Sabato 6 gennaio il Segretario di Stato americano Antony Blinken è partito con una delegazione per un viaggio tra i paesi del Medio Oriente, tra cui Turchia, Grecia, Cisgiordania, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Qatar e Israele, con lo scopo di calmare le tensioni che stanno minacciando di amplificare il caos e di portare ad un conflitto generalizzato in tutta l’area.
Questa missione diplomatica è per gli Stati Uniti di fondamentale importanza in quanto all’inizio della guerra i partner americani erano parsi molto più morbidi nel rispettare la politica statunitense verso l’alleato israeliano, mentre ora, a quasi quattro mesi dall’inizio della guerra e dopo innumerevoli morti civili, i malcontenti cominciano ad essere decisamente più diffusi.
Molte sono state quindi le aspettative che hanno accompagnato Blinken e la sua delegazione, intenta a spostarsi giornalmente da un paese mediorientale all’altro per intraprendere colloqui con le più alte cariche di stato.
Sabato il Segretario di Stato americano ha incontrato il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan ad Istanbul, in un meeting durato più di un’ora, il quale ha presentato la volontà di utilizzare l’influenza turca nella regione per prevenire l’allargarsi del conflitto e l’intenzione di ottenere un ruolo centrale nella gestione del territorio della Striscia di Gaza nel post-guerra. Fonti turche riportano inoltre la richiesta del leader turco di ordinare un immediato cessate il fuoco a Gaza per permettere un invio più sicuro ed efficace degli aiuti umanitari.
La sera stessa Blinken è volato a Creta dove ha parlato di una delle più grandi preoccupazioni per l’amministrazione Biden: a seguito dell’attacco israeliano a Dahiyeh, che ha portato all’uccisione di uno dei principali ufficiali di Hamas, Saleh al-Arouri, i dissapori tra Lebano e Israele si sono sempre più acuiti. Il Lebano ha infatti risposto lanciando dei missili nel territorio settentrionale israeliano, che ha subito organizzato dei raid aerei contro le forze militari di Hezbollah. “Vogliamo fare tutto il possibile onde evitare che ci sia un’escalation” ha detto Blinken durante un’intervista, prima di ripartire.
Domenica il Top Diplomat americano è arrivato a Doha, in Qatar. Durante la conferenza stampa il Primo Ministro Sheikh Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, in risposta alla preoccupazione presentata da Blinken riguardo la possibile esplosione del conflitto generalizzato a causa della grande tensione regionale, ha dichiarato di non considerare l’azione militare come una soluzione perché potrebbe portare ad un “loop infinito” di tensioni e violenze, ma di ricercare una soluzione legittimata e pacifica.
Blinken ha risposto presentando il piano dell’amministrazione Biden atto a contrastare la crescente instabilità: questo piano si basa sulla distensione della politica israeliana a Gaza e sulla creazione di una pace “duratura” per i palestinesi grazie alla collaborazione degli stati arabi. “Gli Stati Uniti hanno una visione sul come arrivarci, un approccio regionale che porta ad una salda sicurezza per Israele e uno stato per il popolo palestinese” ha dichiarato, aggiungendo poi: “dalle discussioni avute finora, posso dire che i nostri partner sono intenzionati a intraprendere queste ardue discussioni e a prendere queste difficili decisioni”.
Infine, i diplomatici hanno analizzato la questione degli aiuti umanitari: “troppi civili palestinesi stanno soffrendo a causa dell’insufficienza di cibo, acqua, medicine e altri beni di prima necessità” ha esposto Blinken durante il meeting, “Noi stiamo continuando a presentare al governo israeliano la necessità di fare tutto il possibile per facilitare gli aiuti umanitari a Gaza e sarà proprio quello che farò quando arriverò in Israele”.
Lunedì la delegazione americana ha incontrato il Principe saudita Mohammed bin Salman, con il quale Blinken ha instaurato una profonda discussione sull’impegno nel creare una Striscia di Gaza stabile e rinvigorita nel post-guerra. Arrivato a quel punto del viaggio, ha inoltre dichiarato di voler “condividere con il leader israeliano” tutto quello che era stato discusso fino ad allora per ricercare un percorso per una pace sicura e duratura.
Questa condivisione è stata possibile quando, il martedì, i diplomatici americani si sono recati a Tel Aviv, Israele, dove hanno incontrato il Premier Benjamin Netanyahu e il Presidente Isaac Herzog. Qui Blinken, oltre a presentare la pressante necessità di facilitare gli aiuti umanitari, ha riportato l’intenzione dei leader arabi di aiutare alla ricostruzione di Gaza attraverso “un approccio regionale che includa un percorso verso la creazione di uno stato palestinese” e ha sottolineato il rigetto del governo americano a questioni come l’occupazione o la riduzione del territorio palestinese. Nel farlo ha inoltre condannato due membri dell’estrema destra del gabinetto israeliano che avevano proposto di scacciare tutti i palestinesi dalla Striscia di Gaza in maniera definitiva.
Tra luci e ombre, la missione diplomatica di Blinken ha però incontrato anche forti opposizioni: un esempio è stato il freddo benvenuto ricevuto in Cisgiordania il mercoledì, quando un gruppo di protestanti ha preparato cartelli con scritte come “stop the genocide”, “free Palestine” o “Blinken out”.
Un clima simile si comincia ormai a respirare anche in madrepatria: migliaia di cittadini americani sono infatti scesi per le strade di Washington domenica 14 gennaio per protestare contro le morti dei civili palestinesi, ormai più di 24mila dall'inizio della guerra, e per richiedere un immediato cessate il fuoco.
Una situazione ormai più che spinosa per l’amministrazione Biden, che deve quindi dimostrare l’efficacia della politica diplomatica attuata dal Segretario di Stato non solo ai detrattori degli Stati Uniti ma anche ai partner e ai cittadini americani stessi.
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L'Autore
Lorenzo Graziani
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