Anche gli Stati possono estinguersi

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  Filippo del Monte Alia
  02 luglio 2023
  5 minuti, 21 secondi

Il mare si alza…

È ormai risaputo che il crescente innalzamento del livello del mare porterà alla scomparsa di diverse terre emerse ma quanto siamo consapevoli del fatto che porterà alla scomparsa di interi Stati? Dal 1880 ad oggi il livello delle acque marine si è alzato di 20 centimetri e ogni anno si alza di 3,2 millimetri; se si continua di questo passo, entro il 2050 si raggiungeranno i 30 centimetri di innalzamento. 

Questi dati potrebbero sembrare più che trascurabili, ma un aumento di anche soli pochi centimetri può avere risultati catastrofici, tra cui la perdita di territori di grande estensione, la contaminazione di falde acquifere, l'infertilità di terreni agricoli, oltre a eventi meteorologici estremi accompagnati da siccità e seguiti dalla distruzione di centinaia di tipi di habitat. Tutto ciò avrà un impatto devastante sulla vita di milioni di persone, a cominciare da chi perderà la propria casa.

Le isole Tuvalu: uno Stato a rischio di estinzione

Uno degli Stati maggiormente colpiti dai crescenti livelli del mare sono le isole Tuvalu, un piccolo arcipelago di circa 26 chilometri quadrati composto da nove isole e situato in mezzo all’Oceano Pacifico tra le Hawaii e l’Australia. Per uno Stato che si trova a un massimo di 4,5 metri sopra il livello del mare, se quest’ultimo si alza anche solo di 20 o 30 centimetri, le conseguenze sono gravissime. Se il cambiamento climatico non viene mitigato, entro il 2100 il 95% dell’arcipelago sarà sommerso: la data può sembrare lontana, eppure la situazione diventerà ingestibile già da molto prima. Infatti, nel 2050metà del territorio della capitale Funafuti verrà completamente sommerso. Un esempio del pericolo corso da Funafuti è il punto in cui a rimanere fuori dall’acqua è una striscia di terra larga solamente 20 metri, il resto è andato perduto.

La differenza percepita adesso nella vita quotidiana rispetto a 20 anni fa è evidente: il costo della vita è in netto aumento, siccome le crescenti temperature rendono sempre più difficile coltivare il terreno, che è compromesso dalle infiltrazioni di acqua salata sulle isole, e l’Oceano Pacifico è sempre più povero di pesce; inoltre, l’arcipelago è sempre più soggetto a eventi metereologici estremi come i tifoni e a ondate di caldo che gli abitanti definiscono insopportabili. Non è così raro sentire storie di chi si è trovato immerso fino alle ginocchia nell’acqua, che viene facilmente assorbita e poi rigettata dal suolo poroso delle isole, mentre si trovava nella propria abitazione.

Abbandonare la nave?

Sono in molti, circa un quinto - secondo i dati raccolti dal The Guardian -,  gli isolani che hanno deciso di emigrare. La maggior parte in Nuova Zelanda, isole Fiji o Australia, e la popolazione, già di piccole dimensioni, ammonta a circa 12.000 persone e si riduce di anno in anno. Sono soprattutto i giovani coloro che lasciano le Tuvalu per studiare o lavorare all’estero e costruirsi una vita in un Paese che non rischia di scomparire dalle mappe entro la fine del secolo. Non tutti però vogliono andarsene. Il governo ha infatti iniziato a sviluppare delle contromisure per impedire che le isole vengano sommerse e recuperare nuovi territori. Si tratta del Tuvalu Coastal Adaptation Project (TCAP), ovvero, un progetto di adattamento al cambiamento climatico che ha lo scopo di proteggere e adattare le isole al crescente livello dei mari, impedendone così la scomparsa. Attualmente, l'obiettivo è recuperare dal mare 3,6 chilometri quadrati di territorio edificabile ed evacuarvi gli abitanti delle zone maggiormente a rischio, utilizzando una strategia simile a quella adottata dal governo di Singapore per espandere il territorio della città nelle ultime decadi.

Singapore: un esempio da seguire?

