Framing the World, Numero XII

Un quadro completo delle principali vicende internazionali

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  Redazione
  17 giugno 2019
  36 minuti, 9 secondi

Sono già passate due settimane dal nostro ultimo numero e ciò significa che è tempo di una nuova edizione! Tutto questo, e molto altro ancora, nel dodicesimo numero di Framing The World. Partiamo dal Giappone, al centro di incontri diplomatici con l’Iran e misteriosi attacchi a due petroliere nello stretto di Hormuz, e dalla Cina, molto attiva diplomaticamente con Russia e Corea del Nord, ma che deve guardare anche ai problemi domestici a Hong Kong. Ci spostiamo poi nel Regno Unito, dove è iniziata la corsa alla leadership dei Tories dopo le dimissioni di Theresa May, e negli Stati Uniti, con importanti novità in tema di diritti umani. La Repubblica Centrafricana sembra poi essere in via di stabilizzazione, mentre in Mali e in Somalia il sangue continua a scorrere. Nel frattempo, lo Stato islamico continua a rappresentare una minaccia in Siria e si estende sempre più in Afghanistan. Andremo poi in Sud America, con il Venezuela che riapre le frontiere, e non mancano chiaramente le notizie economiche, con diverse fusioni fra nomi molto importanti e con possibili novità nella partita FCA-Renault.

DIRITTI UMANI

Arabia Saudita, ragazzo arrestato all’età di 13 anni condannato a morte. Murtaja Queriris è un ragazzo saudita che nel 2014, a soli 13 anni, venne arrestato durante una manifestazione indetta dalla Provincia Orientale per chiedere al governo una maggiore tutela della minoranza sciita. La pubblica accusa ha oggi chiesto la condanna del giovane a morte per una serie di reati, alcuni dei quali commessi quando il ragazzo aveva solo 10 anni. Queriris è in carcere da 5 anni ormai, e per un mese è stato tenuto in isolamento, picchiato e sottoposto ad intimidazioni durante gli interrogatori. Egli ha potuto incontrare un avvocato solo una volta, in occasione della prima udienza del processo nell’agosto 2018. Diverse organizzazioni no-profit, prima tra tutte Amnesty International, si sono mobilitate per denunciare il caso: tale condanna, infatti, viola il diritto internazionale, che vieta l’uso della pena di morte nei confronti di persone minorenni al momento del reato.

Botswana, l’omosessualità non è più un reato. La Corte Suprema dello Stato del Botswana, in una sentenza storica, si è espressa contraria alla norma del codice penale che criminalizza i rapporti tra le persone dello stesso sesso e che prevede una condanna a 7 anni di carcere. Ai sensi della Corte, infatti, la legge non dovrebbe entrare nel merito delle relazioni private che si possono instaurare tra persone adulte e consenzienti. Il diritto alla privacy include anche il diritto dell’individuo di poter liberamente scegliere il proprio orientamento sessuale, ed è un diritto innato nell’essere umano.

Ecuador, approvato il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Il 12 giugno, la Corte Costituzionale dell’Ecuador ha riconosciuto con cinque voti favorevoli su nove il diritto alle persone appartenenti allo stesso sesso di sposarsi. La storica decisione, ottenuta al traguardo di una lunga battaglia per i diritti LGBTQ, è contraria a quanto sancito nel testo costituzionale approvato nel 2008, ai sensi del quale il matrimonio è l’unione tra un uomo e una donna. In America Latina, fino ad oggi, erano quattro i paesi che permettevano i matrimoni tra persone omosessuali: l’Argentina dal 2011 e l’Uruguay, il Brasile e la Colombia dal 2016.

Hong Kong, un primo passo verso il riconoscimento dei diritti LGBTQ. L’Alta Corte d’Appello di Hong Kong ha emesso una sentenza storica, dichiarando illegale il rifiuto del governo di concedere alle coppie dello stesso stesso i benefici coniugali. Dopo un lungo processo durato quattro anni, infatti, i giudici si sono espressi all’unanimità a favore di un funzionario locale che chiedeva al tribunale di riconoscere al proprio marito, sposato all’estero, il diritto agli stessi benefici dei coniugi eterosessuali. Questa sentenza rappresenta un primo passo importante verso il riconoscimento del diritto al matrimonio tra le persone dello stesso sesso.

Italia, la Corte di Strasburgo definisce l’ergastolo ostativo contrario all’art. 3 CEDU. Nella sentenza del caso Viola contro Italia, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha dichiarato che l’ergastolo ostativo – ovvero l’ergastolo senza accesso ad alcun beneficio, dato ai detenuti che non collaborano con la giustizia – costituisce un trattamento inumano e degradante, contrario all’articolo 3 della Convenzione. La Corte ha criticato il fatto che nell’ordinamento italiano la mancanza di collaborazione venga equiparata a una presunzione di pericolosità per la società. Inoltre, la Corte ha anche osservato che la scelta di collaborare non è sempre libera – alcuni condannati non parlano per paura di mettere in pericolo i familiari – e che essa non implica sempre un vero pentimento del detenuto. La decisione in questione riguarda il caso di Marcello Viola, condannato per associazione mafiosa, omicidio e rapimento, e in carcere dagli anni ‘90. Lo Stato dovrà ora modificare la propria legislazione in materia.

Stati Uniti, lo Stato dell’Alabama introduce la castrazione chimica sui pedofili. La governatrice dello Stato dell’Alabama, Kay Ivey, ha recentemente firmato la legge che obbliga i condannati per reati sessuali contro i minori di 13 anni a cominciare la castrazione chimica un mese prima della loro scarcerazione. La castrazione chimica è un trattamento sanitario che comporta la somministrazione di farmaci per rimuovere l’interesse sessuale nel soggetto su cui viene praticato, ed è reversibile qualora venga sospeso il trattamento. Per questo motivo, la nuova legge dell’Alabama prevede che i condannati soggetti alla castrazione chimica debbano continuare il trattamento finché una corte non valuti che non sia più necessario. In più, le spese del trattamento saranno a carico del detenuto. Secondo molti attivisti, tuttavia, tale decisione comporterebbe una lesione del diritto dell’individuo all’integrità fisica.

