Si può rinunciare bruscamente ai combustibili fossili?

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  Redazione
  01 febbraio 2024
  7 minuti, 16 secondi

A cura del Dott. Pierpaolo Piras, studioso di Geopolitica e componente del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

Tutti gli indicatori e gli analisti dicono che l'era dei combustibili fossili sta volgendo al termine in tempi brevi. L'emergenza climatica e gli obblighi procedurali imposti dai trattati internazionali sembrano dare le ultime chance alle fonti energetiche che hanno plasmato l’intero mondo che abbiamo conosciuto finora.

Dopo essere stati il ​​seme fecondo ed aver alimentato la progressione nel tempo di alcune rivoluzioni industriali nel mondo, aver contribuito a sfamare una popolazione mondiale in crescita esponenziale negli ultimi due secoli e aver facilitato lo sviluppo della maggior parte delle società sino a livelli inimmaginabili, ora sono severamente incriminati. È solamente una questione di tempo, qualche decennio forse, ma finiranno inesorabilmente per cadere in disuso, anche perché sono accusati di causare gravi problemi ambientali dovuti al loro utilizzo massiccio: in primo luogo l’inquinamento atmosferico e il riscaldamento globale.

In effetti, le argomentazioni degli esperti che studiano i fenomeni legati al cambiamento climatico globale e le evidenze scientifiche tratte dal loro lavoro, sono divenute oggi convincenti : i modelli di studio e le analisi di settore stanno migliorando sempre di più. Sembra chiaro che le nostre enormi emissioni di CO₂ nell’atmosfera stiano davvero cambiando il panorama globale. Dallo studio della geochimica ambientale, si dimostra come l'impronta delle emissioni di ogni tipo appaia conservata in una sorta di archivi geologici come ad esempio i suoli e/o le torbiere. E’ visibile a tutti ciò che il nostro modo di produrre energia e l'attività industriale o mineraria stessa generano sull'ambiente circostante.

La riduzione delle emissioni di CO₂ (e anche quelle rispettivamente di CH₄ e N₂O, metano e ossido di azoto) è necessaria, ma uno dei problemi principali è a quale velocità è possibile realizzarlo senza generare gravi conseguenze?

I parallelismi incerti

Quando si parla di transizione energetica, può sembrare ad una visione illusoria e superficiale che il cambiamento possa avvenire tanto nell'industria pesante ad unisono con la produzione di energia e col miglioramento delle sofisticate tecnologie inerenti alla comunicazione. Così si potrebbero implicitamente stabilire parallelismi, che poi risultano del tutto infondati nel confronto successivo con la realtà empirica delle cose : se ad esempio si cambia la generazione di telefoni cellulari nell’ambito di un paio d'anni, in un decennio ci sarebbe tutto il tempo che servirebbe per cambiare il modello sia energetico che industriale.

Un esempio macroscopico servirà a smantellare queste conoscenze fallaci: è vero che la produzione dell'acciaio necessita ancora del coke (carbonio pirolizzato) in un processo industriale che non si discosta molto da quello già utilizzato nel 1846 nei bacini minerari di quel tempo. Per ragionare esclusivamente su considerazioni concrete, è molto complesso smettere di utilizzare sostanze minerali alle quali è in gran parte dovuto lo sviluppo del mondo contemporaneo, la sua economia, la sua demografia e, in definitiva, in buona parte anche l'attuale stile di vita.

Dunque, i combustibili fossili meritano davvero un tale discredito e una fine così brusca? Nonostante l'industria del carbone abbia compiuto notevoli sforzi nel cosiddetto uso pulito del carbone.

Carbone

La parte più incriminata di questa narrazione è sempre stata rappresentata dal carbone. E’ vero che il carbone annerisce e imbratta tutto ciò col quale viene a contatto, e riempie di polvere l'atmosfera delle città più vicine, ma esso ha anche permesso lo sviluppo economico e sociale di intere popolazioni e regioni, e che ha facilitato la nascita di qualcosa di simile a una cultura industriale in numerose nazioni.

A favore dell'industria del carbone, va anche detto che dagli anni '80 sono stati compiuti enormi sforzi per il cosiddetto uso pulito del carbone. In questo modo si è ottenuta una notevole riduzione delle emissioni di CO2 e di NO2, i quali hanno ridotto, tra l'altro, gli annosi e diffusi problemi delle piogge acide.

Nel frattempo, alcuni tipi di carbone sono stati dichiarati materie prime critiche dall'Unione Europea, il che implica che il loro sfruttamento è favorito per la loro natura ancora oggi di valenza strategica.

Questi tipi di carbone sono ancora oggi fondamentali per l’alimentazione energetica industriale, insieme a tutti i minerali necessari per produrre le batterie per le auto elettriche.

