Sono sfioriti i gelsomini della rivoluzione?

Storia del primo vero esperimento democratico del mondo arabo

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  Francesco Maria Lorenzini
  27 gennaio 2023
  7 minuti, 3 secondi

17 dicembre 2022. Gli exit poll sono impietosi. Solo l’8,8% degli aventi diritto ha votato alle elezioni legislative valide per il rinnovo del Parlamento tunisino. È passato più di un anno da quando il Presidente della Repubblica Kaïs Saïed ha sospeso con un colpo di mano le attività parlamentari, iniziando a governare per decreto. Un’astensione così alta rappresenta per lui, professore di diritto costituzionale, uno schiaffo in pieno viso. Di fatto, il popolo ha bocciato il progetto di Repubblica ultra-presidenziale da lui avviato pochi mesi prima con l’approvazione referendaria della nuova Costituzione.

A Tunisi la gente è stanca. Stanca della disoccupazione e del caro vita, che viaggiano entrambi oramai saldamente in doppia cifra. I tunisini, disillusi da dodici anni di false promesse, si sono astenuti in massa. Tutte le principali forze politiche hanno d’altronde boicottato le elezioni come forma di protesta contro la svolta autoritaria del Presidente.

La data delle elezioni non è stata scelta in maniera casuale. Esattamente dodici anni prima, il 17 dicembre 2010, Mohamed Bouazizi si diede fuoco davanti al Municipio di Sidi Bouzid, un’anonima cittadina ai margini del Sahara. Protestava, disperato, contro le angherie di un regime che da più di vent’anni calpestava senza ritegno i deboli come lui. Ignorava senza dubbio come il suo gesto potesse mettere in moto la Storia.

Il mondo arabo ruggì all’improvviso davanti all’immolazione di un giovane venditore ambulante di 26 anni. In Siria, in Egitto ed in Libia la fiammata delle primavere arabe si spense velocemente così come era nata, lasciando spazio ad alcune delle pagine più tristi dell’epoca in cui viviamo. Non in Tunisia però. Le immagini dei seggi vuoti di poche settimane fa stridono con la marea umana che riempì Avenue Burguiba, la via principale del centro di Tunisi, pochi giorni dopo la morte di Bouazizi. Lo slogan della folla era “Ben Ali, assassin”. Fino a qualche settimana prima nessuno avrebbe osato anche solo sussurrare una frase del genere.

L’assassino è Zine El-Abidine Ben Ali, il dittatore che per 23 anni ha governato con il pugno di ferro la Tunisia. Per 23 anni il suo regime ha violato i diritti civili più basilari picchiando, infamando e rubando impunemente. Ma in quei giorni il popolo è in preda ad un’orgia estatica. L’esercito si rifiuta di sparare e Ben Ali è costretto a scappare come un ladro in Arabia Saudita, dove morirà nel 2019 proprio quando in patria si iniziava a rimpiangere il regime.

Già, perché “si stava meglio quando si stava peggio” è una frase che i tunisini sanno tradurre benissimo sia in arabo che in francese. Quando arrivai a Tunisi per la prima volta nel 2018 me la ripetevano in tanti, umili e benestanti, giovani e vecchi. Tutti sembravano avere nostalgia dell’ordine e dalla sicurezza garantiti dal regno di Ben Ali. La Rivoluzione dei Gelsomini, fiore simbolo della Tunisia dal profumo inebriante, aveva iniziato già qualche anno prima ad appassire lentamente.

La Tunisia ha rappresentato, e forse rappresenta ancora, un vero e proprio laboratorio politico, il primo caso in cui un Paese arabo ha avuto la possibilità di sperimentare senza filtri la democrazia. La società civile si è ritrovata per la prima volta nelle condizioni di esprimersi liberamente ed il fermento culturale che ne è seguito è stato straordinario. Il dibattito politico si è potuto sviluppare in maniera autonoma, creando una dialettica vivace (a volte anche troppo) tra partiti laici ed islamici.

Spesso però ci si dimentica che una transizione democratica è un processo lungo e delicato. Per chi ha a che fare con la Tunisia, è un dato di fatto constatare che molti dei vecchi problemi del periodo prerivoluzionario sono ancora presenti. L’economia zoppicante, la corruzione della classe dirigente, la devastante ineguaglianza sociale, sono tutti fattori che continuano ad esistere. Dodici anni sono forse troppo pochi per risolvere problemi di carattere strutturale. In troppi invece hanno pensato che la democrazia potesse curare ogni male nel giro di un decennio.

L’ultima speranza è stata rappresentata da Kaïs Saïed. Completo parvenu del panorama politico tunisino, è uno dei 26 candidati alle presidenziali del 2019. Parla il fusha, l’arabo classico degli intellettuali, ed ha un forte seguito tra i giovani. Contro ogni pronostico, arriva al ballottaggio.

In questa fase Kaïs Saïed viene appoggiato da Ennahda, la Rinascita, il grande partito islamista moderato che ha governato per buona parte del periodo post-rivoluzionario. Lo Sceicco Rachid Ghannouchi, il leader di Ennahda tornato dall’esilio nel 2011, è convinto di poter manovrare facilmente un oscuro professore universitario. Se ne pentirà amaramente meno di due anni dopo.