Stati Uniti, lo Stato del Maine riconosce il diritto al suicidio assistito. Lo Stato del Maine ha recentemente legalizzato il suicidio assistito, per permettere ai malati terminali di porre fine alle proprie sofferenze grazie all’aiuto medico. In questo modo, il Maine diventa l’ottavo paese degli Stati Uniti a riconoscere tale diritto – il primo paese statunitense a riconoscere il diritto al suicidio assistito è stato l’Oregon nel 1997.

Venezuela, riaperto il confine con la Colombia. Dopo essere stato chiuso a febbraio su richiesta del Presidente venezuelano Nicolás Maduro, il confine tra Colombia e Venezuela è stato finalmente riaperto. Nella prime due settimane, sono già decine di migliaia i migranti che lo hanno attraversato per cercare rifugio nei paesi limitrofi – si conta che solo il primo giorno siano passate più di 30 mila persone. A queste, si sommano gli oltre 4 milioni di cittadini venezuelani che hanno abbandonato il Paese dall’inizio della guerra.

Marta Stroppa


ECONOMIA E FINANZA INTERNAZIONALE

Difesa USA, un nuovo gigante. Raytheon Company e United Technologies Corp., due tra le più grandi aziende del settore aerospaziale e difesa del mondo, hanno annunciato di aver raggiunto un accordo per una fusione delle due società entro la metà del 2020. L’operazione creerà un gigante del settore, del valore di oltre $120 miliardi e con vendite annuali per $74 miliardi, secondo solo a Boeing. La nuova compagnia si chiamerà Raytheon Technologies Corporation, con il 57% delle azioni in mano agli azionisti di United Technologies e il 43% a quelli di Raytheon, che hanno già potuto festeggiare per un rialzo rispettivamente del 4.4% e dell’8.7%. Dietro all’operazione si trova la volontà di evitare fenomeni di specializzazione su una gamma limitata di prodotti e i rischi che ne derivano. Le due compagnie hanno infatti diversi clienti in comune, ma la maggior parte dei prodotti non si sovrappongono. Per tale motivo, la fusione creerà un portafoglio ordini ampio e complementare, con maggiori investimenti nel settore R&D e sinergie di costo del valore di almeno $1 miliardo all’anno - anche se nelle ultime ore su questa cifra prevale lo scetticismo.

Italia-Francia, secondo atto. La fusione di FCA e Renault è fallita, o forse no? Dopo che due settimane fa il ministro francese dell’economia Le Maire aveva fatto saltare il tavolo delle trattative, si dice per le preoccupazioni di Nissan in merito al futuro dell’alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi, è proprio il ministro francese a rianimare la possibile fusione. Il presidente di Renault, Jean-Dominique Senard, si era detto seccato del fatto che fosse stato Le Maire in un primo momento a spingere per un accordo con FCA, per poi negare il consenso dello stato (primo azionista con il 15% delle azioni) all’operazione, e negli ultimi dieci giorni si è impegnato a riaprire la trattativa pressando il ministro dell’economia. Ora, sembra i suoi sforzi potrebbero essere ripagati: Mike Manley, AD di FCA, è da giovedì scorso a Parigi in via ufficiosa proprio per valutare la ripresa delle trattative e avrebbe portato con sé della documentazione utile per convincere Nissan a dare il via libera. Il momento decisivo potrebbe essere, a questo punto, l’assemblea dei soci di Nissan del 25 giugno.

Italia-Francia, nuova alleanza. Venerdì scorso (14 giugno) è stata firmata l’intesa tra Fincantieri e Naval Group, società francese attiva nella cantieristica navale militare. La nuova società sarà 50% italiana e 50% francese, con sede a Genova e centro di ricerca a Tolone. Questa sancirà la rinata alleanza tra Francia e Italia sul piano militare, in attesa del via libera definitivo per l’inclusione di Stx France (navi civili) che porterebbe alla creazione del più grande costruttore navale mondiale. L’intesa aveva ottenuto il via libera del Cda di Naval Group (il cui azionista è proprio il ministero della Difesa) lo scorso 17 aprile, ma il governo francese aveva preferito non diffondere la notizia per evitare di riaccendere le polemiche anti-italiane nel pieno della campagna elettorale. I due gruppi così non saranno più in competizione, come era successo negli appalti per le marine brasiliane e romene, dove la concorrenza agguerrita Italia-Francia aveva fatto perdere ad entrambi le commesse a vantaggio di altri produttori.

Trade war, uno scontro evitato. Stati Uniti e Messico hanno raggiunto un accordo che permetterà di evitare l’imposizione di dazi sulle merci messicane importate negli USA. I termini sono ancora segreti, ma il Messico si impegnerà a bloccare l’immigrazione clandestina verso nord e, in attesa della ratifica del USMCA (accordo che sostituisce il NAFTA), provvederà ad acquistare maggiori quantità di prodotti agricoli statunitensi. Per quanto riguarda invece lo scontro con la Cina, diversi analisti si dicono convinti che nel lungo periodo lo sconfitto sarebbe Pechino, poiché gli Stati Uniti, in quanto paese consumatore, avrebbero un vantaggio decisivo su un paese produttore come la Cina nel poter decidere da chi comprare (mentre la Cina non potrebbe fare altrettanto per vendere i propri prodotti). Sarebbe questo il motivo dietro al rallentamento della crescita cinese, e per ovviare al problema la Cina dovrebbe presto abbandonare le pratiche commerciali scorrette applicate fino ad oggi, tra le quali l’impossibilità di investire direttamente nel paese, l’obbligo di trasferimenti tecnologici e i furti di tecnologie.

