Culle per la vita

Quando un gesto estremo può rappresentare una seconda possibilità

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  Chiara Giovannoni
  12 maggio 2023
  4 minuti, 11 secondi

L’affido dei neonati alle culle per la vita è oggi un evento raro in confronto a qualche secolo fa, quando centinaia di bambini venivano lasciati nelle ruote degli esposti sparse per le città. Infatti, delle migliaia di culle su territorio italiano, ad oggi ne restano circa una sessantina. Dal 1992 lo stato italiano regola un servizio non solo di accoglienza ai neonati, ma anche di solidarietà e comprensione per le donne che li hanno partoriti.

Le culle per la vita sono strutture ideate per proteggere i neonati lasciati dalle madri in difficoltà, permettendo al piccolo di rimanere al sicuro e alla madre di rimanere anonima. Questi tipi di culle sono dotate di dispositivi che ne permettono il riscaldamento, la chiusura in sicurezza e il controllo h 24 con il collegamento immediato al soccorso medico.

La prima culla per la vita, denominata all’epoca “ruota degli esposti” venne istituita nel 1188 nell’ospedale dei Canonici di Marsiglia  ed ebbe seguito in altri ospedali come quello di Aix en Provence e Tolone. In Italia il primo servizio di accoglienza per neonati comparve all’ospedale Santo Spirito in Sassia a Roma, ma si diffuse notevolmente fino alla metà dell’800 quando le culle divennero circa 1200 sparse in tutto il territorio nazionale. Nel corso del secolo divennero forte tema di discussione, creando un dibattito che vide due diverse correnti, quella abolizionista e quella antiabolizionista. La prima corrente prevalse sull’altra fino a portare, nel 1923, alla chiusura di tutte le ruote rimaste. La loro riapparizione avvenne nel 1992 quando, il Dott. Giuseppe Garrone, fondatore del Movimento per la Vita di Casale Monferrato, riuscì a dar vita a nuove strutture, più tecnologiche e sicure che, da quel momento in poi, cominciarono a diffondersi sul territorio italiano. 

In Italia al momento si contano circa 60 culle per la vita in tutto il territorio nazionale. La Lombardia con i suoi 11 punti di accoglienza è la regione italiana con il più alto numero di strutture di affido per neonati. Il loro utilizzo prevede pochi semplici passi da compiere. Infatti, il bambino inserito nella culla viene immediatamente affidato ai sanitari dal personale che la sorveglia e, una volta comunicato l’anonimato della madre, inizia per il piccolo il procedimento di adozione. I genitori naturali, comunque, hanno tempo fino a un massimo di 2 mesi per riconoscere il figlio, richiedendo al Tribunale per i Minorenni la sospensione della procedura di adottabilità.

Dal punto di vista giuridico, in Italia sono molteplici le leggi che tutelano sia la madre che il neonato. La madre ha infatti il diritto di partorire in ospedale, in modo anonimo, sicuro e gratuito, esprimendo la volontà di non portare avanti il riconoscimento del neonato. Infatti, secondo l’art. 30 del DPR n.396/2000, nell’atto di nascita deve essere rispettata l’eventuale volontà della madre di non essere nominata. Nel caso in cui questo accada, la segretezza del parto deve essere garantita da tutti i servizi sanitari e sociali coinvolti, tutto il personale ospedaliero che ha seguito la donna durante il parto ha quindi l’obbligo di osservare la riservatezza sulla madre e le notizie che la riguardano. L’unica eccezione all’anonimato di quest’ultima si ha, secondo l’art.9 della legge n.40 dell’11/02/2004, nel momento in cui questa partorisca in seguito a una procedura di fecondazione assistita.

Attualmente pagine web come “Culle per la Vita”, “SOS Vita” e “Ninnaho” portano avanti l’informazione necessaria al tema, spiegando passo dopo passo la procedura di affido del neonato alle culle, fornendo informazioni sui diritti che spettano alla madre e offrendo alla donna supporto e aiuto in ogni momento. Per poter aiutare un numero maggiore di donne, i siti web forniscono informazioni in molte lingue e al loro interno è possibile trovare, regione per regione, le strutture che ospitano una culla per la vita.

Il tema delle culle per la vita rimane da anni un tema divisivo all’interno della nostra società molto spesso perché collegato ad un pregiudizio nei confronti della madre che “rifiuta” o “abbandona” suo figlio. L’obiettivo di queste strutture è sempre stato quello di poter dare speranza ai neonati e fiducia e solidarietà alle madri che non possono, o non vogliono, prendersene cura. Cosa ci sia dietro una gravidanza, e dietro le scelte di chi la porta a termine, non riguarda nessuno se non la donna che ha intrapreso questo percorso. L’aiuto, la comprensione e la riservatezza, senza alcun tipo di giudizio, sono fattori essenziali per dare speranza a bambini che meritano la possibilità di crescere in sicurezza, e il diritto di essere cresciuti anche da famiglie diverse da quella di origine.

Fonti consultate per il presente articolo

https://www.culleperlavita.it

https://www.ninnaho.org/la-storia/

https://www.mpv.org/wp-content/uploads/2023/04/15-elenco-aggiornato.pdf

https://www.mpv.org/le-culle-per-la-vita-uno-strumento-che-tutela-e-rispetta-la-vita/

https://www.lifegate.it/culla-per-la-vita-partorire-in-anonimato

https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2000/12/30/000G0442/sg

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L'Autore

Chiara Giovannoni

Chiara Giovannoni, classe 2000, è laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Università di Bologna. Attualmente frequenta il corso di laurea magistrale in Strategie Culturali per la Cooperazione e lo sviluppo presso l’Università Roma3.

Interessata alle relazioni internazionali, in particolare alla dimensione dei diritti umani e alla cooperazione.

E’ volontaria presso un’organizzazione no profit che si occupa dei diritti dei minori in varie aree del mondo.

In Mondo Internazionale ricopre la carica di autrice per l’area tematica Diritti Umani.

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Neonati Abbandono solidarietà Parto in anonimato