Ci siamo scordati della Siria?

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  Valentina Ruaro
  11 settembre 2023
  5 minuti, 21 secondi

Negli ultimi decenni, la storia è stata segnata da molteplici crisi umanitarie, con caratteristiche comuni tra loro. Questi tratti distintivi includono la presenza di conflitti armati sul territorio, l'incapacità delle istituzioni di mantenere ordine e stabilità, e la tendenza ad essere rapidamente dimenticate dall'opinione pubblica internazionale, perdendo rilevanza come notizia. La Siria rappresenta un esempio emblematico di questa tendenza. Attualmente, il Paese affronta una delle peggiori crisi umanitarie dell'ultimo secolo, purtroppo spesso trascurata.

Tutto ha avuto inizio nel 2011 quando in Siria è scoppiata una guerra civile che ha diviso il Paese in diverse aree di controllo e influenza. Oltre alle complesse dinamiche politiche interne, la principale vittima di questo conflitto è stata la popolazione civile. Per dare un'idea della gravità della situazione, dal 2020 il numero di persone bisognose di assistenza è aumentato del 30%, superando i 15 milioni.

A complicare ulteriormente la situazione, nel febbraio del 2023 un terremoto di magnitudo 7.8 ha colpito la Siria e la Turchia, coinvolgendo 8.8 milioni di persone in Siria. Questo evento ha aggiunto un livello di complessità drammatica all'equazione. In Siria più di 330,000 persone sono state costrette a fuggire dalle loro case. La situazione è resa ancora più difficile per le famiglie che vivono nei campi profughi, dove si verificano episodi di violenza di genere e si pone a rischio la salute mentale degli sfollati. Dal 2012 la metà della popolazione sfollata della Siria settentrionale ha vissuto in campi profughi con gravi carenze infrastrutturali, mancanza di elettricità, acqua potabile, servizi sanitari e istruzione. Questo si collega ad un problema di natura politica, di cui si è già parlato in precedenza nell’articolo "Siria, un Paese in guerra e senza soccorsi”, che è l’impossibilità fisica riscontrata dalle organizzazioni internazionali, come le Nazione Unite, di accedere ai territori delle aree ribelli del Nord-Ovest, quelle maggiormente devastate dal terremoto e dalla guerra civile, a causa di un fenomeno caratterizzante il regime di Bashar al-Assad: la politicizzazione degli aiuti.

Attualmente, la Siria fatica a intravedere un futuro migliore rispetto al presente. Recentemente, alcune città della Siria meridionale, come Suwayda e Daraa, sono state teatro di proteste anti-governative. Queste proteste sono state accompagnate da attacchi sporadici da parte dello Stato Islamico nelle regioni centro-orientali e da un aumento dei bombardamenti aerei e di artiglieria nel nord-ovest. Le manifestazioni contro il governo di Damasco includono slogan ostili contro il regime presieduto da Bashar al-Assad. Tuttavia, è importante notare che è improbabile che queste proteste, sebbene rilevanti, abbiano un impatto significativo sul regime di Damasco.

Daraa è principalmente interessata alle difficili condizioni economiche nel Paese, aggravate dall'annuncio di Damasco dell'abolizione dei sussidi sui carburanti, che ha causato un aumento dei prezzi delle merci di consumo in tutto il Paese, comprese le aree fuori dal controllo del regime. Suwayda, d'altra parte, protesta apertamente contro Damasco e ha una retorica anti-regime, ma in realtà non minaccia l'ecosistema di potere centrato sul governo centrale. Allo stesso tempo vi sono stati scioperi e serrate dei negozi in molte città siriane, da Homs ad Aleppo, da Damasco a Hama. Tuttavia, queste proteste non sono state in grado di unirsi in un'iniziativa nazionale coesa, a causa della frammentazione territoriale, sociale, politica ed economica causata dalla guerra e dalla polarizzazione ideologica e culturale presente in Siria.

Tutto ciò solleva la legittima domanda sulle prospettive di pace in Siria. Sembra che oggi in Siria nessuno voglia alterare in maniera determinante il delicato equilibrio raggiunto dopo oltre un decennio di conflitto militare e politico. Recentemente, l'aviazione russa ha intensificato i bombardamenti contro i miliziani del Comitato di Liberazione del Levante (HTS) nella regione di Idlib, provocando la reazione di HTS e altri gruppi armati che popolano fuori dal controllo di Damasco. Tuttavia, né HTS, né la Siria e il suo alleato russo intendono cambiare l’equazione politica e militare a Idlib. Lo status quo strategico sembra far comodo ad entrambe le parti, prive delle necessarie risorse per occupare o gestire lo spazio eventualmente conquistato alla controparte rivale. Nel mentre la popolazione civile rimane la vittima. 