Petrolio, il calo continua. Il prezzo del petrolio prosegue nel suo trend discendente, causato dalla riduzione della domanda e dagli alti livelli delle riserve accumulate, che hanno raggiunto settimana scorsa i massimi da due anni a questa parte, ed è ora ai minimi da 5 mesi. Nemmeno l’attacco a due petroliere nello Stretto di Hormuz e i conseguenti rischi geopolitici in Medio Oriente riescono ad intaccare più di tanto la discesa continua del greggio. Se infatti nelle ore successive agli attacchi il prezzo era salito di oltre il 4%, il fatto che ciò non sia stato accompagnato da maggiori acquisti dei cosiddetti beni rifugio (franco svizzero e oro) e che l’aumento fosse inferiore al crollo avvenuto il giorno precedente in seguito alla pubblicazione dei dati sulle scorte (-4.4%), lasciava intendere che gli operatori non credevano in un possibile scontro USA-Iran; già alla fine della giornata il petrolio era a +2%, e ha poi ripreso a calare il giorno successivo.

Wall Street, perché cresci? La crescita globale sta rallentando, l’economia americana si sta raffreddando (solo 75.000 nuovi posti di lavoro in maggio contro i 177.000 previsti e i 224.000 di aprile) e quella europea non è messa meglio, ma Wall Street continua a crescere e si è avvicinata nuovamente ai massimi storici. Alcuni analisti spiegano questa apparente contraddizione con l’acronimo TINA, ovvero “There Is No Alternative”. Questa sigla si riferisce alle possibilità di scelta che gli investitori hanno attualmente: poiché i titoli di stato hanno rendimenti molto bassi, le valute sono molto volatili per via delle tensioni commerciali e i prezzi delle materie prime sono in calo per il rallentamento dell’economia mondiale, non ci sono alternative altrettanto attraenti che investire in borsa, spingendo così al rialzo i listini americani. Inoltre, in seguito a queste “cattive” notizie, già domani (18 giugno) o nella prossima riunione (30 luglio), la Federal Reserve potrebbe decidere di stimolare l’economia tagliando i tassi di interesse, aumentando ulteriormente la spinta ad investire nel mercato borsistico.

Leonardo Aldeghi


AFRICA SUB-SAHARIANA

Centrafrica, si cerca di consolidare la posizione dell’esercito. Per cinque anni le forze regolari centrafricane non hanno avuto accesso alla città di Kaga Bandoro nel nord del Paese. Da qualche giorno, finalmente, sono invece state dislocate in una base e si spera che si tratti di una premessa di consolidamento della presenza in un’area fortemente strategica. L’unico dettaglio, non indifferente, è che le truppe in questione non possono uscire dalla loro base e che il controllo rimane ancora nelle mani dei tre gruppi armati che negli ultimi anni hanno gestito questo crocevia della transumanza dei pascoli e delle greggi (elemento che rappresenta un importante fattore di conflitti come descritto in precedenti numeri). A guardare il bicchiere mezzo pieno, si può affermare che l’accordo di pace siglato con i gruppi ribelli e le milizie sia in lenta fase di implementazione, ma dal punto di vista concreto ancora va compreso quale grado di effettività acquisirà nel tempo, nonché quanto sarà stabile.

Etiopia, internet shutdown per tre giorni consecutivi. Tra l’11 e il 14 giugno sono stati impediti in diverse occasioni l’accesso a internet e la possibilità di inviare SMS. Tre giorni consecutivi, tra il 12 e il 14, e durante la mattina dell’11. Solamente nel tardo pomeriggio della giornata di venerdì 14 sono riprese le funzionalità, e nel corso di questi giorni sono sorti numerosi dubbi sulle ragioni che hanno spinto il governo a prendere questa decisione. Sembra che, alla base, vi sia la volontà di impedire fughe di notizie, documenti e la possibilità di copiare durante gli esami delle superiori. Mancano notizie ufficiali e, nel frattempo, c’è chi fa notare che si tratta del quarto evento del genere dall’insediamento del presidente Abiy Ahmed. Vicende di questo tipo non sono nuove nel continente africano e suscitano numerosi dubbi sulla democraticità e la centralizzazione di Internet.

Madagascar, si va verso un governo stabile. Come annunciato nel precedente numero, l’esito delle elezioni malgasce sarebbe stato molto importante nel quadro di un sistema semipresidenziale simile a quello francese. Ottenere la maggioranza alle elezioni legislative tenutesi due settimane fa, avrebbe significato poter esprimere anche un Primo Ministro della medesima componente partitica del Presidente. Secondo le notizie date dalla CENI (la commissione elettorale nazionale indipendente), la coalizione di Rajoelina ha conquistato 84 seggi su 151, 51 sarebbero in mano a indipendenti e solamente 16 sarebbero stati vinti dall’oppositore Ravalomanana.

Mali, 24 bambini e 11 adulti uccisi in un attacco al villaggio di Sobane Da. Inizialmente si era parlato di 95 vittime ma successivamente le stime sono state ridotte a 35 sulla base di alcuni sopralluoghi. Si sta parlando dell’attacco avvenuto lunedì 10 giugno nel villaggio del comune di Sangha - 60/70 km dal confine con il Burkina Faso - dove la stessa Unione europea svolge una missione (EUSTAMS, Azione di Stabilizzazione nelle regioni di Mopti e Segou). Il massacro non è ancora stato rivendicato, ma i locali sostengono sia stato perpetrato da parte di pastori fulani cooptati dal presunto gruppo jihadista che, sotto la guida di Amadou Koufa, si è insediato nella regione a partire dal 2015, minacciando e attaccando i gruppi etnici bambara e dogon. Questi ultimi, prevalentemente agricoltori, a loro volta, hanno provveduto a organizzare dei gruppi di difesa. Tale attacco ha altresì portato alla revoca della carica di governatore della regione del Gen. Sidi Alassane Touré.

