Scontri tra studenti e forze dell’ordine: cosa è successo a Pisa e Firenze

I problemi di gestione della piazza da parte delle Forze dell'ordine e le reazioni del mondo politico

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  Maria Pol
  29 febbraio 2024
  3 minuti, 24 secondi

Durante la mattina del 23 febbraio a Pisa e Firenze, una manifestazione studentesca pacifica si trasforma in una vera e propria tragedia, dopo lo scontro con le Forze dell’ordine.

In seguito al veto statunitense contro il cessate il fuoco nel Medio Oriente, un gruppo di studenti si riunisce per dare luogo ad una manifestazione “pro-Palestina”. A Firenze, gli studenti si spostano verso il Consolato statunitense, dove incontrano uno sbarramento formato dalle Forze dell’ordine. A Pisa, la manifestazione si dirige verso la sede centrale dell’Ateneo, dove anche qui trovano una barriera. Il risultato è lo stesso: violenza.

Infatti, nel momento in cui i manifestanti cercano di sorpassare la Polizia, vengono respinti con manganellate e durezza. Secondo gli attuali aggiornamenti, sarebbero circa 18 i feriti; di cui 10 minorenni, tra le due città. In particolare, circola nei social media l’immagine di una ragazza colpita con una manganellata che le ha causato una frattura al naso e un taglio profondo sotto l’occhio.

Questo avvenimento ha suscitato un forte dibattito nella politica interna del paese: per prima cosa, il Viminale ha specificato che queste manifestazioni non erano organizzate e che quindi ci sarebbero state delle difficoltà nel gestirle.

D’altra parte, inaspettatamente, il Presidente della Repubblica Mattarella, si è pronunciato il 24 febbraio sull’accaduto: “Il Presidente della Repubblica ha fatto presente al Ministro dell’Interno, trovandone condivisione, che l’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento.”

In seguito, il Ministro dell’interno, Matteo Piantedosi, ha affermato che “indubbiamente c'è stato qualcosa che non ha funzionato. Tutte le volte che siamo costretti a usare la forza, siamo consapevoli che qualcosa non è andato nel verso giusto", puntualizzando la necessità di indagare su quanto successo.

Le dichiarazioni di Mattarella hanno trovato condivisione non solo all’interno del panorama politico italiano, dove si esprime la necessità di intervenire a sostegno dei principi democratici, ma anche nel piano istituzionale. Infatti, il rettore dell’Università di Pisa, Riccardo Zucchi, ha affermato che l’Università di Pisa “[..]auspica che tutte le autorità competenti intervengano per garantire la corretta e pacifica dialettica democratica, tutelando la sicurezza della popolazione e della comunità studentesca.Conferma la sua posizione caratterizzata dalla massima apertura al dialogo pacifico fra tutte le posizioni e dal ripudio della violenza in tutte le sue forme.[..]"

Il dibattito si è poi spostato in Parlamento dove Elly Schlein e Giuseppe Conte hanno chiesto chiarezza e presa di responsabilità da parte non solo del Ministro dell’Interno, ma dell’intero Governo Meloni.

D’altra parte, il Vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, si è schierato in difesa delle Forze dell’ordine: “[..]Fare il poliziotto, il carabiniere, il vigile del fuoco è sempre un mestiere delicato dove chiunque può sbagliare. Quello che non accetto è la messa all’indice della Polizia italiana come biechi torturatori. Anche perchè, se si va in piazza con i dovuti permessi, senza insultare, aggredire, minacciare, spintonare o sputare non ha nessun problema.[..]

Insomma, la questione si è discussa ampiamente in ambito accademico e politico. Ora bisognerà però, aspettare la ricostruzione dei fatti per capire cosa effettivamente è successo e cosa non ha funzionato.

Intanto, le mobilitazioni non si sono fermate, ma diversi giovani in tutte le città di italiano continuano a riunirsi: a Pisa il 24 febbraio, giorno seguente all’avvenimento, un gruppo si è riunito in una protesta silenziosa “Leviamo la nostra voce per far sì che la nostra brutta esperienza non venga archiviata e dimenticata come sempre accade [...]”.

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