Famiglie omogenitoriali: una questione europea?

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  Michele Bodei
  03 aprile 2023
  3 minuti, 24 secondi

Nel mese di marzo, la Prefettura di Milano ha ordinato al Comune di interrompere le trascrizioni dei certificati di nascita esteri dei figli nati da coppie omogenitoriali in Italia. Infatti, il capoluogo lombardo era l’unico comune italiano a ricorrere a questa pratica, avviata nel giugno dello scorso anno, registrando finora soltanto 38 bambini. Ma il provvedimento ha scatenato dissenso e proteste in tutta Italia, soprattutto da parte della comunità LGBT. Il dibattito pubblico non si ferma però ai diritti delle coppie dello stesso sesso ma arriva anche a quelli dei bambini, che sarebbero limitati senza il riconoscimento della genitorialità. 

La questione è quindi arrivata alle porte di Strasburgo. Se il 22 marzo la Commissione aveva già presentato la Proposta di Risoluzione sullo Stato di diritto 2022 – un documento che analizza la situazione dei diritti e dei valori europei in ogni Stato e ne evidenzia i problemi –, il 30 marzo la coalizione liberale del Parlamento Europeo, Renew Europe - di cui solo tre eurodeputati sono italiani: due da Italia Viva e uno indipendente - ha fatto in tempo ad avanzare un emendamento per ammonire il governo italiano su questa vicenda. La risoluzione è stata stata ampiamente accolta con 427 voti favorevoli, 79 contrari e 76 astensioni. Il testo approvato condanna “le istruzioni impartite dal governo italiano al comune di Milano di non registrare più i figli di coppie omogenitoriali”, evidenziando gli effetti della discriminazioni delle coppie dello stesso sesso sulla “violazione diretta dei minori, quali elencati nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti e dell’adolescenza del 1989” e invita il governo italiano a “revocare immediatamente la sua decisione”.

In merito alla vicenda, bisogna chiarire due punti. Il primo è che in Italia questa discriminazione non è una novità. La circolare che il Ministero degli Interni ha presentato a tutti gli Uffici Territoriali del Governo fa riferimento alla Legge 40 del 2004 - che vieta la maternità surrogata e consente la procreazione medicalmente assistita solo a coppie formate da persone del sesso opposto - e alla Sentenza n. 38162 della Corte di Cassazione dello scorso dicembre, la quale sostiene che i figli ottenuti con maternità surrogata all’estero possano essere riconosciuti previa approvazione di un giudice e non con la trascrizione all’anagrafe. L’altro aspetto da considerare è che a livello europeo manca una posizione condivisa, anche sul piano legislativo, di tutti gli Stati membri in merito all’omogenitorialità. A dicembre è partita sul tema una proposta di Direttiva dalla Commissione: un “certificato europeo di filiazione” che tutela i figli adottati da coppie omogenitoriali all'interno degli Stati membri, salvaguardando i diritti delle famiglie di circa due milioni di bambini in tutta l’Unione Europea. 

L’approvazione non sembra che sarà facile. Oltre che in Italia, le adozioni per le coppie dello stesso sesso non sono consentite in altri 11 Paesi membri, ovvero, Bulgaria, Cipro, Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria. Questi divieti sono spesso di natura costituzionale, ma talvolta sono gli stessi governi a opporsi a questi tipi di cambiamenti: negli scorsi anni il governo polacco e e quello ungherese si sono schierati diverse volte contro i diritti LGBT. Se più di un terzo degli Stati membri fatica a riconoscere l’omogenitorialità, è possibile parlare di Stato di diritto e di valori europei? Il tema potrà creare molte divisioni in futuro e il primo segnale l’ha già dato l’Italia, quando in Parlamento Europeo i deputati di Forza Italia hanno votato contro lo stesso emendamento e in difesa del governo, a differenza della coalizione del Partito Popolare Europeo di cui fanno parte.


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