COP27 in breve

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  Francesco Marchesetti
  28 novembre 2022
  5 minuti, 4 secondi

Che cosa è la COP?

Dal 6 al 18 novembre 2022 si è tenuta a Sharm El-Sheikh, in Egitto, la ventisettesima Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici. L’acronimo COP, con il quale i media indicano il vertice, sta per "Conferenza delle Parti": le “parti” in questione sono i Paesi firmatari della convezione Quadro delle Nazioni Unite Sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), che venne adottata nel 1994 da 196 Paesi e dall’Unione Europea. L’anno seguente, nel marzo 1995, si svolse a Berlino il primo meeting internazionale COP.

Le Conferenze delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici sono riconosciute fra gli incontri internazionali più importanti al mondo, e coinvolgono ai loro tavoli di discussione non solo funzionari governativi, ma anche rappresentanti delle società civili e dei media.

Dal 1995 ad oggi, gli effetti del cambiamento climatico – dovuto perlopiù all’inquinamento umano – provocano sempre più danni, scatenando catastrofi naturali, accelerando la desertificazione di alcune aree geografici e danneggiando irreversibilmente gli ecosistemi. Per tutte queste ragioni il cosiddetto climate issue è inserito in tutte le agende politiche internazionali di maggiore rilevanza, come ad esempio “SDGs Agenda2030” dell’ONU, ed i programmi nazionali.

Parlare di sostenibilità con annesse strategie di mitigations and adaptation può essere definito uno dei trend del momento, e le COP rappresentano un importante momento di confronto fra Stati, i quali dovrebbero trovare soluzioni attuabili su scala mondiale. Tuttavia, le difficoltà riscontrate durante le negoziazioni impediscono spesso l’ottenimento di risultati concreti.

La branca di Diritto Internazionale che riguarda le leggi ambientali si è sviluppata in tempi relativamente moderni ed è soggetta a molti dibattiti da parte degli esperti data la sua difficile applicazione. Ciò è dovuto principalmente alla difficoltà (e al grado di arbitrarietà) nell’individuare la responsabilità di un determinato Stato nel caso di un disastro ambientale o di un problema globale come l’inquinamento che coinvolge moltissimi attori, e non solo entità Statali.

Fra i passi avanti verso l’adozione di una risoluzione, la COP21 del 2015 svoltasi a Parigi ha rappresentato un punto di svolta nella lotta al cambiamento climatico, producendo l‘Accordo di Parigi entrato in vigore il 4 novembre 2016 e ad oggi ratificato da 194 Parti. L’Accordo di Parigi si propose di limitare l’innalzamento della temperatura, dovuto al riscaldamento globale, a meno di 1,5 gradi (soglia che è stata poi portata a 2 gradi) rispetto ai livelli preindustriali entro il 2030. L’obiettivo si sarebbe dovuto raggiungere lavorando su strategie quinquennali sempre più ambiziose, che i Paesi firmatari sono stati tenuti ad implementare.

La COP26 tenutasi a Glasgow nel 2021 si era conclusa con note positive: aveva registrato alcuni progressi relativamente agli impegni assunti dagli Stati a seguito dell’Accordo di Parigi, stabilendo perlomeno dei parametrici scientifici da rispettare. Lo stesso non si può certo dire della COP27, che non sembra aver portato vere soluzioni adatte per il lungo periodo e la tutela dell’ambiente per le future generazioni.

Le scarse premesse di COP27

È possibile risolvere un problema globale se non tutti gli Stati del mondo partecipano alle negoziazioni?

Le premesse con le quali si è arrivati a COP27 non erano delle migliori: l’assenza dei presidenti di Russia, India e Cina (quest’ultima responsabile del 33% delle emissioni di CO2 globali dato del 2021), non rassicuravano di certo sul rispetto delle misure che sarebbero state adottate.

Inoltre, la decisione di svolgere l’incontro in Egitto ha sollevato diverse polemiche da parte di attivisti e ONG, che accusano di essere stati esclusi dalla partecipazione alla COP27.

Durante la COP26 di Glasgow i cortei delle società civili hanno giocato un ruolo di rilevanza per il contatto fra popolazione e governi, mentre a Sharm El-Sheikh – dove manifestare in strada è illegale – le manifestazioni sono state rilegate ad un’area ristretta a ridosso del deserto e lontano dall’area dedicata ai giornalisti.

Ma il dato più preoccupante è quello che solo 29 Paesi su 194 hanno presentato aggiornamenti rigorosi sui piani nazionali per la riduzione dell’inquinamento ed il riscaldamento globale, il quale ad oggi ha raggiunto la temperatura media di circa 1,15 gradi sopra i livelli preindustriali (ovvero la temperatura media del periodo 1850-1900). Ogni anno, dal 2016 in avanti, è stato inoltre registrato un crescente incremento.

Il “loss and damage fund”

La conferenza, conclusa il 20 novembre (due giorni dopo la data prevista), ha istituito un “fondo di compensazione”, che nel documento ufficiale è chiamato loss and damage fund (“fondo per perdite e danni”). Con questo fondo i paesi "ricchi", che in passato sono stati i maggiori inquinatori per far crescere la loro economia, si impegnano a sostenere quelli che ora sono i più danneggiati dal cambiamento climatico.

Le parti che, almeno inizialmente, si sono opposte all’istituzione del fondo sono Stati Uniti e Unione Europea, in quanto ritenevano sufficienti gli strumenti di finanziamento già a disposizione dei paesi più in difficoltà. I paesi in via di sviluppo (soprattutto africani, asiatici e sudamericani) hanno invece spinto per la creazione del fondo. La situazione è rimasta in stallo fino agli ultimi giorni della Conferenza, quando i rappresentanti dell’Unione Europea hanno cambiato approccio. L'Unione Europea ha accettato l’istituzione del found ad alcune condizioni: in primo luogo che i soldi non vengano distribuiti direttamente ai paesi in via di sviluppo, ma vengano invece vincolati a programmi assistenziali, come ad esempio piani assicurativi; in secondo luogo che venga risolta l’ambiguità secondo cui la Cina - che è il primo paese al mondo per emissioni di gas serra - è ancora considerata un paese in via di sviluppo.

Oltre l’istituzione del fondo, l’altro importante punto sull’agenda della Conferenza è stata la regolamentazione dei combustibili fossili per limitare le emissioni di gas serra in atmosfera. Su questo punto, tuttavia, le parti non sono giunte ad un accordo, e nel documento finale non risultano misure in merito.

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L'Autore

Francesco Marchesetti

Studente di Lettere Moderne.
Aspirante giornalista, certo che l'informazione libera debba essere un diritto universale.

Student in Modern Literature.
Aspiring journalist, certain that freedom of information should be a universal right.

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Società Clima ONU