Somalia, due esplosioni a Mogadiscio. Il Parlamento somalo e la strada che porta all'aeroporto sono stati colpiti, rispettivamente, da un esplosione. Nel primo caso, si parla di 8 persone morte e il ferimento di altri 16, mentre, per quanto riguarda il secondo attacco, non si registrano vittime. Al Shabaab ha già reclamato la responsabilità.

Sudan, la vera natura del Consiglio di Transizione Militare. Nulla sembra essere cambiato rispetto al regime di Bashir dopo la repressione messa in atto lunedì 3 giugno dal CTM. La risposta alle pressioni cittadine per indire un Consiglio di Transizione Civile ha portato alla morte di un numero imprecisato di persone (120 secondo le stime fatte dal servizio ospedaliero nazionale, un centinaio secondo fonti dell’UE e 60 secondo le autorità) in varie città del Sudan. La conseguenza degli eventi della scorsa settimana è stata la completa rottura del dialogo politico tra la componente civile e quella militare e la caduta degli accordi tra le due parti su una transizione triennale: il CTM ha annunciato il giorno successivo che saranno convocate elezioni entro 9 mesi. Forte critica anche dagli ambienti europei nei quali si parla di “un’escalation premeditata e della responsabilità del CTM di restaurare misure di confidence building per riavviare le trattative con la parte civile.” Il prossimo Consiglio Affari Esteri (che si terrà proprio oggi - 17 giugno) potrebbe rivelarsi un’occasione per esprimere parole forti contro il Sudan in una fase in cui l’Unione Africana ha sospeso il Paese e la Comunità Internazionale (guidata dagli USA) invoca un’inchiesta indipendente.

Sudan, Bashir chiamato a giudizio. Sarebbe una notizia di non poca rilevanza, se confermata, quella che anticipa la possibilità di vedere Bashir di fronte alla Corte per rispondere delle accuse di corruzione e di possesso di valuta estera. Dopo essere stato ‘detronizzato’ l’11 aprile scorso, non si erano avute più molte notizie sull’ex dittatore contro il quale erano state respinte le richieste della Corte Penale Internazionale di poterlo giudicare sui crimini commessi durante la guerra civile in Darfur. Non è stato specificato quando Bashir converrà a giudizio ma sembra che ciò debba avvenire nel corso della presente settimana.

Marcello Alberizzi


AMERICA

Argentina, Ni una menos. Non solo la crisi economica coinvolge il noto paese sudamericano. Una situazione sempre più critica rende protagonista lo Stato e concerne la richiesta di riconoscimento legale di maggiori diritti. Ni una menos è il movimento femminista che il 3 giugno è sceso in piazza per la lotta contro ogni forma di violenza e, in particolare, per la legalizzazione dell’aborto. Un argomento tabù in molti paesi occidentali, non solo in quelli in via di sviluppo. Proprio al riguardo, sono recenti le proteste anche in altri Paesi, tra cui gli Stati Uniti d’America di cui si è parlato spesso.

Canada, i nativi canadesi. Il paese è noto per essere stato, nel corso degli anni, luogo di destinazione per migranti europei ed asiatici. Il 3 giugno è stato pubblicato un rapporto governativo in seguito a ricerche effettuate durante gli ultimi anni e il dato è allarmante. Si tratta di analisi condotte in merito al genocidio degli indigeni durato trent’anni. Il termine utilizzato “genocidio”, secondo alcuni, potrebbe essere esagerato, eppure è proprio così; i dati indicati riportano un numero di quattromila donne e bambine, di diverse comunità native, che sono state uccise o sono scomparse.

El Salvador, il nuovo presidente. Nayib Bukele, il nuovo presidente di El Salvador, si è insediato il 1 giugno in seguito alla vittoria delle elezioni del febbraio scorso. Durante il dibattito elettorale fu noto per la mancanza di una proposta di programma di governo. Allo stesso modo, in occasione dell’insediamento, si è tenuto un discorso sommario e poco chiaro che ha rotto la continuità tra i precedenti governi e il nuovo governo. Al discorso ha fatto seguito un tweet che ha ordinato alle forze armate di non rendere più omaggio al colonnello Domingo Monterrosa, noto come il responsabile del massacro di El Mozote. Il massacro riguardò l’uccisione di più di mille persone, di cui metà bambini, durante la guerra civile nel 1981, quando i soldati del battaglione attaccarono Atlàcatl.

Honduras, le proteste continuano. Il governo non cambia le misure adottate negli ultimi mesi, anche se quest’ultime hanno alimentato lo scontento e la disapprovazione da parte della popolazione. Il 30 maggio è stata la volta di medici e insegnanti che hanno convocato uno sciopero generale, coinvolgendo diverse città del Paese. In alcuni casi, si sono raggiunte proteste violente per cercare di contrastare due decreti esecutivi approvati dal Parlamento a fine aprile. Le misure adottate dal Parlamento favoriscono la privatizzazione di istruzione e sanità e, nella maggior parte dei casi, incentivano i licenziamenti proprio in questi due settori.

Messico, una situazione contraddittoria. Il presidente Lopez Obrador parla di accoglienza e rispetto nei confronti dei migranti cercando di contrastare le politiche del presidente statunitense Donald Trump. Quest’ultimo minaccia di imporre dazi sui prodotti messicani se il paese non fermerà il flusso di migranti che cercano di raggiungere la tanto ambita meta statunitense. Il presidente messicano, nonostante sottolinei sempre le necessità dei migranti di scegliere di abbandonare il proprio paese, è contrastato dalle politiche e dalle attività della polizia, dell’esercito e della nuova guardia nazionale che, al confine, arrestano e rimandano i migranti nei loro paesi di origini. I migranti provengono, in particolare, dall’Honduras a causa della grave crisi economica e per la presenza di violenti bande criminali nel Paese.

