Disgelo nel Golfo Persico: tra necessità e ostacoli

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  Michele Magistretti
  01 aprile 2023
  3 minuti, 57 secondi

Il 10 marzo, due dei tre grandi “giganti” del Medio Oriente hanno formalizzato l’inizio del percorso di riconciliazione, con l’assistenza di un attore extraregionale di peso: Pechino. Dopo quasi di sette anni di relazioni apertamente ostili, nei prossimi due mesi il regno saudita e la repubblica islamica iraniana hanno concordato di riaprire le proprie sedi diplomatiche nei rispettivi territori. La strada per una piena partnership rimane comunque lontana a causa di molteplici variabili. Questo successo diplomatico mostra anche il nuovo ruolo che Pechino sta assumendo nelle dinamiche della regione.

Vediamo quindi quali sono le opportunità e i rischi a cui vanno incontro gli attori e gli spettatori di questo evento politico-diplomatico.

Una svolta o un assestamento della relazione tra due aspiranti egemoni?

La rivalità tra i due paesi vede un susseguirsi ciclico di tensioni con diversi climax di di ostilità. L’ultimo di questi viene raggiunto nel gennaio 2016 successivamente all’esecuzione del noto chierico sciita Nimr Bāqir al-Nimr da parte delle autorità saudite. Una folla inferocita attacca l’ambasciata saudita a Teheran, devastandola. I due paesi interrompono le relazioni diplomatiche, già deteriorate dalle diverse guerre per procura che portano avanti nei vari scenari di instabilità della regione. Riad e Teheran competono da anni per l’egemonia regionale sostenendo fazioni opposte nei conflitti yemenita e siriano e supportando formazioni politiche e paramilitari contrapposte in Libano e Iraq. La stessa Baghdad ha provato a porsi come mediatore tra i due potenti ed ingombranti vicini, ma la sua dipendenza energetica nei confronti dell’Iran non le ha permesso di essere un attore equidistante e abbastanza forte per dirimere le controversie tra i due contendenti.

Nonostante sia difficile prevedere un pieno allineamento di queste due potenze, l’inizio del disgelo diplomatico è comprensibile analizzando le necessità di breve periodo di entrambi gli attori. Pur non rinnegando la special relationship con l’alleato statunitense, Riad ha come priorità strategica la risoluzione del conflitto in Yemen ai propri confini meridionali e la messa in sicurezza delle rotte marittime tra l’Oceano Indiano e il Mar Mediterraneo. La dirigenza saudita spera di poter incoraggiare l’Iran a fare pressioni sui propri alleati Houthi per una risoluzione duratura delle ostilità, anche se non è certo che Teheran riesca a costringere il proprio alleato yemenita a desistere dai propri disegni espansionistici. Inoltre, il rinnovato dialogo con l’antico rivale persiano potrebbe incentivare un accomodamento anche in altri scenari di crisi. Dall’altra parte, il governo iraniano necessita di spezzare l’isolamento internazionale e regionale, anche a fronte delle evidenti instabilità interne e delle sofferenze economiche che il regime deve affrontare. Rimane comunque ardua la strada per una profonda cooperazione economica tra i due paesi. Le aziende saudite difficilmente rischierebbero l’ostracismo a cui andrebbero incontro collaborando con soggetti iraniani sotto regime sanzionatorio statunitense.

Le agende e le reazioni degli altri attori

Pechino incassa invece una vittoria diplomatica, facendo mostra del proprio soft power nella regione. La Cina si assicura così due clienti per le proprie esportazioni e fornitori di idrocarburi di cui ha estremo bisogno per proseguire sulla strada della crescita economica. Provando ad appianare le tensioni tra queste due potenze e applicando una graduale pazienza strategica, cerca di insediare l’egemonia statunitense nella regione e di garantire la sicurezza delle rotte marittime dall’Estremo Oriente al Golfo Persico.

Gli Stati Uniti hanno salutato positivamente tale accordo. Un allentamento della rivalità politica in Medio Oriente permette loro di concentrare maggiori risorse ed energie nel containment della Cina in Asia e quello della Russia in Europa. Washington rimane comunque il principale security provider della regione, con decine di migliaia di militari e mezzi dispiegati. Sicuramente, la Casa Bianca rimane vigile sulle future mosse del dragone, peer competitor per eccellenza, con disegni egemonici dalla portata eurasiatica.

Un attore che ha sicuramente innalzato il livello di allerta è invece Israele, che vede complicarsi il proprio progetto di riconciliazione con i paesi arabi. Con l’avvicinamento di Riad e Teheran, si allontana la possibilità di costituire un blocco unitario con i paesi del golfo per contenere gli appetiti egemonici della repubblica islamica.

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Fonti consultate per il presente articolo:

Professor Gregory Aftandilian, Iranian-Saudi Rapprochement: Searching for Substance Amid Symbolism, 15 marzo 2023 https://gulfif.org/iranian-saudi-rapprochement-searching-for-substance-amid-symbolism/

Dr. Kenneth Katzman, The Iran-Saudi Agreement is Not a Game Changer, 22 marzo 2023 https://gulfif.org/the-iran-saudi-agreement-is-not-a-game-changer/

Nadwa Al-Dawsari, A Saudi-Houthi deal won’t bring lasting peace in Yemen, 27 marzo 2023, https://www.mei.edu/publications/saudi-houthi-deal-wont-bring-lasting-peace-yemen

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