Sin dalla sua indipendenza, ottenuta nel 1965, la piccola città ha guadagnato circa 137 chilometri quadrati di superficie, che ora ammonta a un totale di 714 chilometri quadrati. Il segreto? L'importazione di migliaia di tonnellate di sabbia da altri Stati o usare i materiali di scarto delle opere pubbliche per “riconquistare” terre dal mare, e il tutto grazie a un immenso sforzo economico e gestionale del governo, ossia del Partito Popolare d’Azione, l'unico partito che può partecipare alle elezioni e che governa Singapore dal 1965.

Creare nuovi territori è soltanto uno dei progetti colossali che il PPA ha in mente per sfruttare al meglio il proprio. Si può, tuttavia, considerare un esempio praticabile per tutti? La risposta immediata è no, e il primo motivo è il costo che tutti questi progetti colossali comportano e che Singapore si può permettere grazie alla sua economia più che florida, senza contare che il suo modello politico - pur favorendo un’azione più rapida ed efficiente che in altri Stati - non si può definire pienamente democratico. Resta comunque il fatto che le soluzioni trovate al problema della penuria di terre possono essere uno spunto per una nazione come le Tuvalu se, come nel caso del TCAP, vengono forniti i fondi necessari.

Uno Stato digitale?

Nel caso l’arcipelago dovesse scomparire per sempre dalle mappe, esiste un piano quasi fantascientifico per preservare la cultura delle Tuvalu, così come i suoi luoghi, il suo status di Stato-nazione e l’identità del suo popolo. Oltre a star prendendo misure per evitare l’evacuazione degli atolli, il governo sta anche perseguendo una politica di digitalizzazione sia delle funzioni governative sia delle isole vere e proprie grazie all’uso di immagini satellitari. Qualora in futuro i cittadini di Tuvalu venissero dispersi per il mondo, potrebbero sempre ritrovare la patria perduta e i suoi monumenti storico-culturali più importanti grazie alla realtà virtuale mentre il governo continuerebbe a funzionare digitalmente.

… Ma c’è speranza.

I problemi dettati dall’innalzamento dei mari sono numerosissimi e ogni caso è diverso dagli altri. In una situazione simile alle Tuvalu, che sono “solo” un esempio molto significativo, si trovano innumerevoli altri arcipelaghi, come le Maldive, le Isole Marshall e anche l’Indonesia, la quale sta costruendo una nuova capitale per sostituire Giacarta, che in futuro verrà sommersa. Sappiamo quindi che delle soluzioni sono possibili e ne è la prova il TCAP ideato sul modello di Singapore e supportato economicamente dall’ONU. Occorre però che questi progetti di adattamento trovino i finanziamenti necessari e che il mondo cambi rotta in fretta, combattendo il cambiamento climatico non solo per il bene degli abitanti di qualche atollo, ma per il bene di noi tutti.

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Fonti utilizzate nell’articolo:

Fonte immagine: https://www.pexels.com/it-it/foto/nuvole-bianche-1450355/

https://www.climate.gov/news-features/understanding-climate/climate-change-global-sea-level#:~:text=Global%20mean%20sea%20level%20has,of%20seawater%20as%20it%20warms.

https://www.theguardian.com/global-development/2019/may/16/one-day-disappear-tuvalu-sinking-islands-rising-seas-climate-change

https://www.theguardian.com/world/2023/jun/27/tuvalu-climate-crisis-rising-sea-levels-pacific-island-nation-country-digital-clone

https://dfa.gov.tv/index.php/future-now-project/

https://www.nationalgeographic.it/ambiente/il-livello-del-mare-aumenta-che-cosa-succedera-nei-prossimi-30-anni#:~:text=Il%20livello%20medio%20del%20mare,30%20cm%20entro%20il%202050

https://tcap.tv/news/2022/11/14/tuvalu-presents-long-term-adaptation-plan-ltap

https://www.nytimes.com/2017/04/20/magazine/how-singapore-is-creating-more-land-for-itself.html

https://www.ilo.org/dyn/migpractice/docs/261/Pacific.pdf

https://www.nytimes.com/interactive/2023/05/16/headway/indonesia-nusantara-jakarta.html

https://www.undp.org/pacific/projects/tuvalu-coastal-adaptation-project

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