A livello internazionale, c'è stata una ripresa delle relazioni politiche e diplomatiche tra la Siria e i Paesi Arabi, con l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti che mostrano un interesse economico nella ricostruzione del Paese. L’intervento di Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti in Siria ha una motivazione di sfondo economico, più che di stabilizzazione e ricostruzione dello Stato siriano. Sebbene l’ambasciata saudita nella capitale siriana non abbia ancora riaperto i battenti, l’ingresso di società saudite, come la Seven Wells for Phosphate Investment LLC, nel settore dei fosfati siriani indica un graduale disgelo finanziario tra i due Paesi e non un interesse nello stabilizzare lo Stato siriano.

L'Unione Europea resta uno dei principali donatori per l'assistenza umanitaria in Siria attraverso la Direzione Generale per la protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario europee (DG ECHO). Nonostante questo supporto su larga scala, la ricostruzione delle infrastrutture essenziali in Siria, come le strutture sanitarie, le scuole e gli impianti di trattamento dell'acqua, rimane una sfida monumentale per raggiungere la stabilità necessaria per garantire interventi umanitari adeguati. L'UE cerca di collaborare con le comunità locali per promuovere la resilienza e investe nella formazione del personale locale per garantire una rinascita del Paese nel lungo termine. Questo impegno è cruciale oltre alla fornitura di assistenza finanziaria diretta, poiché offre una prospettiva di speranza per il futuro della Siria.

In conclusione, la guerra in Siria deve continuare a essere una priorità di risonanza globale. La comunità internazionale deve impegnarsi nella ricerca di un compromesso che consenta di mediare tra le fazioni in conflitto e, di conseguenza, avviare il cruciale processo di ripristino delle infrastrutture. Nel cuore di questa opera di ricostruzione, la protezione e il benessere della popolazione civile devono restare al centro delle preoccupazioni dei leader politici siriani. È essenziale che gli interessi economici e politici siano momentaneamente accantonati a favore del bene comune. Dopo la devastante catastrofe del terremoto nel febbraio del 2023, la priorità indiscussa deve essere la ricostruzione del territorio, con l'obiettivo di forgiare uno Stato stabile e resiliente per il futuro.

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Fonti utilizzate per il presente articolo:

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    L'Autore

    Valentina Ruaro

    Sono laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Bologna e attualmente sto frequentando il corso di laurea magistrale in Studi sulla Sicurezza, l'Intelligence e la gli studi strategici, con un percorso accademico che include prestigiose istituzioni come l'Università di Glasgow, l'Università di Trento e l'Università Karlova di Praga.

    Nel campo accademico, collaboro come autrice per Mondo Internazionale, affrontando temi fondamentali sul ruolo delle organizzazioni internazionali, con particolare attenzione all’Unione Europea e alla NATO. Inoltre, per coinvolgere un pubblico più ampio, produco anche contenuti su Instagram per MI Post. Attualmente, sto svolgendo un tirocinio presso il NATO Defense College a Roma, dove approfondisco le mie competenze nell'ambito dell'educazione, della sicurezza e della difesa.

    Ho maturato esperienza nel settore della ricerca lavorando per l'European Army Interoperability Centre di Bruxelles, concentrandomi sull'interoperabilità degli stati membri e sul ruolo esterno dell’UE.

    I miei interessi ruotano attorno alla geopolitica, alla CSDP dell'UE, alla difesa NATO, con un focus geografico sulla regione Euro-Atlantica e il Medio Oriente, in particolare la Siria.

    Motivata dall'empatia e da una determinazione incessante per il cambiamento, sono pronta a continuare a plasmare conversazioni e azioni nel campo della sicurezza internazionale e della difesa.

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    I hold a Bachelor's degree in International Relations and Diplomatic Affairs from the University of Bologna, and I am currently pursuing a Master's degree in Security, Intelligence, and Strategic Studies. My academic journey includes esteemed institutions such as the University of Glasgow, the University of Trento, and Charles University in Prague.

    Within the academic realm, I collaborate as an author for Mondo Internazionale, addressing pivotal topics concerning the roles of international organisations, particularly focusing on the European Union and NATO. Additionally, I engage a broader audience by creating content on Instagram for MI Post. I am currently interning at the NATO Defense College in Rome, further honing my skills in the education, security, and defence sectors.

    I have gained research experience while working at the European Army Interoperability Centre in Brussels, where I focused on member states' interoperability and the EU's external role.

    My interests revolve around geopolitics, EU Common Security and Defence Policy (CSDP), and NATO defence, with a geographical focus on the Euro-Atlantic region and the Middle East, specifically Syria.

    Driven by empathy and an unwavering determination for positive change, I am prepared to continue shaping discussions and actions in the field of international security and defence.

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    Siria crisi umanitaria UN EU