Limbo yemenita: un'analisi dello scenario

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  Michele Magistretti
  23 February 2023
  4 minutes, 58 seconds

Lo Yemen vive un momento di relativa calma, ma in assenza di una pace stabile. La statualità è frammentata e il paese vive una feudalizzazione politico-militare con i diversi attori in lotta per il controllo del territorio e delle risorse. Nel mentre, i principali sponsor esterni provano ad influenzare il corso della “tregua calda” perseguendo agende contradditorie e contrastanti.

Vediamo quindi quali sono stati i recenti sviluppi della situazione politica interna degli ultimi mesi e le implicazioni dell’intervento degli attori esterni.

La scacchiera interna: un puzzle di interessi divergenti

Il 2 ottobre è scaduta la tregua in vigore da aprile 2022, la quale, pur avendo risparmiato il paese dalla violenza, ha permesso agli houthi di riorganizzarsi. Nel corso dell’estate varie operazioni navali condotte dagli USA e dai propri alleati hanno contribuito alla confisca di tonnellate di armamenti dirette verso lo Yemen e destinate ai ribelli zaiditi. Queste operazioni segnalano le chiare intenzioni bellicose del gruppo, decisamente poco prono ad accettare una pace stabile e duratura.

Il 21 ottobre viene attaccato un terminal petrolifero del governatorato di Hadramawt. I danni materiali non sono stati ingenti, ma l’attacco ha impedito ad una nave cargo greca di attraccare ritardando quindi le proprie operazioni.

La risposta del governo riconosciuto dalla comunità internazionale è stata inefficiente e priva di conseguenze. Designare l’organizzazione ribelle come entità terroristica non ha sortito alcun effetto concreto e non ha migliorato le capacità di deterrenza nei confronti di questa. Inoltre, risulta in calo la popolarità del governo, su cui incombono accuse di corruzione e nepotismo.

Nel corso di dicembre i ribelli hanno minacciato anche le compagnie petrolifere straniere operanti nel paese, sostenendo fossero dei predatori delle risorse yemenite.

Gli houthi rifiutano di rinnovare la tregua perché l’attuale status quo li favorisce. Mantenere l’assedio di Taiz permette loro di potenziare la propria leva negoziale con il governo. In mancanza di nuovi accordi, possono continuare a mantenere il monopolio sullo sfruttamento delle risorse petrolifere nei territori che controllano, senza compromessi riguardo la redistribuzione dei proventi. Infine, l’utilizzo della forza o la sua minaccia vengono considerati gli strumenti più efficaci per ottenere vantaggi politici ed economici.

L’embargo petrolifero è uno strumento di pressione verso il governo nazionale per ottenere parte dei proventi della vendita di idrocarburi non sotto il proprio controllo e una dimostrazione di forza verso gli attori esterni. I ribelli zaiditi pretendono anche dal governo centrale il pagamento dei salari dei funzionari dei territori da loro controllati e dei propri miliziani. Al contrario, gli houthi detengono il monopolio dello sfruttamento delle risorse e delle infrastrutture nei territori nord-occidentali del paese sotto il proprio dominio, tra le quali vi è il porto strategico di Hodeida situato sul Mar Rosso. Inoltre, osservando la debole reazione internazionale al rifornimento di droni accordato da Teheran a Mosca, il gruppo ribelle si sente maggiormente incentivato ad utilizzare a sua volta in maniera indiscriminata tale tecnologia.

La difficoltà nel raggiungere una risoluzione dello stallo politico-militare è dovuta anche all’intervento indiretto di diverse potenze straniere, con agende contrastanti tra loro. L’Iran sostiene i ribelli houthi. L’Arabia Saudita prova a recuperare il terreno perso negli ultimi anni a favore degli Emirati Arabi Uniti, principali sponsor del Consiglio di Transizione del Sud, formazione secessionista formalmente alleata con il governo centrale ma acerrima nemica della Congregazione Yemenita per la Riforma (Al-Islah), affiliata alla Fratellanza Musulmana e sostenitrice del governo riconosciuto internazionalmente. Inoltre, il gigante saudita sta tessendo una nuova rete di relazioni con milizie salafite e tribù locali secessioniste, per provare a contrastare il potere del Consiglio di Transizione del Sud. Questi sforzi hanno portato all’istituzione della Nation Shield Force. Riad ha bisogno di alleati che controllino parte delle costiere meridionali del paese per garantire la sicurezza delle rotte commerciali.

Nel mentre, Riad porta avanti una diplomazia parallela, con il sostegno dell’Oman, per provare a trovare un modus vivendi con gli houthi. La monarchia araba ha come priorità strategica scongiurare gli attacchi diretti dei ribelli sul proprio territorio e mettere in sicurezza il proprio confine meridionale.

A dicembre una delegazione cinese ha visitato Aden, capitale provvisoria, incontrando il primo ministro Maeen Abdul Malik Saeed e altri dirigenti yemeniti. La visita deve essere letta nel quadro di espansione commerciale cinese della Belt Road Initiative. Pechino desidera investire nelle infrastrutture dello Yemen meridionale per potere imprimere la propria impronta lungo le rotte marittime che collegano l’Asia all’Europa, attraverso lo stretto di Bab el-Mandeb.

Il dramma umanitario

Circa la metà della popolazione rischia di soffrire problemi relativi alla sicurezza alimentare, grande fattore di fragilità del paese, considerando la dipendenza dalle importazioni di grano proveniente da Russia e Ucraina. Gli approvvigionamenti da questi due paesi ammontano a circa il 45% del totale.

Nonostante l’assenza di scontri armati generalizzati e su ampia scala, sono frequenti le scaramucce e brevi conflitti tra i vari attori del ginepraio politico-militare yemenita e i campi minati continuano a mietere vittime tra la popolazione civile. A causa della gestione patrimoniale delle risorse del paese, la popolazione civile trova sostentamento in particolare grazie agli aiuti umanitari, che però hanno difficoltà a raggiungere il paese e rimangono perennemente sotto il ricatto dei diversi potentati locali.

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Fonti consultate per il presente articolo:

Fatima Abo Alasrar, The Houthis' embargo on Yemen's oil exports, Middle East Institute, 9 dicembre 2022 https://www.mei.edu/publications/houthis-embargo-yemens-oil-exports

Afrah Nasser, Yemen in Limbo: No War, Yet Still No Peace, Arab Center Washington DC, 15 dicembre 2022, https://arabcenterdc.org/resource/yemen-in-limbo-no-war-yet-still-no-peace/

Eleonora Ardemagni, Saudi Arabia’s proactive military strategy in southern Yemen is a risky gamble, Middle Est Institute, 31 gennaio 2023 https://www.mei.edu/publications/saudi-arabias-proactive-military-strategy-southern-yemen-risky-gamble

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Yemen Emirati Arabi Uniti