Stati Uniti d’America, la chiusura al turismo cubano e lo scacchiere di Hormuz. L’ex presidente Barack Obama fece riallacciare i rapporti tra Cuba e il Paese, cercando, grazie ad un graduale sviluppo, di far crescere le relazioni tra i due paesi. Recentemente, però, è stato bandito l’esodo turistico verso l’isola che è incrementato notevolmente nei primi mesi del 2019. Intanto, dall’altra parte del mondo, nel Golfo Persico, le rotte del petrolio accendono i venti di guerra tra Iran e Stati Uniti. Questi ultimi accusano il paese mediorientale per gli attacchi alle petroliere nell’area, ma l’Iran declina ogni responsabilità. Ci sono altri soggetti che potrebbero beneficiare di una guerra tra Iran e Stati Uniti, ed è proprio il paese iraniano a fare cenno a questa possibilità.

Venezuela, la riapertura della frontiera. I flussi migratori sono ripresi con la riapertura delle frontiere tra Colombia e Venezuela. I dati trasmessi smentiscono la fuga di venezuelani verso la Colombia dalla riapertura. Sembra che la maggior parte dei cittadini venezuelani ritornino nel paese di origine. Intanto, la società petrolifera Pdvsa apre una sede a Mosca per preservare gli interessi statali, spostando l’ufficio dal Portogallo nella capitale russa. Allo stesso tempo, il Presidente Putin annuncia che la Russia ha smesso di fornire armi all’alleato sudamericano ma, come previsto dai contratti stipulati, continua a fare manutenzione all’equipaggiamento di Caracas. La situazione in Venezuela è destinata a rimanere in bilico ancora per molto tempo, ma la conferma che i paesi terzi non vogliano agire militarmente nel paese è un piccolo traguardo per la comunità internazionale.

Michele Pavan


ASIA ED ESTREMO ORIENTE

Cina, una coppia che “non” scoppia (e Hong Kong). "President Putin is for me a best friend", ha detto Xi Jinping durante la sua visita al Cremlino nei primi giorni di giugno. Durante la stessa visita di stato, sono stati firmati diversi accordi commerciali che hanno visto come protagoniste diverse compagnie quali Gazprom e Alibaba. I due si sono incontrati di nuovo a Bishkek (Kirghizistan) per partecipare al summit della Shanghai Coop. Organization (14/06), spostandosi successivamente nella capitale del Tajikistan (15/06), Dushanbe, dove il presidente Putin ha regalato Champagne e una scatola di gelato russo al presidente Xi per il suo 66esimo compleanno. Nel mentre, ad Hong Kong, sono scoppiate le proteste per la nuova legge (proposta a febbraio) che avrebbe permesso l’estradizione in paesi con i quali la città non aveva accordi (rendendo possibile l’estradizione verso la Cina). Più di un milione di persone sono scese in piazza, causando il rinvio della legge. Vengono riscontrati nuovi dissapori anche nei rapporti con le Filippine.

Giappone, un problema nello stretto. Il primo ministro Abe Shinzo, dopo aver ottenuto il benestare americano durante l’incontro commemorativo con i leader europei in Normandia, si è recato in Iran tra il 12 e il 14 giugno. E’ la prima volta, dopo il 1979 e la rivoluzione Khomeinista, che un leader giapponese intraprende una visita di stato nel paese. L’obiettivo è senz’altro legato alla volontà di ridurre le tensioni in Medio oriente e tra gli Stati Uniti e la Repubblica Islamica, anche con il fine di poter riprendere più tranquillamente il commercio di petrolio, interrotto con le sanzioni statunitensi. Giovedì 13 giugno sono poi state attaccate due navi, di cui una direttamente legata ad una compagnia giapponese. Le accuse da parte degli USA sono rivolte nei confronti dell’Iran, che ha negato il coinvolgimento nella questione. Un responsabile non è ancora stato trovato, a detta del ministro degli esteri Osuga, ma si parla di strani “oggetti volanti”.

Corea del Nord, pareri contrastanti. Il 12 giugno il presidente Donald Trump ha comunicato di aver ricevuto una lettera dal leader Nordcoreano che, a quanto pare, sembra contenere gli auguri di compleanno per il presidente americano. L’interpretazione di tale lettera da parte dei riceventi fa già parlare di un terzo summit tra i paesi. Nel frattempo, 25 paesi all’interno dell’Assemblea generale supportano gli USA nell’accusare la Corea del Nord di non rispettare le sanzioni sulle importazioni di petrolio, ritenendo Cina e Russia come possibili fornitori. "It is our common responsibility before the times and history to put the precious centuries-old tradition of friendship on a higher stage”- queste le parole pronunciate da Kim Jong-Un mercoledì scorso relative al rapporto con il partner russo. "I express firm belief that the common understanding and agreements made at our first significant meeting will bear rich fruits [...]”.

Corea del Sud, un profilo molto attivo. Lunedì 10 giugno, Yoo Myung-hee il ministro del commercio Sud Coreano e la sua controparte britannica Liam Fox hanno firmato un accordo di libero scambio in previsione della Brexit per mantenere dei vantaggi di cui già gode in questo momento nei confronti dell’intera UE. 20.ooo studenti sudcoreani hanno firmato una petizione diretta a Moon Jae-in, esortandolo a prendere una posizione favorevole ai diritti umani nei confronti dei fatti avvenuti ad Hong Kong in merito alla proposta di legge sull’estradizione. Ancora nulla di certo ma, intorno al G-20 di Osaka del 28-29 giugno, si prevede che il presidente Xi Jinping si rechi a Seoul per un breve summit con Moon. Fonti contrastanti tendono a considerare comunque difficoltoso organizzare un evento così importante in un così breve lasso di tempo.