Si può aggiungere qualche spunto supplementare sul quale riflettere: quale contributo alla riduzione delle emissioni di CO₂ a livello nazionale è stato la chiusura nel 2020 della maggior parte delle centrali a carbone ancora aperte?

Se si esamina la situazione pre-covid-19, nel 2019 esse non rappresentano più una percentuale rilevante delle emissioni totali. E se si tiene conto che la produzione di energia elettrica è responsabile di meno del 20% delle emissioni totali, in termini assoluti rimangono comunque inferiori.

Un'altra questione rilevante sarebbe studiare se parte dell'attuale escalation dei prezzi dell'energia elettrica sia una conseguenza di questa chiusura. Qualcosa che sembra difficile da determinare vista la complessità del sistema marginale dei prezzi dell'energia in Europa e il fatto che il prezzo del carbone (e non solo del gas) è aumentato molto negli ultimi mesi.

Il petrolio

Nelle riviste e nei libri di scuola, il petrolio e le altre fonti non rinnovabili appaiono sempre colorati di un grigio molto scuro a significarne la negatività, al contrario delle fonti rinnovabili che sono sempre vivacemente colorate e luminose.

Del petrolio vengono citati solo i problemi ambientali che genera, senza fare alcun accenno al suo massiccio utilizzo non solo come combustibile, ma in un gran numero di applicazioni utili e positive come i fertilizzanti, materie plastiche, prodotti farmaceutici, lubrificanti, asfalto stradale, gomme varie, fibre tessili, e tanti altri.

E’ altresì molto raro sentir parlare di paesi produttori di petrolio di successo come la Norvegia, o degli enormi progressi tecnologici e scientifici che lo sfruttamento del petrolio ha portato nella conoscenza del sottosuolo e/o dell'oceano, né, ancora, sull'enorme sforzo compiuto per ridurre le emissioni e gli impatti ambientali oppure per sviluppare combustibili più puliti, come di fatto è accaduto.

Il petrolio in Europa è rimasto – con diverse connotazioni - con le sue raffinerie, migliaia di piccole infrastrutture, una flotta piena di vecchie e maleodoranti auto diesel (ancora oggi più tassate rispetto a quelle a benzina).

Ci si può solo chiedere, ad esempio e senza intento esaustivo, cosa accadrà ai conti pubblici quando verrà a mancare l’enorme gettito proveniente dall’uso degli idrocarburi o cosa accadrà alle centinaia di migliaia di lavoratori nel settore in Europa e nel mondo.

Le grandi compagnie petrolifere, nel frattempo, spendono cifre importanti nella ricerca di risorse alternative come l'idrogeno verde e gli eco-carburanti e si stanno trasformando in fornitori di elettricità pulita e rinnovabile.

Il gas naturale

Il gas naturale, di gran lunga più pulito del carbone e del petrolio in quanto poverissimo di residui carboniosi, invisibile, con un potere calorifico più elevato, è il terzo implicato di questa lista ad essere incorporato in modo massiccio nel nostro sistema di vita.

Adesso tutti i riflettori sono puntati invece su di lui per l'aumento dei prezzi, dovuto alla stagione invernale e per le tensioni belliche derivanti dal conflitto russo-ucraino.

Oggi succede che il gas risulta essere la chiave dell'equilibrio con le forme di energia rinnovabili e continuerà ad esserlo a lungo.

Anche le previsioni più ottimistiche gli attribuiscono un ruolo futuro importantissimo nel mix energetico sino al 2050.

Dunque, si tratta di una sostanza di fondato rilievo strategico e vietarne oggi la prospezione e lo sfruttamento sarebbe una misura ovviamente insensata.

In Europa

L'Unione Europea e persino l'ONU minacciano – anche se velatamente - di vietare la produzione dei motori a combustione a partire dal 2035, il che introduce una nuova e per certi aspetti angosciosa domanda: il divieto di utilizzo di tecnologie più avanzate in questo campo o addirittura la prospezione innovativa del sottosuolo sono davvero la strada verso uno scenario futuro ideale?

Una transizione accelerata e radicale dall'uso dei combustibili fossili verso la produzione di energia verde potrebbe creare problemi economici e squilibri in qualcosa di imprevedibile?

Quali sono i rischi gravi, anche sotto il profilo sociale, che dovrebbero essere valutati?

Anche un'eccessiva elettrificazione futura non sembra una buona idea senza il necessario supporto di altre tecnologie collaterali annesse e una logistica di utilizzo intelligente adeguata e ancora da inventare?

Conclusione

Il percorso più proficuo non sembra essere quello che elimina le tecnologie, ma piuttosto quella che consente un equilibrio e una transizione il più progressiva possibile nel quale gli eco-carburanti, la cattura di CO₂ dall’atmosfera, i motori ibridi e le altre quanto numerose opzioni che ora sembrano relegati, hanno invece una carta ancora da giocare.

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