Crisi politica in Canada

Trudeau si dimette, tra crisi economica e minacce geopolitiche

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  Lorenzo Graziani
  16 gennaio 2025
  5 minuti, 40 secondi

Lunedì 6 gennaio 2025 il Primo Ministro canadese Justin Trudeau ha formalmente dichiarato di voler farsi da parte come leader del Partito Liberale e, conseguentemente, come Primo Ministro. Diventato leader del Partito Liberale nel 2013 e rimasto in carica come Primo Ministro fin dal 2015, il 53enne Trudeau ha riconosciuto la fragilità della sua figura politica a fronte della profonda crisi che ha colpito il suo paese.

La popolazione canadese è infatti ormai da tempo vessata da tassi d’inflazione record e un’acuta crisi immobiliare, ma la popolarità già molto bassa di Trudeau è crollata ancor più vertiginosamente per ragioni di politica estera e sicurezza nazionale: secondo non solo l’opposizione ma anche il suo stesso partito, Trudeau non sarebbe infatti in grado di dare una risposta adeguata alle minacce del neo-eletto Presidente americano Donald Trump.

Le redini del paese e del partito sono sfuggite di mano al premier canadese quando a dicembre la vice-Primo Ministro e Ministra delle Finanze Chrystia Freeland ha presentato le dimissioni. Le ragioni dietro questa scelta sono state proprio l’insicurezza riguardo le capacità di Trudeau di guidare il paese in vista della politica economica nazionalista di Trump dell’”America first” e dei dazi commerciali di cui il Presidente eletto americano ha già parlato. “Dobbiamo affrontare questa minaccia in maniera estremamente seria” ha dichiarato Freeland, e pare che il tentativo di Trudeau di raffreddare gli animi precipitandosi da Trump nel suo residence di Mar-a-Lago a fine novembre non sia stato sufficiente. In quell’occasione Trump gli aveva infatti indirizzato diverse provocazioni, definendolo il “governatore del grande stato canadese”.

Le dimissioni di un alleato chiave per il governo Trudeau hanno alimentato la sfiducia già presente verso il Primo Ministro, non solo tra la popolazione e l’opposizione, ma anche e soprattutto nel suo stesso partito e nei partiti con i quali si era coalizzato, come il New Democratic Party e il Partito Nazionalista del Quebec, il Bloc Quebecois.

Così, lunedì 6 gennaio Justin Trudeau ha deciso di annunciare le sue future dimissioni, appena due giorni prima dell'incontro che i colleghi del partito avevano organizzato, anticipando quella che immaginava sarebbe stata la sua sentenza. “Questo paese merita una vera scelta per le prossime elezioni e ho compreso che se devo combattere battaglie interne non posso essere la migliore scelta” ha dichiarato durante la conferenza stampa ufficiale.

Si parla però di “future dimissioni” perché Trudeau ha chiarito che rimarrà Primo Ministro fino a quando il Partito Liberale non avrà selezionato un nuovo leader e prorogando di fatto il Parlamento fino al 24 di marzo, sospendendo i lavori della due camere, inclusi dibattiti e sessioni di voto, senza però dissolverle.

Questo "futuro" è però quanto mai prossimo, perché secondo la legge federale canadese una nuova elezione dovrà essere organizzata entro ottobre 2025, anche se ci si potrebbe aspettare un’elezione anticipata vista la scarsa fiducia verso l’attuale governo e la richiesta avanzata da Pierre Poilievre, leader del Partito Conservatore, riguardo elezioni immediate, dichiarando che “il governo canadese sta andando fuori controllo”.

Anche aspettando l'autunno del 2025 però, il Partito Liberale si presenta come nettamente più debole rispetto alle ultime elezioni: secondo le ultime statistiche, il consenso verso il Partito Liberale raggiungerebbe appena il 16%, il risultato peggiore da più di un secolo. Inoltre, anche quelli che sono stati gli alleati di governo, sono ora apertamente insoddisfatti dalle scelte del Partito Liberale, come ribadito dal leader del New Democratic Party che ha dichiarato di non voler più sostenerlo e che “non meritano un’altra possibilità”.

In vetta per le prossime elezioni sembra quindi esserci il Partito Conservatore di Pierre Poilievre, che ha fin da subito espresso il suo scetticismo riguardo al cambio di leadership del Partito Liberale: “ogni ministro liberale ha supportato TUTTO quello che Trudeau ha fatto per 9 anni e ora vogliono ingannare gli elettori scambiando il volto del partito per continuare a fregare i canadesi per altri quattro anni, così come ha fatto Justin” ha scritto sul suo profilo X.

Quello che promette il leader conservatore non è lontano dalle roboanti promesse di Trump e anche la retorica utilizzata non è dissimile: Poilievre propone di ridurre le tasse e di rafforzare i controlli sui flussi migratori per affrontare quello che definisce un “capitolo buio” della storia canadese. “I canadesi possono riprendere il controllo delle loro vite e del paese. Possono riprendere il controllo dei nostri confini. Riprendere il controllo sull’immigrazione. Riprendere il controllo sui livelli di spesa, sul deficit di bilancio e sull’inflazione” ha dichiarato in un video postato su X. “Metteremo un tetto massimo alle spese, taglieremo le tasse, premieremo il lavoro, costruiremo case, sosterremo le famiglie, fermeremo il crimine, metteremo in sicurezza i confini, riarmeremo le nostre forze militari, ripristineremo la libertà e “[we will] put Canada first””.

La sua visione del paese non è quella adatta per i canadesi” ha dichiarato Trudeau parlando di quello che dal 2022 è stato il suo principale rivale politico, “abbiamo bisogno di una visione ambiziosa e ottimistica del futuro. E Pierre Poilievre non offre questo”.

A fronteggiare Poilievre, oltre alla già citata ex vice-Primo Ministro e Ministra delle Finanze Chrystia Freeland, potrebbe emergere la figura dell’ex governatore della Banca del Canada e della Banca d’Inghilterra Mark Carney, un economista di grande esperienza che secondo buona parte del Partito Liberale potrebbe dare stabilità al paese in questo periodo di forte instabilità.

Uscendo infine dai confini del paese, la notizia delle dimissioni del Primo Ministro canadese ha raggiunto anche il vicino americano, generando reazioni vistosamente diverse tra il Presidente uscente e il Presidente entrante. Joe Biden ha speso parole di gratitudine per il lavoro di Trudeau: “durante l’ultima decade il Primo Ministro Trudeau ha condotto il paese con impegno, ottimismo e visione strategica. L’alleanza tra Stati Uniti e Canada è più forte grazie a lui. I cittadini americani e canadesi sono più sicuri grazie a lui. E il mondo è un posto migliore grazie a lui”.

Donald Trump invece ha pienamente riconosciuto l’influenza che ha avuto nella vicenda, sostenendo che sia stata proprio la pressione esercitata dalla minaccia di dazi al 25% sulle esportazioni canadesi a costringere Trudeau a dimettersi, e ha continuato a indirizzare verso il Canada quella sua politica aggressiva e spregiudicata che ha caratterizzato il suo primo mandato e che già ha cominciato a modellare le relazioni internazionali in tutto il mondo, dichiarando: “se il Canada si unisse agli Stati Uniti non ci sarebbero dazi, le tasse scenderebbero e sarebbero COMPLETAMENTE AL SICURO”.

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Lorenzo Graziani

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America del Nord

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