India, Vayu. Il ciclone Vayu, il più forte mai sperimentato dal paese nel periodo pre-ciclonico, corre a 140 km orari e ha causato lo “sgombero” dello stato del Gujarat, India occidentale. Il Pakistan ha poi rinnovato per la terza volta, fino al 28 giugno, l’interdizione dello spazio aereo del suo confine con l’India, iniziato il 26 febbraio successivamente al bombardamento da parte indiana al campo di addestramento terrorista di Jaish-e-Mohammed (JeM), Bakalot. Infine, durante il summit in Kirghizistan, Modi ha incontrato Putin e Xi Jinping: “I hope we’ll soon get together in Japan. I also think that we should hold talks in the RIC (Russia-India-China) format there”, queste le parole del leader indiano che, guardando al G20 di Osaka, si augura un ulteriore dialogo con le due potenze.

Stefano Sartorio


EUROPA OCCIDENTALE E UNIONE EUROPEA

Regno Unito, continua la corsa alla leadership tories. Giovedì 13 giugno si è tenuta la prima votazione per eleggere il successore di Theresa May alla guida del Partito Conservatore. Ecco una breve presentazione dei principali candidati che sono passati al round successivo: Boris Johnson, con 114 voti ottenuti, si è piazzato al primo posto. Famoso per le sue posizioni molto nette sulla Brexit, si dimise da ministro degli esteri perché insoddisfatto di come la May stesse portando avanti le trattative con l’UE. Ha dichiarato che, qualora diventasse leader, la Gran Bretagna avrebbe la sua Brexit entro il 31 ottobre, “deal or no deal”. Al secondo posto troviamo Jeremy Hunt con 43 voti: nel 2016 faceva campagna elettorale a favore del “remain”, ma da allora è diventato sostenitore del “leave”. A differenza di Johnson crede che un “no-deal” sia un suicidio politico per il Partito.

Danimarca, i risultati delle elezioni politiche. Il 5 giugno scorso, i danesi sono stati chiamati alle urne per rinnovare il proprio Parlamento. Il Partito Socialdemocratico, guidato dalla Frederiksen, si è aggiudicato il primo posto con un 26% di preferenze, sconfiggendo il Partito Liberale del primo ministro uscente Lars Løkke Rasmussen che si è fermato al 23%. Crolla anche il Danks Folkeparti (destra): dal 20% del 2015 al 8,7% del 2019. La chiave del successo dei socialdemocratici ha due facce: dal lato economico, il Partito si è rispostato a sinistra, sostenendo un’alta tassazione per finanziare un’importante spesa pubblica. Dal lato dell’immigrazione, tuttavia, la Frederiksen si è spostata a destra, appoggiando un controllo più duro delle frontiere e un regime di immigrazione più stringente. Le elezioni danesi sono importanti anche in ottica europea perché la nuova probabile coalizione di governo potrà sostenere la candidatura di Margrethe Vestager alla presidenza della Commissione.

Parlamento europeo, i nuovi gruppi politici. Il leader della Lega Matteo Salvini ha reso pubblico il nuovo nome dell’alleanza sovranista/nazionalista in Europa: Identità e Democrazia (ID). Questo nuovo gruppo comprenderà i membri dell’ENF e altri partiti euroscettici come l’AFD. Alla presidenza è stato eletto il leghista Marco Zanni. Sul fronte liberale, invece, anche Macron ha optato per la costituzione di un nuovo gruppo che prenderà il nome di Renew Europe, sostituendo l’ALDE (Alleanza dei liberali e democratici per l’Europa). Come spiega Politico, la decisione sarebbe stata presa per evitare di utilizzare il termine “liberale”, che in Francia ha un’accezione negativa legata ai sostenitori di un “capitalismo sfrenato”.

Spagna, termina il processo contro gli indipendentisti. Si è concluso il processo contro i sostenitori dell’indipendenza della Catalogna nel 2017. Durante questi mesi, dodici leader separatisti sono stati ascoltati e hanno più volte sostenuto di essere vittime di false accuse costruite sul nulla. Per Oriol Junqueras, ex vice-presidente catalano e figura di spicco dell’indipendentismo, sono stati chiesti 25 anni di reclusione. L’accusa di ribellione, secondo la legge spagnola, prevede anche l’uso della violenza e lo sforzo dei pm è stato quello di ampliare questo concetto. Gli indipendentisti si sono difesi sostenendo di aver agito nei limiti della democrazia e per un’implementazione di quest’ultima, senza alcun tentativo di ribellione “armata”. La questione diventa ancora più complessa se consideriamo che alcuni di questi leader sono stati eletti nel Parlamento Europeo. Tuttavia, la vicenda è lontana dalla conclusione. Bisognerà attendere diversi mesi prima del verdetto finale.

Leonardo Cherici


EUROPA CENTRO-ORIENTALE E RUSSIA

La Russia annuncia il cessate il fuoco in Siria. Mercoledì 12 giugno Mosca ha reso di noto di aver concluso con successo un accordo per il cessate il fuoco nella provincia siriana di Idlib, stremata dagli scontri tra forze governative e ribelli. Una tregua, raggiunta grazie anche alla mediazione della Turchia, con una durata tuttavia incerta, ma che garantirà alla popolazione locale un modo per riuscire ad evacuare la zona in maniera sicura, dopo l’uccisione di almeno 25 persone nell’ultimo raid aereo. Il Syrian Observatory for Human Rights, di base inglese, ha dichiarato che, dal mese di aprile, il numero delle vittime civili ha raggiunto la cifra di 285.

Nuovi test missilistici della Russia, questa volta per l’Artico. Il Ministero della Difesa russo ha confermato i test militari con il nuovo sistema missilistico antiaereo Tor-M2DT, tenutisi nella regione Astrakhan. I nuovi missili hanno la particolarità di poter resistere a temperature estreme, fino a -50° Celsius secondo l’agenzia di stampa TASS, e poter essere così impiegati nella regione artica insieme alla flotta russa del Mare del Nord. I primi test sulle armi “artiche” della Russia erano già iniziati nel novembre del 2018, ma ciò denota come Mosca voglia rafforzare la sua presenza nella regione. Le autorità russe hanno già confermato che l’attività della flotta russa nell’oceano artico non vuole costituire alcuna minaccia nei confronti di Stati terzi che già operano nel territorio.

