dal canto proprio, è riuscita ad includere nella manovra anche i veicoli a e-fuels, dove per questi ultimi s’intendono quei carburanti ottenuti a partire da emissioni catturate di CO2 e da idrogeno proveniente da fonti rinnovabili attraverso una reazione di sintesi chimica in processi molto energivori.
Secondo uno studio dell’università La Sapienza di Roma, tuttavia, mantenendo l’attuale domanda di carburante nell’UE, “l’approccio costituito dagli e-fuels appare irrealistico”. La soluzione a zero emissioni più efficiente e conveniente per i guidatori europei, conclude Transport & Environment, coincide attualmente con i veicoli elettrici a batteria, che lo scorso anno rappresentavano il 16% delle vendite europee, una quota ancor più impressionante se paragonata al 2% del 2019. Ed è qui che entra in scena il cobalto.
- Oro blu
Quest’ultimo è un metallo di transizione ottenuto come sottoprodotto dell’estrazione di rame o nichel. Il bacino più importante per le riserve terrestri di cobalto si troverebbe nella Copperbelt centroafricana, una regione estesa dal sud della Repubblica Democratica del Congo (DRC) allo Zambia e caratterizzata da depositi eccezionalmente ricchi di rame.
Secondo le stime della U.S. Geological Survey, le province congolesi di Lualaba e Haut Katanga rappresentano la prima fonte mondiale di cobalto per distacco con 170'000 tonnellate estratte nel solo 2023, corrispondenti al 74% della produzione mineraria globale. Tuttavia, sottolinea il report statunitense, il primo produttore di cobalto raffinato sarebbe la Cina, che pure importa la maggior parte del metallo proprio dalla DRC. Il Dragone sarebbe inoltre il Paese che consuma più cobalto, soprattutto per sostenere l’industria di batterie agli ioni di litio (LIB).
L’utilizzo attuale di cobalto per ottenere pigmenti è infatti surclassato da quello che se ne fa nel settore delle batterie, grazie a cui il metallo si è guadagnato il soprannome di ‘oro blu’, in virtù della propria scarsità e valore strategico. Secondo il Cobalt Institute, nel 2022 le batterie ricaricabili coprivano fino al 70% dell’uso mondiale di cobalto tra il settore dei veicoli elettrici (40%) e quello dei dispositivi portatili (30%).
Essenzialmente, il cobalto viene impiegato nel catodo delle LIB, ovvero l’elettrodo positivo che cede e riceve ioni di litio rispettivamente in fase di carica e scarica della batteria. Sebbene sia stato in parte sostituito da altri metalli di transizione come nichel e manganese, una completa rimozione dell’oro blu comporterebbe la rinuncia all’eccezionale livello di prestazioni e stabilità che l’elemento conferisce alle batterie ricaricabili. In tal senso, il cobalto giocherebbe un ruolo chiave e difficilmente sostituibile nella sempre più urgente transizione energetica.
“La penetrazione in rapida crescita del mercato da parte delle LIB per applicazioni di mobilità elettrica, per esempio auto completamente elettriche, condurrà ad un aumento della domanda di materie prime, specialmente riguardo al litio e al cobalto”, sottolinea il Prof. Stefano Passerini, Direttore dell’Helmholtz Institute Ulm (HIU). La disponibilità futura dell’oro blu diverrebbe così altamente critica, come riconosciuto dal governo di Washington già nel 2018, soprattutto in luce della sua scarsità a livello globale e della sua concentrazione geografica nella politicamente instabile DRC.
Sebbene siano in atto degli sforzi per ridurre la dipendenza da litio e cobalto – dalle batterie a base di ferro a quelle a stato solido –, le alternative sono ancora in fase di sviluppo e non sembrano poter detronizzare le LIB in breve tempo. In ogni caso, le previsioni fino al 2050 dell’HIU parlano chiaro: tanto con i catodi attuali quanto con altri fittizi con un ridotto mix di nichel e cobalto, la domanda complessiva dell’oro blu eccederebbe le riserve identificate finora, e metterebbe dunque sotto grave pressione la filiera delle batterie.
