Chi sono le donne curde che combattono nel Rovaja

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  Redazione
  04 dicembre 2020
  3 minuti, 42 secondi

A cura di Juan Guillermo De Los Rios Garrido

Non c’è nulla di più importante per loro della libertà, svolgono un ruolo fondamentale nella guerra al terrorismo islamico e oggi sono nuovamente in prima linea a combattere e morire per la libertà. Le donne curde sono partigiane dell’umanità e non si arrendono davanti a nulla con il loro celebre motto: ”combatteremo fino alla pace”. Spesso si arruolano adolescenti e diventano maggiorenni sul fronte, lo fanno con il consenso della loro famiglia oppure contro il loro volere.

Queste combattenti, di tutte le età, sono tornate a far parlare di sé dopo l’aggravarsi del conflitto in Siria. Dopo il recente ritiro delle truppe americane nelle zone di confine tra Turchia e Siria, il presidente turco Erdogan ha lanciato la sua offensiva, denominata “Operazione fonte della pace”, contro il Rojava, la zona a nord-est della Siria occupata dalle forze curdo-siriane.

Dal 2014, proprio l'Ypg curdo (Unità di protezione popolare) e i suoi alleati hanno svolto un ruolo di primo piano nel respingimento degli estremisti islamici del Daesh, dapprima in autonomia con il supporto della comunità internazionale e degli Stati Uniti, in particolar modo. Oggi che quel supporto non c'è più, i militanti curdi si ritrovano da soli a fronteggiare l'avanzata turca. Molti analisti, inoltre, sono concordi nel segnalare il rischio che si riformino cellule terroristiche: in questi anni, infatti, i curdi hanno sorvegliato e amministrato i campi profughi e le carceri dove sono ancora presenti migliaia di militanti dell'Isis e i loro familiari. Le “guerriere” curde resistono a torture e violenze pur di non tradire, restano in galera e non fanno i nomi delle loro compagne . Si battono per non tornare indietro, e in questa battaglia vanno avanti e fanno correre la storia. Guerriere della pace, "combatteremo fin quando non vincerà", hanno scritto nella lettera a tutte le donne e a tutti i popoli che amano la libertà.

Rojava, regione di tensioni e guerriglia militare

Nata nel 2012, a seguito degli eventi associati alla guerra civile siriana, l'Amministrazione autonoma della Siria del Nord-Est (conosciuta come Rojava) è considerata dalle forze curde una delle quattro parti che costituiscono il Kurdistan. Non è mai stata riconosciuta ufficialmente né dal governo siriano né da quello turco, ma ha attirato su di sé l’attenzione internazionale. Nel deserto del Rojava circa ottomila donne sono agli ordini della comandante Nessrin Abdalla. Nella stessa provincia sorge il villaggio di Jinvar dove vivono le donne yazide, una piccola comunità, di vedove e ragazze madri ripudiate dalle famiglie. Fino al secolo scorso le donne curde non avevano nemmeno un nome, le chiamavano la figlia di questo e la moglie di quello. Poi questa schiavitù è stata rotta dal “Pkk” il partito dei lavoratori del Kurdistan. Adesso le donne combattono sulle montagne più degli uomini, decidono di fare la resistenza senza chiedere permesso ai compagni. Finché la loro terra non è libera, esse non sono libere e per conquistare la libertà, loro combattono e rinunciano a sposarsi e ad avere accanto un uomo. Rinunciano a tutto per combattere e diventare libere. Chi sceglie di entrare nel Ypj non può avere un marito e non può assumere sostanze alcoliche, queste restrizioni sono essenziali perché la guerra non ammette distrazioni. Se ti distrai rischi di morire. Le combattenti sono innamorate della libertà e di niente altro. “Anche una donna brutta se è libera per loro diventa bella”.

La "Rojava Revolution" ha inoltre richiamato in Siria migliaia di combattenti occidentali, che hanno sposato e condiviso la causa curda, attirati ideali di uguaglianza, libertà di culto, femminismo e sostenibilità ambientale che sin dall'inizio hanno costituito l'esperienza governativa di questo territorio difficile.

Ypj e l’appello alla comunità internazionale

Il 10 Ottobre 2019 alcuni dei vertici dell’Ypg assieme ad una delegazione del Rovaja hanno tenuto una conferenza a Roma presso la camera dei deputati. È stato richiesto il sostegno della comunità internazionale in maniera lucida e schietta attaccando il sistema democratico, inoltre le militanti hanno affermato la promozione di una politica di convivenza tra curdi, arabi, turcomanni, cristiani e armeni. La Comunità internazionale ha il dovere di supportare le donne curde nella battaglia alla libertà, una libertà che riguarda tutti noi.

Fonti consultate per il presente articolo:

https://www.google.it/amp/s/ww...

https://www.orizzontipolitici....

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