Di cosa si tratta?
Si parla di Land Grabbing quando, senza il consenso degli abitanti del luogo, in violazione dei diritti umani e senza tenere in considerazione i danni ambientali e sociali, vengono acquistate terre con l’intenzione di sfruttarne le risorse. Questi passaggi di proprietà avvengono spesso grazie ad atti do corruzione o intimidazione e i contratti che stabiliscono il passaggio di proprietà vengono firmati in un contesto spesso torbido o al limite della legalità, se non oltre. Il Land Grabbing è una pratica che si colloca all’interno di un contesto globale sempre più incerto, in cui le crisi finanziarie vengono accompagnate da una crescente crisi energetica, il tutto all’interno di un contesto di crisi climatica i cui effetti sono già ben visibili. Tutto ciò ha portato diversi attori, statali o privati, a riconsiderare il valore che hanno le terre coltivabili, che vengono ricercate e acquistate principalmente in nazioni in via di sviluppo appartenenti al cosiddetto “Global South”- anche se questo fenomeno è presente anche in altre zone del mondo come l’Europa - al fine di coltivarle e poi esportarne i prodotti, impoverendo tuttavia il territorio dove si trovano queste terre, con importanti conseguenze sulla popolazione locale.
Un problema non solo sociale
Il Land Grabbing ha, inoltre, conseguenze allarmanti per l’ambiente a seguito di operazioni che mirano ad aumentare la produttività del terreno, come il disboscamento o le monoculture, e all’esaurimento delle risorse naturali. Il disboscamento di aree forestali, sostituite con piantagioni di un solo tipo molto specifico di pianta, va a distruggere la biodiversità di vastissime aree, mettendo in pericolo interi ecosistemi. Le monoculture, inoltre, impoveriscono la fertilità dei terreni, che non si possono più rigenerare come in un habitat pienamente funzionante, e causano siccità e penuria di risorse per animali e popolazioni locali, oltre ad accelerare il passo già allarmante del cambiamento climatico.
Molto interessante è il fatto che gli stati che presentano il maggior numero di land grabs al mondo hanno quasi tutti un importante caratteristica in comune: un passato coloniale più o meno recente alle spalle e sono generalmente stati poveri. Alcuni studiosi, pertanto, considerano il Land Grabbing come un fenomeno neo-coloniale e neo-imperialista; questa accusa però non è potenzialmente imputabile solo agli ex imperi occidentali, ma anche a potenze emergenti come la Cina, o di stati non occidentali molto avanzati come la Corea del Sud. Nel caso della Cina si può ipotizzare che l’acquisto di terre in altri stati non miri solamente a soddisfare la fame di risorse dell’industria cinese, ma anche a estendere l’influenza politica del dragone attraverso investimenti economici. Bisogna inoltre aggiungere che in un buon numero di casi (circa il 43% secondo uno studio) i land grabs vengono sono imputabili a élite locali, statali o meno, al fine di aumentare il loro potere, ma soprattutto sfruttando quello che già possiedono per arricchirsi ulteriormente a discapito delle fasce più povere della popolazione
Quanto è esteso il fenomeno?
Il fenomeno sta raggiungendo una portata impressionante, con alcuni studi che parlano di un allarmante 1000% di crescita nel periodo che va tra il 2008 e il 2017. Le stime sulla quantità di terre soggette a Land Grabbing variano molto: alcune parlano di 33 milioni di ettari, mentre altri studi parlano addirittura di centinaia di milioni di ettari. Un anno cruciale è stato il 2007, quando la crisi dei prezzi dei prodotti agricoli evidenziò il problema della sicurezza alimentare dei paesi ricchi del nord del mondo. Le forti speculazioni finanziare che ne seguirono, quindi, favorirono il dilagare di questa pratica, perpetrata anche grazie a contratti e modalità di acquisto poco chiare come già scritto in precedenza.
Il continente che ha subito maggiormente il Land Grabbing e le sue conseguenze è senza dubbiol’Africa. Qui, infatti, sono presenti moltissimi stati con caratteristiche molto favorevoli per chi è in cerca di terre da acquistare: governi centrali in diversi casi deboli e corrotti e territori colmi di risorse da sfruttare, soprattutto minerarie e agricole. Un fattore che accomuna pressoché l’intero continente è il già menzionato recente passato coloniale, che è di notevole importanza in quanto è uno dei fattori che causa la debolezza o l’assenza totale dei governi centrali, esponendoli quindi alle mire predatorie di stati o corporazioni estere.
Un’altra area particolarmente interessata da questo fenomeno è appunto quella latinoamericana e caraibica. L’aumento della domanda sia di prodotti agricoli come la soia e il maggior consumo di carne in paesi come la Cina, dovuta all’aumento degli standard di vita, hanno fatto sì che i terreni dedicati alla produzione di questi beni in America Latina abbiano raggiunto estensioni colossali. Solo la produzione della soia in Sud America occupava quasi 43 milioni di ettari nel 2009, contro i 260 mila del 1961. Un esempio molto importante di come molte terre sono state sottratte alle popolazioni locali è dato della politica dell’ex presidente Jair Bolsonaro nei confronti dell’Amazzonia brasiliana, sfruttata non solo da compagnie locali ma anche da enti non brasiliani. Lo Stato brasiliano, infatti, ha un ruolo molto importante nell’acquisto di terre, sia da parte di compagnie private o stati esteri sia da parte di compagnie nazionali.
Fonti utilizzate nell’articolo:
https://www.pexels.com/it-it/foto/ripresa-aerea-del-trattore-di-fresatura-verde-1595108/
https://www.tandfonline.com/doi/epdf/10.1080/03066150.2011.559005?needAccess=true&role=button
https://www.ilsole24ore.com/art/l-amazzonia-ferita-cerca-un-nuovo-paradigma-coltivazione-AE5eT8B
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L'Autore
Filippo del Monte Alia
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Terra Monoculture Land Grabbing Terreni compravendita risorse naturali Global South sfruttamento cambiamento climatico neocolonialismo Africa America Latina e Caraibi Amazzonia