- Rosso sangue
Quanto a quest’ultima, il dominio di Pechino a valle rimane incontrastato, visto il ruolo preminente e in continua espansione delle attività estrattive di rame e cobalto cinesi nel sud congolese. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, il Dragone coprirebbe quasi l’85% della capacità mondiale di fabbricazione delle celle delle batterie al litio, oscurando il 6% e 7% di USA ed Europa.
La DRC rischia così di venir ritratta come un terreno di contesa tra la Cina e l’Occidente per il controllo di una risorsa rara e preziosa come l’oro blu. Un’ottica da Guerra Fredda, tuttavia, oscura l’esperienza di chi, su quel terreno, ci vive.
“Non esiste una cosa chiamata filiera del cobalto pulita proveniente dal Congo”, afferma Siddarth Kara, Global Professor della British Academy e Professore associato presso l’Università di Nottingham. Nel suo bestseller, Cobalt Red, l’autore descrive la permeabilità delle concessioni minerarie cinesi e occidentali al fenomeno dell’artisanal and small-scale mining (ASM), ovvero l’estrazione di cobalto con mezzi artigianali e in condizioni spesso disumane, che pure rappresenta il principale mezzo di sussistenza per le famiglie di circa 200'000 minatori congolesi, secondo le stime del 2019 dell’OECD.
Quella di Kara si somma alle testimonianze dirette di altri osservatori, che insieme tracciano il quadro di un Paese deturpato e inquinato da una catena di produzione complessa per quanto non regolata, dove povertà, soprusi, corruzione, violenza di genere e sfruttamento minorile la fanno da padrone.
Oltre alle miniere a cielo aperto e ai tunnel claustrofobici dell’ASM, anche l’estrazione mineraria industriale ha un impatto umano e ambientale devastante. Secondo un report dell’ONG britannica RAID e della congolese AFREWATCH, la contaminazione dell’acqua derivante dalle attività estrattive sarebbe così grave da caratterizzare la Copperbelt congolese come “zona sacrificale”, ovvero un luogo i cui residenti soffrono severe conseguenze fisico-mentali e violazioni di diritti umani come risultato dell’abitare aree fortemente inquinate.
“Amnesty International riconosce la funzione vitale delle batterie ricaricabili nella transizione energetica dai combustibili fossili. Ma la giustizia climatica esige una transizione giusta”, ha detto a tal proposito Agnès Callarmand, Segretaria Generale di Amnesty. “Decarbonizzare l’economia globale non deve condurre ad ulteriori violazioni dei diritti umani”.
Le condizioni della popolazione congolese aggiungono quindi una variabile imprescindibile, seppur più trascurata, all’interno di un’equazione già resa complessa dall’incontro di esigenze ecologiche, economiche e geopolitiche. Ma nessuna complessità giustifica il macchiare la transizione verde, alimentata dall’oro blu, con il rosso del sangue degli abitanti della DRC.
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L'Autore
Matteo Gabutti
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Matteo Gabutti è uno studente classe 2000 originario della provincia di Torino. Nel capoluogo piemontese ha frequentato il Liceo classico Massimo D'Azeglio, per poi conseguire anche il diploma di scuola superiore statunitense presso la prestigiosa Phillips Academy di Andover (Massachusetts). Dopo aver conseguito la laurea in International Relations and Diplomatic Affairs presso l'Università di Bologna, al momento sta conseguendo il master in International Governance and Diplomacy offerto alla Paris School of International Affairs di SciencesPo. All'interno di Mondo Internazionale ricopre il ruolo di autore per l'area tematica Legge e Società, oltre a contribuire frequentemente alla stesura di articoli per il periodico geopolitico Kosmos.
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Matteo Gabutti is a graduate student born in 2000 in the province of Turin. In the Piedmont capital he has attended Liceo Massimo D'Azeglio, a secondary school specializing in classical studies, after which he also graduated from Phillips Academy Andover (MA), one of the most prestigious preparatory schools in the U.S. After his bachelor's in International Relations and Diplomatic Affairs at the University of Bologna, he is currently pursuing a master's in International Governance and Diplomacy at SciencesPo's Paris School of International Affairs. He works with Mondo Internazionale as an author for the thematic area of Law and Society, and he is a frequent contributor for the geopolitical journal Kosmos.
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