Incidente nel Golfo di Oman, anche Mosca dice la sua. Il Viceministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov, ha commentato l’episodio del Golfo di Oman, dove due petroliere hanno subito ingenti danni in seguito a ciò che si è pensato essere un ulteriore attacco diretto a minare la sicurezza dei trasporti nello Stretto di Hormuz. Ryabkov, che già era stato inviato a Teheran per mediare nel delicato accordo JPCOA, ha detto di non essere precipitosi nel prendere subito una posizione anti-Iran, per ora il maggior sospettato sotto le accuse statunitensi.

Ucraina, allarme all’Europa per il gas. L’Ucraina avvisa l’Europa di prepararsi ad una eventuale crisi nella fornitura del gas nel prossimo anno, a causa delle tensioni con la Russia. L’attuale accordo sarà in vigore fino al 1° gennaio 2020; dopo questa data, sarà da stipulare un nuovo accordo per il transito del gas russo verso l’Europa, la cui riuscita non è certa, secondo il Viceministro degli Esteri ucraino Olena Zerkal.

Zelensky invitato a Washington da Donald Trump. Il Presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, è stato invitato dalla sua controparte statunitense a Washington, secondo le informazioni fornite dall’ambasciata ucraina negli Stati Uniti. Una visita che, se confermata, mostrerebbe pubblicamente il sostegno americano al processo intrapreso dall’Ucraina in questi anni (di integrazione euro-atlantica), e rappresenterebbe un passo concreto e importante verso la sua riuscita.

Baltici, le esercitazioni NATO continuano. Continuano le esercitazioni delle truppe NATO nei paesi Baltici. Esercitazioni che dimostrano anche come l’alleanza stia cercando di valorizzare il suo “fianco” orientale, in particolare dopo le vicissitudini dell’Ucraina; BALTOPS, l’esercitazione navale ora in corso, durerà fino al 21 giugno, con gli USA incaricati di condurre gli altri Stati attraverso la storica seconda flotta, molto attiva durante la Guerra Fredda ma dismessa da Obama nel 2011. La reazione di Mosca? Reagire con altre esercitazioni, per dimostrare di essere pronta a un eventuale scontro armato con le forze NATO.

Varsavia lancia una nuova iniziativa per l’allargamento UE nei Balcani. Il governo polacco ha lanciato un’ulteriore iniziativa al fine di rendere possibile l’allargamento dell’Unione Europea nei Balcani. Di fatti, Varsavia ha rilasciato un documento informale (chiamato per tale motivo “non paper”), con il quale si invita il Consiglio dell’Unione Europea del 18 Giugno a compiere un altro passo di avvicinamento ai Balcani. Nello specifico, si chiede che il Consiglio dell’Unione Europea riconosca la politica di allargamento come lo strumento più efficace per la promozione dei valori europei nell’area balcanica. L’obiettivo del “non-paper” è quello di incoraggiare l’Unione Europea ad iniziare le negoziazioni ufficiali con Tirana e Skopje, per l’ammissione di Albania e Macedonia nell’UE. Il documento è stato accolto favorevolmente da diversi paesi dell’Europa centrale e dalla stessa Italia. L’apertura ufficiale dei negoziati è vista come un tassello decisivo per affermare definitivamente l’influenza europea nell’area balcanica, ridimensionando i progetti di Russia e Cina.

Andrea Maria Vassallo e Mario Ghioldi


MEDIO ORIENTE E NORD AFRICA (MENA)

I Paesi del Maghreb si riuniscono per discutere della situazione libica. Mercoledì 12 giugno, Tunisia, Algeria ed Egitto si sono riuniti a Tunisi nell’ambito di un incontro ministeriale tripartito sul dossier libico. Durante il vertice, i tre ministri degli esteri, Khemaies Jhinaoui (Tunisia), Sabri Boukadoum (Algeria) e Sameh Shoukry (Egitto), hanno ribadito il rifiuto di qualsiasi ingerenza esterna ed invitato le parti in causa ad un immediato cessate fuoco, ripristinando il dialogo sotto l’egida dell’ONU. “Non esiste soluzione militare alla crisi libica, è invece importante salvaguardare il processo politico” - si legge nel comunicato finale. Questi tre Paesi sono innegabilmente interessati alla questione libica e alle sue implicazioni dirette nell’area del Nord Africa. In questo contesto, va sottolineato il ruolo dell’Egitto e il suo solido legame con Haftar; l’uomo forte della Cirenaica è infatti considerato dal presidente egiziano al-Sisi come un “baluardo” contro la minaccia islamista.

Iran-Usa, si acuisce lo scontro. Nella mattinata di giovedì 13 maggio, due petroliere (rispettivamente una norvegese e una giapponese) sono state evacuate nel Golfo dell’Oman; le richieste di soccorso sono state accolte contemporaneamente dalla marina militare iraniana e dalla Quinta flotta della marina militare americana. L’attacco si è verificato ad un mese di distanza da quello avvenuto nel Golfo Persico a danno di quattro petroliere - di cui due saudite. In tal caso, l’incidente coincide con l’ultimo giorno di visita in Iran di Shinzo Abe (Primo ministro del Giappone): l’obiettivo primario del leader nipponico era quello di trovare una mediazione sul dossier nucleare tra Iran e Stati Uniti. Questi ultimi hanno attribuito la responsabilità dell’incidente all’Iran presentando, a sostegno della loro tesi, un video in cui si vedrebbero alcuni Pasdaran (Guardiani della Rivoluzione iraniana) intenti a rimuovere una mina inesplosa dal fianco di una petroliera. Gli esperti si astengono dal confermare l’identità degli individui sull’imbarcazione, nonché la natura dell’oggetto rimosso. l’Iran respinge con forza le accuse statunitensi, etichettandole come infondate e volte a generare una nuova campagna iranofobica.

