EUBAM Rafah: la missione civile dell'UE nella prima fase di cessate il fuoco a Gaza

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  Valentina Cannito
  13 febbraio 2025
  5 minuti, 28 secondi

Il 19 gennaio 2025 è entrato in vigore l’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas, portando un barlume di speranza a tutte quelle persone e famiglie devastate dalla guerra di logoramento durata oltre quindici mesi. Nonostante l’Unione Europea non abbia avuto un ruolo importante nelle trattative tra le due parti, mira ora ad avere una funzione più incisiva nel futuro della regione, attraverso aiuti che spaziano dal sostegno politico e legislativo alla ricostruzione.

“L’accordo per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi offre una speranza di cui la regione aveva disperatamente bisogno”, ha affermato la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Ha tuttavia ricordato che “la situazione umanitaria a Gaza resta drammatica”, aggiungendo che “l’Europa invierà 120 milioni di euro di aiuti nel 2025, oltre a tonnellate di aiuti in natura, per continuare ad aiutare i palestinesi”.

L’Unione Europea e i suoi Stati membri forniscono assistenza umanitaria alla popolazione palestinese fin dagli anni 2000, destinando oltre 1,2 miliardi di euro. A partire dal 7 ottobre 2023, gli aiuti inviati dall’UE sono aumentati notevolmente, con fondi aggiuntivi che hanno superato 1 miliardo di euro. Oltre a questi aiuti, Kaja Kallas, l’Alta rappresentante Ue per gli Affari Esteri, ha annunciato, al termine del Consiglio Affari Esteri tenutosi lo scorso 27 gennaio, che l’UE si sarebbe impegnata a riattivare la missione EUBAM Rafah nel sud della Striscia di Gaza.

EUBAM Rafah

L’European Union Border Assistance Mission (EUBAM) al valico di Rafah tra Gaza ed Egitto è stata avviata dall’Unione Europea su richiesta dell’Autorità Palestinese (AP) e di Israele, con l’accordo dell’Egitto. Già nel maggio 2024, Stati Uniti e Israele avevano iniziato a considerare Bruxelles come possibile protagonista per la gestione del varco meridionale, qualora le condizioni lo avessero permesso.

Il 31 gennaio 2025, la missione civile di assistenza alle frontiere dell’UE ha dispiegato al valico una squadra specializzata composta da carabinieri italiani, militari francesi e spagnoli, per consentire la riapertura del Rafah Crossing Point (RCP). Tale apertura ha lo scopo di incrementare il flusso di aiuti e la gestione del passaggio di merci e persone, fino a un massimo di 300 persone al giorno, in particolare per consentire l’evacuazione dei feriti per le cure all’esterno. Il personale di EUBAM ha quindi il compito di monitorare il processo.

Antonio Tajani, Ministro degli Esteri italiano, ha sottolineato l’importanza simbolica di tale operazione, che sancisce “una presenza europea” nell’attuazione dell’accordo tra le parti in conflitto. Ha infatti dichiarato: “già un passo avanti verso la seconda fase del cessate il fuoco, ma anche la dimostrazione che l’Europa può dare un contributo alla costruzione di una nuova stagione in Palestina”.

Le origini della missione

La Missione di Assistenza di Frontiera dell’UE al valico di Rafah è stata implementata alla fine del 2005, in un contesto più ampio di coinvolgimento europeo all’interno del conflitto arabo-israeliano.

Gli europei hanno da sempre supportato gli accordi di sicurezza e rafforzamento della fiducia nel percorso verso un possibile accordo permanente, risultando i principali donatori dell’Autorità Palestinese, con l’obiettivo di sostenere la costruzione di uno Stato palestinese democratico, indipendente e sostenibile, che possa esistere in pace e in sicurezza affianco a Israele.

La spinta per una missione di assistenza di frontiera al valico di Rafah è arrivata nel 2005, a seguito della decisione unilaterale di Israele di ritirare coloni e truppe dalla Striscia di Gaza. Gli Stati Uniti mediarono un accordo tra l’Autorità Palestinese e Israele per regolamentare le condizioni di movimento da e verso la Striscia, tra la Striscia e la Cisgiordania e all’interno di quest’ultima. Tale accordo, noto come Accordo sulla Libertà di Movimento e Accesso (AMA) del 15 novembre 2005, mirava a stabilire un meccanismo per la riapertura del valico di Rafah senza la presenza israeliana al punto di attraversamento.

L’UE venne invitata dagli Stati Uniti a svolgere un ruolo di terza parte, senza poteri esecutivi o di “law enforcement”, con un mandato basato sui principi concordati e su un protocollo relativo alla Missione Europea di Assistenza di Frontiera. Il compito dell’UE era quello di monitorare i funzionari dell’AP sul lato palestinese del valico, mentre gli israeliani controllavano il passaggio attraverso un sistema di telecamere a circuito chiuso. Inoltre, l’UE gestiva un ufficio di collegamento tra palestinesi ed israeliani a Kerem Shalom (al confine tra la Striscia, Israele ed Egitto) per risolvere eventuali controversie sull’attuazione dell’AMA.

Questa missione fu prorogata fino al 2007, anno in cui le sue attività di monitoraggio furono sospese a seguito della presa di controllo della città di Rafah da parte di Hamas, che inaugurò un nuovo governo nella striscia di Gaza. Da allora, la missione EUBAM Rafah è rimasta inattiva, continuando a portare avanti un progetto di preparazione a lungo termine con le controparti palestinesi attraverso il lavoro di 10 membri dello staff internazionale e 8 locali.

L’attuale mandato della missione e le sfide

Secondo la dichiarazione di Kaja Kallas, la riattivazione della missione ha l’obiettivo di facilitare il “trasferimento di individui feriti fuori da Gaza per le cure”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha infatti più volte denunciato la lentezza delle evacuazioni mediche. La missione dovrebbe, inoltre, facilitare il passaggio dei camion che trasportano aiuti umanitari, tra cui forniture mediche, cibo e carburante.

Il mandato della missione prevede anche di “costruire la fiducia tra il governo di Israele e l’Autorità Palestinese”, dato che Israele continua a ispezionare i camion degli aiuti per evitare che le merci vengano dirottata da gruppi militanti, mentre alcuni gruppi umanitari accusano Israele di strumentalizzare il suo controllo sul territorio aumentando la crisi umanitaria. Per questo motivo l’UE è ritenuta un mediatore di fiducia in grado di garantire il passaggio sicuro e rapido di camion e persone.

Ursul von der Leyen ha infine proposto cinque “principi fondamentali” per il futuro di Gaza: nessun rifugio sicuro per i terroristi, nessun governo guidato da Hamas, nessuna presenza di sicurezza israeliana a lungo termine, nessun blocco prolungato e nessun trasferimento forzato di palestinesi.

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Valentina Cannito

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