Argentina: una guerra persa nella lotta alla crisi economica

Le misure restrittive di Milei per la diminuizione dell'inflazione

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  Elisa Modonutti
  29 marzo 2024
  4 minuti, 16 secondi

L’Argentina, pur essendo una delle maggiori economie del continente Sudamericano, ha vissuto, negli ultimi decenni, periodi di profonda crisi economica, alta inflazione e disoccupazione. La storia di questo Paese ha visto susseguirsi a partire dagli anni Settanta, non solo situazioni di recessione, ma anche fasi di default ciclici. La bilancia dei pagamenti del Paese, infatti, non è mai riuscita ad avere fino ad oggi un saldo strutturale che lo tenga al sicuro dalla bancarotta. Nonostante il susseguirsi di diversi indirizzi politici alla guida del Paese, dal neoliberismo estremo, al populismo, passando anche per una parentesi di radicalismo negli anni Ottanta, i problemi economici sono rimasti consistenti. Numerosi sono stati i prestiti del Fondo Monetario Internazionale, così come pure le strategie di nazionalizzazione intraprese dai vari esecutivi.

Oltre alla questione del deficit pubblico e di una bilancia dei pagamenti sempre in profondo deficit, la nazione vive perennemente anche fasi di grave inflazione, problema principale dell’economia argentina e che ha portato anche alla caduta di numerosi Governi.

Le crisi economiche frequenti, insieme alla crisi finanziaria che si è abbattuta sul Paese all’inizio del Ventunesimo secolo, hanno fatto sì che negli ultimi 25 anni il Pil pro-capite argentino sia cresciuto meno rispetto ai Paesi confinanti.

Osservando i dati relativi al quarto trimestre del 2023, è emerso come la crescita del Pil nazionale si sia ridotta dell’1,4% rispetto ai dati del 2022, sottolineando come le prospettive di sviluppo del Paese rimangano nebulose.

Durante il 2023, tre trimestri su quattro hanno visto un declino nella crescita del Pil, andando a creare delle ardue sfide riguardo alla gestione dell’economia nazionale per il neoeletto presidente libertario Javier Milei, il quale, appena salito in carica a dicembre 2023, ha emanato severe norme di austerità economica. Il Presidente aveva già fatto slogan, durante la campagna elettorale, della sua volontà di adottare misure restrittive per quanto riguarda gli investimenti statali, promettendo tagli al bilancio dello Stato, cancellazione di tutti gli aiuti sociali, soppressione dei ministeri della Sanità, dell’Istruzione, dello Sviluppo sociale, proponendo perfino la dollarizzazione dell’economia.

Tra le misure di austerity messe in atto, quella che ha impattato maggiormente sull’economia del Paese è stata la svalutazione della moneta nazionale, ossia il peso argentino, il cui valore è sceso del 50% rispetto al dollaro americano. Se infatti durante il 2023 il cambio ufficiale era fissato a 360 pesos per un dollaro, la svalutazione di Milei ha fatto sì che oggi ci vogliano ben 800 pesos per acquistare un dollaro.

Le motivazioni dietro alla pesante svalutazione effettuata dal nuovo Presidente vedono le loro radici nell’inflazione galoppante che perseguita il Paese e che fa sì che il peso sia una moneta di scarso valore d’acquisto. Proprio per questa ragione, i cittadini cercano sempre di più di usare per le proprie transazioni quotidiane i dollari, che reperiscono spesso presso il mercato nero dei cambi, dove viene scambiato il cosiddetto dólar blue a un tasso di cambio ben maggiore di quello ufficiale, circa 1.100 pesos per un dollaro.

Milei, quindi, attraverso le misure restrittive, spera di poter avvicinare il cambio ufficiale a quello clandestino, in un tentativo di diminuzione dei cambi illeciti.

Lo scopo principale di tale misura restrittiva, tuttavia, non è la questione del mercato nero dei cambi, bensì un raffreddamento nel medio periodo dell’economia, con un calo di consumi e soprattutto di importazioni estere, in modo che tutte le dinamiche connesse all’aumento dei prezzi e dell’inflazione si interrompano.

Il Paese, infatti, vede ormai raggiunta un’inflazione a tre cifre, tanto che i dati pubblicati a inizio gennaio 2024, mostrano come l'Argentina abbia raggiunto un’inflazione record del 211,4% nel 2023.

Nel breve periodo, tuttavia, le misure restrittive hanno conseguenze tragiche sui consumi: a causa della pesante svalutazione del peso argentino, infatti, le importazioni sono diventate più costose di prima. Quindi, per un Paese che dipende fortemente dalle importazioni, come l’Argentina, queste misure hanno fatto sì che il costo generale della vita sia aumentato notevolmente.

Non c’è da sorprendersi, dunque, se molti prodotti esteri hanno subito un crollo delle proprie vendite nel territorio argentino. Per citare un esempio, l’acquisto di Coca Cola, ha visto un calo del 30% a gennaio, del 20% a febbraio e del 40% a marzo.

Per Milei le misure messe in atto anche se “spaventose”, saranno un “successo fenomenale” nella lotta all’inflazione. I risultati, secondo le parole del Presidente, dovrebbero vedersi entro un periodo che va “dai dodici ai ventiquattro mesi”.

Attualmente, tuttavia, la situazione dell’inflazione (l’Osce prevede che a fine 2024 potrebbe raggiungere il 250%) e dell’economia argentina si presenta tutt’altro che rosea, in aggiunta a ciò circa il 40% degli abitanti vive sotto la soglia di povertà, ragion per cui l’aumento del costo della vita è e rimarrà un grave problema per la maggior parte della popolazione.

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L'Autore

Elisa Modonutti

Studentessa di Scienze internazionali e diplomatiche, amante della lettura, dei viaggi e con una curiosità innata di scoprire il mondo che ci circonda

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Argentina Inflazione Javier Milei crisi economica deficit economico riduzione consumi