Come il cambiamento climatico impatta sulla sicurezza alimentare delle donne nel mondo

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  Sara Scarano
  04 ottobre 2021
  5 minuti, 40 secondi

La definizione di sicurezza alimentare offerta dalla Food and Agriculture Organization (FAO) indica non solo la possibilità di accesso al cibo, nonché la disponibilità stessa di questo, ma ingloba anche il concetto di distribuzione delle risorse necessarie alla produzione alimentare ed il possesso di un sufficiente potere d’acquisto per comprare alimenti nei luoghi in cui questi non siano direttamente prodotti. Sempre secondo tale definizione, sono cinque gli aspetti chiave della sicurezza alimentare: adeguatezza del quantitativo di risorse, disponibilità di esse, stabilità (ovvero la possibilità per le persone di avere sufficiente cibo in seguito a shock come disastri naturali), utilizzo (l’effettivo valore nutrizionale), e sicurezza nella conservazione degli alimenti.

Il cambiamento climatico impatta negativamente proprio su questi cinque pilastri, imprimendo una modifica alla produzione alimentare che ne distorce la disponibilità, creando disastri che mettono a rischio la stabilità, ed alterando l’utilizzo degli alimenti, dando così origine a malattie quali malaria o colera, impedendo in tal modo alle persone di continuare ad utilizzare le risorse a disposizione in maniera efficace. L’accesso stesso al cibo subisce l’influenza di conseguenze secondarie al cambiamento climatico, quali conflitti, migrazioni e oscillazioni di prezzo.

In generale, il cambiamento climatico rappresenta una forte minaccia per la sicurezza alimentare, in quanto rende estremamente difficoltosa l’agricoltura tramite inondazioni, siccità o cambiamento significativo delle temperature stagionali. L’effetto di un innalzamento dei gradi in alcune regioni porta alla modifica dei cosiddetti “servizi ecosistemici”, tra cui acqua pulita e fertilità del suolo. Inoltre, i fenomeni atmosferici estremi che si verificano sempre più di frequente porteranno – e stanno portando tutt’ora – ad un aumento dei fenomeni migratori.

Già nel 2012 la FAO stimava che approssimativamente 3.1 miliardi di individui, allora circa il 45% della popolazione globale, vivevano in aree rurali, e di queste circa 2.5 milioni dipendevano dall’attività agricola come fonte di sostentamento. Di questo numero, circa 500 mila sono donne, le quali non possiedono alcun diritto di proprietà sulla terra che coltivano – garantito invece alla controparte maschile in quanto considerata figura a capo del nucleo familiare – e ricevono solo circa il 5% delle risorse necessarie all’agricoltura. Tuttavia, sono proprio le donne ad avere un ruolo cruciale per i primi quattro dei cinque pilastri della sicurezza alimentare: secondo la FAO (2011), se le donne avessero lo stesso accesso a risorse cruciali quali credito e terreni coltivabili, la produzione agricola media su scala nazionale potrebbe aumentare dal 2.5% al 4%, con una riduzione della percentuale di malnutrizione che oscilla tra il 12% e il 17%.

Per meglio comprendere il motivo di tale disparità, è necessario riconoscere l’esistenza di differenze di genere sia nella produzione alimentare che nella gestione delle risorse: mentre gli uomini sono spesso responsabili delle attività di disboscamento dei campi, combustione e pulitura, le donne sono specializzate nella sarchiatura, nel trapianto, nel lavoro post-raccolta e, in alcune aree, nella preparazione del terreno. Entrambi, poi, partecipano alla semina e alla raccolta. In molti paesi le donne sono anche responsabili della pesca in acque poco profonde, della produzione di colture secondarie, della raccolta di cibo e legna da ardere, della lavorazione, della conservazione e della preparazione del cibo per il nucleo familiare, e del recupero dell'acqua.

Ciononostante, le donne compongono la maggior parte di coloro che si vedono privati della sicurezza alimentare. L’accesso limitato alle risorse agricole ed un basso potere d’acquisto, unito ad una più generica condizione di deprivazione di diritti umani quali il diritto ad un lavoro dignitoso e ad un’educazione, sono la conseguenza evidente di un intreccio di varie componenti economiche, sociali e culturali che relegano le donne ad un ruolo di subordinazione, con la conseguenza di danneggiare anche lo sviluppo della società nel suo insieme.

In primis, il diritto di proprietà sulle terre che le donne stesse lavorano non viene garantito a causa di una mancanza di consapevolezza riguardo all’importanza di un approccio di genere nella gestione dei terreni agricoli. Infatti, un eguale controllo delle risorse rispetto alla controparte maschile porterebbe ad un incremento della produttività, anche a causa della vasta conoscenza delle attività agricole maturata dalle agricoltrici. Garantire l’accesso ad innovazioni tecnologiche, quali impianti di trasporto leggero per trasportare legna da ardere o prodotti agricoli, attrezzi agricoli a risparmio di manodopera, l'introduzione di mulini di macinazione e altre attrezzature per la lavorazione delle colture, è un passo cruciale per permettere alle donne una migliore gestione delle tempistiche e dar loro la possibilità di accedere ad attività lavorative fonti di reddito, oltre ad innalzare la qualità dei prodotti e garantire un miglioramento dell’apporto nutritivo della collettività.

Non sono tuttavia solo questi i motivi per cui attuare un approccio focalizzato sulle differenze di genere è importante: infatti, nell’individuare i danni causati il cambiamento climatico bisogna tener presente come essi abbiano conseguenze diverse per uomini e donne. Dal punto di vista della sicurezza alimentare, tra le donne si registra una percentuale più elevate di carenze nutrizionali a causa di diversi bisogni biologici, soprattutto per donne in gravidanza o alle prese con l’allattamento. La World Health Organization ha registrato [1] una percentuale tra il 45% ed il 60% di donne in età riproduttiva in sottopeso nel sud dell’Asia, mentre l’80% di donne incinte è affetta da carenze di ferro. Le carenze alimentari femminili sono spesso associate ad una prevalenza di anemia, problemi nella gravidanza e nel parto e una percentuale crescente di mortalità infantile prenatale. Inoltre, essendo costrette dai cambiamenti climatici ad allungare le tempistiche per la raccolta di acqua e legna nelle realtà rurali, ma dovendo contemporaneamente assolvere al loro ruolo di caregivers per bambini e anziani, donne e ragazze sono sempre più inclini a subire l’effetto di malattie legate allo stress, nonché ad avere sempre meno tempo a disposizione per la propria educazione. Non solo: in contesti devastati dal cambiamento climatico e dove le risorse alimentari scarseggiano, le donne corrono maggiormente il rischio di subire violenze.

Le soluzioni sembrano, quindi, vertere sulla necessità di prendere in considerazione le differenze di genere durante la creazione di policy atte a contrastare i rischi correlati al cambiamento climatico nell’agricoltura. Assicurare alle donne un eguale diritto di proprietà di terreni ed altre risorse cruciali all’agricoltura, nonché del diritto all’educazione e ad un lavoro dignitoso è necessario ad innalzare il livello di produttività, di qualità alimentare e di qualità della vita. Affinché ciò sia possibile, è necessario intervenire per riformare le leggi sulla proprietà fondiaria e sulla distribuzione delle terre, incluse leggi che si correlano al diritto di eredità ed al diritto matrimoniale, migliorare i servizi finanziari per garantire prestiti ed assicurazioni anche alle donne produttrici e imprenditrici, e, in ultimo, affinare le nuove tecnologie agricole per inglobare le necessità delle agricoltrici.

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Sara Scarano

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