Donne del Nordafrica, tra rivoluzione e tradizione

Studiano di più e si esprimono attraverso l'arte e le proteste: dalla primavera araba si sono appropriate dello spazio culturale, ma lo spirito conservatore è forte e limitante

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  Redazione
  20 giugno 2019
  7 minuti, 23 secondi

L'area del Nordafrica è composta da sei stati che, da ovest a est, sono: Mauritania, Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto. Nonostante caratteristiche simili, come le basi culturali date da religione islamica e civiltà araba, il Nordafrica è estremamente eterogeneo a livello di storia, lingua, stile di vita. Per comprendere il Nordafrica e la condizione della donna nei Paesi che lo compongono, è necessario analizzare come la primavera araba abbia segnato uno spartiacque.

In Nordafrica esiste un pre e un post 2011, quel periodo che ha visto il sorgere spontaneo, senza leader, guidato dai giovani e dai social, delle rivendicazioni per un futuro di dignità e democrazia. Le manifestazioni hanno portato alla democrazia solo nel caso tunisino, altrove hanno invece segnato un ritorno al regime militare e nuovi conflitti. Nonostante gli effetti a lungo termine non siano ancora chiari e la ricaduta sulla condizione femminile sia stata anche repressiva, la donna si è riappropriata dello spazio culturale e lì continua la sua protesta. Dove possibile, la rivoluzione passa per una disobbedienza creativa, ne è esempio il lavoro di Nada Riyadh, regista e protagonista del film autobiografico Happily Ever After (2016), che racconta la sua storia d'amore nell'Egitto post rivoluzione. Come spiega ad Internazionale, in piazza Tahrir, uomini e donne hanno marciato insieme, dormito insieme, discusso per arrivare a un cambiamento sociale che riguardasse entrambi. In piazza si sono verificati anche episodi di molestie, come hanno riportato diverse giornaliste. Tuttavia, dopo la rivoluzione qualcosa è cambiato: molte coppie hanno addirittura deciso di convivere senza sposarsi, comportamento illegale in Egitto.

In Algeria e Sudan le donne partecipano tuttora alle proteste. In Algeria le manifestazioni sono iniziate quando Abdelaziz Bouteflika, 82 anni, ha annunciato la candidatura al quinto mandato. Dal 2011 in Algeria le proteste sono vietate ma le donne (liceali, universitarie, anziane, con e senza velo, coperte dalla bandiera) si sono appropriate dello spazio pubblico, soprattutto l'8 marzo, quando il venerdì di manifestazioni è coinciso con la festa della donna. Anche in Sudan il ruolo della donna in piazza è determinante; la BBC ha stimato che più del 70% dei manifestanti sia donna. Iconica l’immagine della signora vestita in bianco che sale sul tetto di una macchina e intona canti. Le proteste sono nate in dicembre, chiedendo la fine del governo di Omar Al Bashir dopo l'ennesimo aumento dei prezzi del pane. Ora però, dopo mesi di proteste non violente, la repressione è sfociata in massacro.

Il Nordafrica vive un momento di transizione, in cui la condizione femminile è in divenire: sono migliorati gli aspetti che riguardano salute ed educazione, ma paradossalmente non la percentuale di occupazione. Per quanto riguarda lo status personale, ci sono ancora molte carenze. Con status personale si intende tutto ciò che nei diversi Stati è regolato dal Codice di Statuto Personale, che va dal matrimonio al divorzio, dall’eredità alla custodia dei figli, coprendo tutti gli aspetti intimi della vita di donne (e uomini). Ogni Codice risulta diverso, in base ad esempio a quanto segue la Shari'a. In alcuni casi, il Codice è stato rinnovato e reso più egualitario: in Tunisia nel 2017 è stata abolita la legge che impediva a una donna musulmana di sposare un uomo di fede diversa. In altri casi, invece, come in Libia e Sudan, il Codice si rifà alla Shari'a, interpretata spesso in modo ancora più stringente. Tra le limitazioni che le donne incontrano in base al Codice di Statuto Personale: la necessità di avere l'autorizzazione da parte di un tutore uomo per sposarsi; difficoltà nel procedere al divorzio, poiché spesso una donna che lo chiede univocamente è costretta a pagare una cifra che non può possedere se non ha mai avuto la possibilità di lavorare. Anche passare la propria nazionalità ai figli, in alcuni casi, non è scontato o possibile. Per quanto riguarda l'eredità, se il Codice prevede di seguire la legge islamica, le figlie femmine ereditano meno dei maschi.