Saïed diventa Presidente della Repubblica dominando il secondo turno con il 72,2 % dei voti. La gente è entusiasta. Ascoltando le chiacchere nei caffè, sembra quasi vi sia stata una seconda rivoluzione. Per un breve periodo la Tunisia intera è pervasa dal sacro fuoco del senso civico: per qualche tempo anche le vie di Tunisi, sempre piene di sporcizia, tornano pulite.

Il Capo dello Stato si dimostra ben presto molto più risoluto del pedante accademico che sembrava di essere. I suoi detrattori lo accusano di essere troppo filoislamico, ma si ricredono dopo poco. Nel 2020 Saïed inizia un serrato braccio di ferro con Ennahda. Quest’ultima, prima forza in Parlamento, inizia a fare ostruzionismo rispetto alla nomina del nuovo primo ministro. Nel frattempo, il corona-virus si abbatte sulla già provata economia tunisina. Dopo mesi di stallo, il Presidente prende la sua decisione: il 25 luglio 2021 sospende il Parlamento a data da destinarsi. Il popolo è in larga maggioranza con lui ed esprime il suo consenso nelle strade. Tanti tunisini ne hanno abbastanza di Ennahda, considerato un partito clientelare e corrotto. I seguaci di Ghannouchi vengono presi di mira e ostracizzati, le figure chiave addirittura arrestate con accuse di malversazioni di denaro pubblico. Si salva solo il vecchio sceicco, troppo in vista per essere mandato in prigione.

Tuttavia, di fronte alle difficoltà del contesto tunisino, nemmeno Kaïs Saïed dispone della bacchetta magica: l’anno e mezzo di governo ultra-presidenziale non ha portato i frutti sperati. Il quadro economico è anzi peggiorato nel 2022 e con esso anche la popolarità di Robocop, il soprannome affibbiato al Presidente per il suo carattere deciso.

Il risultato farsesco delle elezioni legislative dello scorso dicembre ha affossato ancora di più l’immagine di Kaïs Saïed. Colpisce vedere migliaia di persone per le strade di Tunisi chiedere le sue dimissioni il 14 gennaio scorso, dodicesimo anniversario dalla caduta di Ben Ali. Non sono passati nemmeno due anni dai bagni di folla in suo onore all’indomani della sospensione del Parlamento. Un’ulteriore prova inconfutabile, se ce ne fosse bisogno, di quanto sia effimero il consenso politico, soprattutto se basato sul populismo.

Solo il tempo potrà dirci se il Presidente continuerà ad avere la forza per portare avanti il suo programma, e se lo farà rientrando nel selciato dello Stato di diritto o inasprendo la stretta autoritaria. Prima di tutto però c’è da risolvere la crisi economica e lo stato disastroso dei conti pubblici: la Tunisia ha ormai bisogno dei soldi del Fondo Monetario Internazionale per pagare le spese correnti, ed il negoziato alle porte sarà tutt’altro che facile.

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Le fonti utilizzate per la stesura dell'articolo sono consultabili ai seguenti link

Législatives en Tunisie : Kaïs Saïed affaibli par un très faible taux de participation, Jeune Afrique, 18 dicembre 2022, https://www.jeuneafrique.com/1402127/politique/legislatives-en-tunisie-kais-saied-affaibli-par-un-tres-faible-taux-de-participation/

Mohamed Nachi, “Spontaneous Revolution” in Tunisia, Yearnings for Freedom, Justice, and Dignity, Institute for Advanced Studies, 2011, https://www.ias.edu/ideas/2011/nachi-tunisia-revolution

Sarah Yerkes, Tunisia: General Overview of the Country, IEMed Mediterranean Yearbook 2020, 2020, https://www.iemed.org/publication/tunisia-general-overview-of-the-country/

Simon Speakman Cordall, Tunisia’s on a Knife-Edge Between Reform and Autocracy, Foreign Policy, 2021, https://foreignpolicy.com/2021/08/11/tunisia-saied-ennahda-parliament-suspended-democracy-autocracy/

David Siddartha Patel, Ennahda: Before and After the Coup in Tunisia, Crown Center for Middle East Studies, 2022, https://www.brandeis.edu/crown/publications/crown-conversations/cc-14.html

Elizia Volkmann, Tunisia: Thousands rally in support of President Saied, Al Jazeeram, ott 2021,

Alex Binley, Tunisia: Thousands from rival political parties protest against President Kais Saied, BBC news, 15 gennaio 2023, https://www.bbc.com/news/world-africa-63271812

Aymen Bessaleh, Tunisia’s IMF Deal Risks Further Poverty and Social Tensions, Geopolitical monitor, dec 2020, https://www.geopoliticalmonitor.com/tunisias-imf-deal-risks-further-poverty-and-social-tensions/

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L'Autore

Francesco Maria Lorenzini

Project manager e consulente nell'ambito della cooperazione internazionale, ha lavorato alla realizzazione di progetti di sviluppo in Burkina Faso, Mali, Senegal e Tunisia. Appassionato di politica internazionale, segue con interesse i rivolgimenti politici ed economici in corso in Africa e nell'area MENA.

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