800 funzionari Ue e Usa contro Israele

L'accusa è di "gravi violazioni del diritto internazionale" con rischio di "pulizia etnica e genocidio"

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  Chiara Giovannoni
  07 febbraio 2024
  4 minuti, 29 secondi

Il 7 ottobre 2023 rappresenta un punto di svolta per la storia del Medio Oriente. L’attacco di Hamas a Israele ha scatenato una controffensiva per via aerea, terrestre e marittima da parte del governo israeliano, contrattacco che si è reso responsabile di un numero consistente di vittime civili e della distruzione massiccia di infrastrutture. Con il passare dei mesi, Israele si trasforma in un paradosso diviso tra una parte della popolazione che si ritiene scettica e critica nei confronti del primo ministro Netanyahu e un'altra parte il cui sostegno alla guerra rimane ancora ben saldo. A quasi quattro mesi dall’inizio delle operazioni militari israeliane su Gaza, l’esercito si avvia a intensificare raid aerei nel sud della striscia vicino al varco di Rafah, incuranti delle persone che vi vivono. Secondo il Sottosegretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite agli affari umanitari e coordinatore degli aiuti di emergenza Martin Griffiths: “Gaza è diventata un luogo di morte e disperazione”. Qui le famiglie dormono all’esterno, i centri medici sono costantemente attaccati e quelli che ancora resistono devono fare i conti con gravi mancanze di rifornimenti.

A denuncia delle presunte gravi violazioni commesse dalla risposta militare di Israele contro la Striscia di Gaza, oltre 800 diplomatici e funzionari, sia americani che europei, hanno sottoscritto un documento di accusa nei confronti del governo israeliano. Al suo interno le personalità politiche incolpano lo stato non solo di “gravi violazioni del diritto internazionale” ma anche l’Occidente per aver contribuito a “una delle più gravi catastrofi umanitarie del secolo”. La richiesta principale del documento verte su una reazione più decisa degli stati che, non intervenendo, rischiano di rendersi complici di “gravi violazioni del diritto internazionale, crimini di guerra e persino pulizia etnica o genocidio”. Per definizione, il genocidio è un crimine internazionale qualificato dalla Convenzione sulla prevenzione e repressione del crimine di genocidio del 1948 come un atto commesso con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. Secondo il diritto, la norma che pone il divieto di genocidio è riconosciuta come norma cogente dell’ordinamento internazionale, ossia come norma non derogabile.

Nella dichiarazione, della quale non sono stati resi noti i nomi dei firmatari, Israele viene accusata di non avere “nessun limite” nelle sue operazioni militari, azioni che hanno provocato decine di migliaia di morti civili oltre a un blocco degli aiuti umanitari. Il documento è stato fatto filtrare tramite una copia alle testate giornalistiche Bbc nel Regno Unito e New York Times negli Stati Uniti. Secondo la Bbc, oltre a personalità americane il testo è stato firmato da funzionari di diversi Paesi d’Europa, tra cui Regno Unito, Germania e Francia. Secondo quanto dichiarato da un funzionario americano che per più di venticinque anni ha operato nella sicurezza nazionale, la decisione di rendere pubblico il documento è stata dettata dal continuo rifiuto da parte degli Stati interessati di lasciar esporre persone specializzate nelle dinamiche mediorientali per ragioni politiche e ideologiche.

Tra le firme troviamo uno dei migliori scienziati israeliani, il Professor David Harel, membro della Royal Society, e molti altri tra cui accademici, ex diplomatici, giornalisti e attivisti. Il documento è rappresentato dall’avvocato per i diritti umani Michael Sfard ed elenca un alto numero di persone che hanno incitato ai crimini di guerra, tra cui ministri di gabinetto e membri della Knesset, ossia il parlamento israeliano, ex alti ufficiali militari, influencer e celebrità. Inoltre, raccoglie commenti da parte di parlamentari, come quello di Yitzhak Kreuzer, politico israeliano di estrema destra, il quale afferma che “la striscia di Gaza dovrebbe essere rasa al suolo, e per tutti loro c’è solo una sentenza, ed è la morte”. Sfard si è mostrato sbalordito dalla velocità con cui gli incitamenti al genocidio sono stati normalizzati a Israele. E da qui nasce, secondo lui, uno dei più grandi problemi di questo atteggiamento, ossia il fatto che le persone tenderanno a comportarsi secondo le idee rilasciate attraverso questo ragionamento. Come sottolineato nel documento, il linguaggio con cui il genocidio viene descritto e raccontato influenza il modo in cui Israele conduce la guerra stessa.

In un contesto dove il prezzo, da mesi, viene pagato da più di 2 milioni di persone che ogni giorno subiscono attacchi e ai quali viene ripetutamente negato l’apporto di aiuti umanitari sufficienti, nessun posto è più sicuro. La precarietà tocca vari livelli, soprattutto per i bambini che da quattro mesi non hanno libero accesso a cibo, acqua ed educazione. Una generazione intera di minori traumatizzata da una guerra che non accenna a finire. Un aspetto, questo, che risulta fondamentale nella lettera firmata dalle 800 personalità. Robert Ford, ex ambasciatore americano in Algeria e Siria ha dichiarato che, in oltre 40 anni della sua esperienza di politica estera, non era mai venuto a contatto con un livello di dissenso così alto. Un dissenso al quale, poco dopo la pubblicazione del documento, si è unito anche il Sudafrica presentando ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja e accusando Israele di “condotta genocida". 

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L'Autore

Chiara Giovannoni

Chiara Giovannoni, classe 2000, è laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Università di Bologna. Attualmente frequenta il corso di laurea magistrale in Strategie Culturali per la Cooperazione e lo sviluppo presso l’Università Roma3.

Interessata alle relazioni internazionali, in particolare alla dimensione dei diritti umani e alla cooperazione.

E’ volontaria presso un’organizzazione no profit che si occupa dei diritti dei minori in varie aree del mondo.

In Mondo Internazionale ricopre la carica di autrice per l’area tematica Diritti Umani.

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Diritti Umani

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Palestina Israele genocidio corte internazionale di giustizia violazioni aiuti umanitari