Crisi Umanitaria in Egitto

Quando i diritti umani diventano strategia di governo

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  Chiara Giovannoni
  06 dicembre 2022
  5 minuti, 3 secondi

A qualche settimana dalla fine della Cop27 tenutasi a Sharm el-Sheikh e alle ennesime violazioni dei diritti umani messe in atto dal governo, analizzeremo la crisi umanitaria che da anni mina la sicurezza in Egitto. Nonostante la sua politica estera si sia incentrata, negli ultimi decenni, nel portare avanti il suo ruolo di mediatore ed interlocutore nella scacchiera mediorientale ed internazionale, dal punto di vista di politica interna, il Cairo cerca di rilanciare l’immagine dell’esecutivo concentrandosi sui diritti umani. La decisione di spingere su questo tema è stata presa in seguito alle critiche effettuate dal dipartimento di stato americano nel settembre 2021. Quest’ultimo lo aveva accusato di mantenere un pesante controllo sulla società, soprattutto nel caso di critiche, sempre percepite come pericolo per la sicurezza e la stabilità del Paese.

La crisi umanitaria inizia quasi un decennio fa con l’arrivo al potere del presidente al-Sisi. Da allora il Paese si è trovato di fronte a un’escalation di violenza perpetrata dalle forze di sicurezza che, come accade in molti sistemi emergenziali- l’Egitto ha vissuto quasi esclusivamente in condizioni emergenziali dal 1956 al 2019 - hanno preso potere. Il governo ha, da allora, compiuto esplicite violazioni del diritto internazionale tramite detenzioni di massa, sparizioni forzate, coercizione e intimidazione, oltre alla detenzione. Le pratiche messe in atto in alcuni di questi casi includono quasi sempre la tortura, definita dalla commissione delle Nazioni Unite come pratica sistematica in Egitto. Grazie all’approvazione di leggi che minano al diritto a equi processi molti agenti delle forze di sicurezza riescono ad agire impunemente.

La situazione di abusi è andata crescendo durante la pandemia da Covid-19. In questo periodo, infatti, i cittadini egiziani sono tornati a protestare contro le misure adottate dal governo, che hanno gravato su una situazione economica e sociale già altamente altalenante. In un clima di costante tensione e paura, le forze militari continuano a sedare le manifestazioni tramite l’arresto di protestanti e giornalisti, oltre agli arresti di avvocati e politici che esprimono il loro dissenso verso le politiche del governo.

Secondo il report di Amnesty International sullo stato dei Diritti Umani nel mondo, le modalità messe in atto dal governo egiziano possono definirsi violazioni alla libertà di espressione, associazione e di assemblea. Si sono verificati casi di politici e autorità sparite in seguito ad accordi di cooperazione per la difesa dei diritti umani presi con organi come le Nazioni Unite. Da anni centinaia di siti web - se ne contano ad oggi circa 600 - conosciuti per la difesa dei diritti umani, sono stati bloccati dalle autorità. Bahey el-Din Hassan, direttore del Cairo Institute for Human Rights Studies, è stato condannato a 15 anni di prigione per diffamazione e diffusione di false notizie, due delle accuse più comuni con cui il governo imprigiona i dissidenti.

Le pratiche di accuse e imprigionamento non avvengono solo nei confronti dei cittadini egiziani, ma anche di personaggi stranieri. L’Italia stessa è stata più volte coinvolta nelle violazioni egiziane. Il caso di Giulio Regeni è stato una delle numerose indagini depistate dal Cairo. Il dottorando italiano all’Università di Cambridge, rapito al Cairo il 25 gennaio 2016, è stato ritrovato senza vita nei primi giorni del febbraio successivo con evidenti segni di torture perpetrate per un periodo di tempo prolungato. Il ragazzo era stato segnalato come spia alla National Security e per questo la procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio di quattro 007 egiziani. Negli anni, sono state diverse le incoerenze estrapolate da prove e affermazioni delle autorità egiziane che hanno portato la Procura di Roma a ipotizzare depistaggi messi in atto dal governo egiziano stesso. Nel febbraio 2020, Patrick Zaki, studente dell’Università di Bologna e ricercatore per i diritti umani alla Egyptian Initiative for Personal Rights, è stato arrestato all’aeroporto del Cairo con le accuse di aver diffuso false notizie sui social media che avrebbero fomentato il terrorismo. Il processo del ricercatore, che ha ottenuto da poco la cittadinanza onoraria di Roma, è stato rinviato per la nona volta al 28 febbraio 2023.

Dalle accuse dell’amministrazione americana quindi il governo egiziano ha presentato, nel 2021, la Strategia nazionale per i diritti umani 2021-2026. Dovrebbe rappresentare l’impegno dello stato a “promuovere e proteggere il diritto all’integrità fisica, libertà personale, esercizio dei diritti politici e libertà espressione”. Dal 2013, anno dell’arrivo al potere di Al-Sisi, al 2020 sono morte più di 1000 persone nei centri di detenzione egiziani, soprattutto a causa di mancanza di cure mediche e torture. Il sistema penitenziario egiziano è composto sia da prigioni ufficiali che da centri informali, luoghi in cui generalmente vengono perpetrate le violenze e le torture peggiori. 

In Egitto sembra non esistere più una red line, il confine di sicurezza da non superare, la repressione è così forte che il pericolo è costante. Alle violenze si aggiungono le violazioni dei diritti in sede processuale dove i detenuti affrontano la mancanza di indipendenza giudiziaria e l’impossibilità di garanzia ad un equo processo. Negli anni è divenuto sempre più chiaro quanto ci sia la necessità di controllare e affrontare la crisi dei diritti umani nel Paese. L’istituzione di un meccanismo di monitoraggio presso le Nazioni Unite così come l’impegno internazionale nel tener sotto controllo le azioni egiziane potrebbero essere due primi passi verso la ricerca di un clima di rispetto dei valori dei diritti umani, principi che l’Egitto ha siglato ratificando diversi trattati quali la Dichiarazione universale dei diritti umani, il Patto Internazionale sui diritti civili e politici e la Convenzione contro la tortura e altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

Fonti consultate per il presente articolo

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/egitto-il-buio-oltre-la-cop27-36683

https://www.amnesty.it/rapporti-annuali/rapporto-2021-2022/medio-oriente-e-africa-del-nord/egitto/

https://www.osservatoriodiritti.it/2021/05/31/diritti-umani-in-egitto-situazione-ricerca-violazione/

https://www.piuculture.it/2022/04/limpunita-di-stato-e-la-violazione-dei-diritti-in-egitto/

https://www.amnesty.org/en/location/middle-east-and-north-africa/egypt/report-egypt/

https://www.dw.com/en/un-asked-to-monitor-egypt-human-rights/a-60649827

https://www.washingtonpost.com/opinions/2021/12/27/egypt-human-rights-president-sissi/

https://cihrs.org/cop27-and-the-human-rights-crisis-in-egypt/?lang=en

https://www.piuculture.it/2021/10/la-crisi-dei-diritti-umani-in-egitto/

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L'Autore

Chiara Giovannoni

Chiara Giovannoni, classe 2000, è laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Università di Bologna. Attualmente frequenta il corso di laurea magistrale in Strategie Culturali per la Cooperazione e lo sviluppo presso l’Università Roma3.

Interessata alle relazioni internazionali, in particolare alla dimensione dei diritti umani e alla cooperazione.

E’ volontaria presso un’organizzazione no profit che si occupa dei diritti dei minori in varie aree del mondo.

In Mondo Internazionale ricopre la carica di autrice per l’area tematica Diritti Umani.

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Diritti Umani

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Egitto Diritti umani