Tunisia e Marocco sono gli Stati con istituzioni civili più forti e una speranza democratica. La costituzione della Tunisia dichiara che uomo e donna sono uguali davanti alla legge e considera pilastro dello Stato moderno il miglioramento della condizione femminile. La Tunisia è l'unico Paese del Nordafrica in cui avere rapporti prima del matrimonio non è reato, e in cui lo sono invece le mutilazioni genitali femminili. È il primo e unico Stato in cui una donna è diventata sindaco. Il dato è importante soprattutto se si considera che, in Egitto, circa 5 milioni di donne non sono in possesso di documento d’identità e certificato di nascita e non possono quindi accedere a sanità, servizi finanziari ed esercitare il diritto di voto. Nel 2018 Souad Abderrahim è stata eletta sindaco di Tunisi. Si è presentata come indipendente ma è supportata da Ennahda, il partito islamico; malgrado ciò, non porta il velo. La militanza femminile si avverte anche nelle strade. La comunità di street artist in Tunisia è piccola, ma rivoluzionaria e inclusiva. Uomini e donne dipingono fianco a fianco e lasciano un messaggio. Tra di loro Lamia Mechichi (in foto), nome d'arte Sangoura, porta sui muri di Tunisi donne androgine che bevono, hanno il ciclo e non rispecchiano per nulla l'ideale più conservatore.

Per quanto riguarda l’integrità fisica, la violenza di genere è un problema radicato e quotidiano, sia nello spazio pubblico che privato. Il 37% delle donne arabe ha subito violenza dal partner. Pratica diffusa sono le mutilazioni genitali. In Egitto si stima che il 90% delle donne dai 15 ai 49 anni sia stata sottoposta a qualche tipo di mutilazione genitale. Il 54% delle donne è inoltre a favore della pratica. Come altre forme di violenza, è sensibilmente più diffusa nelle zone rurali rispetto a quelle urbane. In Mauritania, è diffusa la tradizione del leblouh, una dieta ultra ingrassante a cui le ragazze vengono sottoposte dai 7 anni in su. Essere abbondantemente sovrappeso è sinonimo di bellezza in Mauritania: una moglie grassa è simbolo del successo del marito. Le ragazze, quindi, vengono sottoposte a settimane intensive di “ingrasso” e costrette ad assumere 16mila calorie al giorno (il fabbisogno giornaliero ne prevede 1500-2000). Il trattamento è doloroso e implica tutti i problemi di salute legati all'obesità, tra cui rischi cardiaci e depressione. Spesso le donne non vi si sottopongono in modo volontario e a volte, invece, raccontano di accettare la tradizione semplicemente per paura di restare senza marito.

Nonostante l'alfabetizzazione sia in aumento dal 31% del 1978 al 66% del 2016, c’è una grande disparità tra le città, con il 48% di popolazione femminile in grado di leggere e scrivere, e il 14% delle zone rurali. L'accesso all'istruzione è aumentato e la tendenza generale vede l'università più frequentata da donne che dagli uomini. La Libia registra i più alti livelli di partecipazione femminile nello studio, soprattutto nelle materie STEM (science, technology, engeneering, mathematics), con una percentuale addirittura più elevata di atri Paesi sviluppati.

Uno dei grandi paradossi del Nordafrica è che maggiore accesso all'educazione non comporta più partecipazione al lavoro. La percentuale di donne che lavorano è la più bassa del mondo: quattro donne su cinque non hanno un'occupazione. Le ragioni sono culturali, in quanto la donna è tenuta a dedicarsi alla cura della casa e della famiglia. Inoltre, lo spazio pubblico non è particolarmente sicuro per la donna, dai mezzi di trasporto a un ambiente lavorativo misto dove le probabilità di molestie aumentano sensibilmente. Il pay gap del Nordafrica è uno dei più elevati al mondo e si stima che, mantenendo questo tasso di crescita, donne e uomini arriveranno a guadagnare lo stesso stipendio tra 157 anni.

Le seguenti fonti consultate per la redazione di questo contributo sono liberamente consultabili:

MENARA Final Reports Women and Gender in the Middle East and North Africa: Mapping the Field and Addressing Policy Dilemmas at the Post-2011 Juncture, Katerina Dalacoura, No. 3 March 2019 (http://www.menaraproject.eu/portfolio-items/women-and-gender-in-the-middle-east-and-north-africa-mapping-the-field-and-addressing-policy-dilemmas-at-the-post-2011-juncture/)

The streets talk of feminism in Tunisia, by Magdalena Mach, 8 marzo 2018, (https://www.wordsinthebucket.com/the-streets-talk-of-feminism-in-tunisia)

Souad Abderrahim è la prima sindaco donna di Tunisi, Rara Piol, 06 luglio 2018 (https://www.huffingtonpost.it/2018/07/05/souad-abderrahim-e-la-prima-sindaco-donna-di-tunisi_a_23475070/)

La rivoluzione algerina e quella sudanese hanno molto da insegnare,Pierre Haski, 15 aprile 2019 (https://www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2019/04/15/algeria-sudan-rivoluzione)

Women’s Movements in Post-“Arab Spring” North Africa, a cura di Fatima Sadiqi, 2016

Forced to be Fat, Abigail Haworth, 21 luglio 2011 (https://www.marieclaire.com/politics/news/a3513/forcefeeding-in-mauritania/)

Amore e rivoluzione in Egitto, Catherine Cornet, 25 settembre 2017 (https://www.internazionale.it/bloc-notes/catherine-cornet/2017/09/25/amore-rivoluzione-egitto)

Gender equality, justice in law and practice: Essential for sustainable development, 22 marzo 2019 (https://news.un.org/en/story/2019/03/1035291)

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