Algeria, due ex premier arrestati per corruzione. A seguito di un’inchiesta generale sulla corruzione e sul clientelismo in voga nella classe politica algerina, nell’arco di pochi giorni sono stati arrestati due ex premier. Infatti, la Corte Suprema algerina ha sentenziato la detenzione nei confronti di Abdelmalek Sellal (Primo ministro dal 2014 al 2017, ex ministro di vari dicasteri, altresì manager della campagna elettorale di Bouteflika), pochi giorni dopo aver fatto arrestare Ahmed Ouyahia (Primo ministro a più riprese, fino alla formazione dell’ultimo esecutivo). I due, hanno entrambi ricoperto la carica di Primo ministro sotto la (lunghissima) presidenza Bouteflika, il quale è stato costretto – sulla scia della protesta nazionale – a rassegnare le sue dimissioni in aprile. A seguito di ciò, i militari si sono eretti a istituzione più influente del paese: il capo di Stato maggiore Ahmed Gaid Salah sta riversando tutti i suoi sforzi nello scovare figure politiche implicate in casi di corruzione. L’inchiesta sembra essere destinata a coinvolgere altre importanti figure istituzionali.

Vincenzo Battaglia e Federica Sulpizio


ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

ONU - Nazioni Unite. Le agenzie dell’Onu FAO, UNICEF e WFP in una nota congiunta, in merito al Sud Sudan, annunciano che nei prossimi mesi il 61% della popolazione dovrà affrontare livelli estremi di insicurezza alimentare. Le cause principali sono la scarsità delle piogge e il difficile accesso al cibo a causa del prezzo elevato che rende impossibile l’acquisto. Intanto, dall’agosto del 2018, nella Repubblica Democratica del Congo si sta propagando l’epidemia di ebola che ha causato sino ad ora 1.400 morti. In questi giorni, l’OMS - Organizzazione mondiale della Sanità - ha annunciato che l’epidemia ha raggiunto l’Uganda. Anche il Ruanda, paese confinante, teme la diffusione dell’epidemia che metterebbe in ginocchio lo stato.

Michele Pavan


TERRORISMO E SICUREZZA INTERNAZIONALE

Attacco Boko Haram nel lago Ciad. Il week-end scorso, alcuni sospetti combattenti di Boko Haram hanno condotto un attentato in Camerun, provocando la morte di soldati e civili, in uno dei più letali attacchi del gruppo nel Paese. Il ministero della Difesa del Camerun ha sottolineato che "più di 300 combattenti armati di Boko Haram" hanno attaccato posizioni militari su Darak, un'isola vicino al Lago Chad nella regione settentrionale del Camerun, a circa 1.000 km dalla capitale Yaounde. Il bilancio, che è stato rivisto più volte in seguito all’attacco, è di 24 morti, tra cui 16 soldati e 8 civili (secondo quanto riportato da al Jazeera). Mentre una fonte militare ha riferito all'agenzia di stampa AFP che i combattenti hanno ucciso almeno 37 persone e che sono stati catturati circa 40 aggressori. Boko Haram non si limita a colpire la Nigeria (ove il gruppo ha la sua maggiore influenza, specialmente nel nord-est), bensì altri stati limitrofi quali il Camerun, Niger e Chad.

Combattere il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Il Ministero italiano dell’Economia e delle Finanze ha evidenziato, tramite una seconda analisi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo in Italia condotta dal Comitato di sicurezza finanziaria (CSF) durante il periodo 2014-18, che l’Italia è ritenuta capace di rispondere ai rischi di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo. In Italia la valutazione del rischio riciclaggio è “molto significativa”, ovvero nel gradino più alto della scala a 4 valori adottata per l’analisi di alcuni fenomeni di fondo presenti nel Paese; mentre per il finanziamento del terrorismo, tale valutazione è ritenuta “abbastanza significativa”, ovvero contrassegnata da una scala di valore 3 su 4. Ciò è dovuto soprattutto ai fattori di contesto che permeano il sistema economico, come ad esempio l’uso ancora molto diffuso del contante o come le attività illegali (droga, prostituzione e contrabbando di sigarette, incluso l’indotto). Tale analisi viene fatta a livello mondiale e ogni Paese ha esposto i propri rischi sulla base del lavoro di quindici agenzie, che hanno deciso di unire le forze (insieme agli organi di controllo) con l’obiettivo di sviluppare una strategia comune per combattere il riciclaggio di denaro e il finanziamento al terrorismo.

Afghanistan, un fronte sempre più rilevante per lo Stato islamico. Dopo le sconfitte riportate in Siria e Iraq, l’Isis ha tentato di riorganizzarsi aprendo nuovi fronti in Asia e Africa. Nella riconversione del suo progetto originario, lo Stato islamico avrebbe riservato un ruolo alquanto significativo all’Afghanistan. L’attacco terroristico del 13 giugno contro un veicolo della polizia a Jalalabad - nella provincia di Nangarhar - è solo l’ultimo, in ordine temporale, di numerosi attentati perpetrati dai miliziani dell’IS in territorio afghano. Secondo le forze di sicurezza locali e statunitensi, il Califfato sta reclutando in Afghanistan nuovi combattenti per pianificare attacchi contro gli Usa e altri paesi occidentali. L’IS-K (la sigla con la quale si definiscono gli affiliati afghani dello Stato islamico - Khorasan Province) conta oggi migliaia di combattenti, provenienti dall’Asia Centrale, nonché da altri territori, quali l’India, il Bangladesh e la Cecenia. Inoltre, l’Isis avrebbe esteso la sua sfera di influenza dal Nangarhar ad altre tre province (Nuristan, Kunar e Laghman).

L’Isis in Siria, gravemente ferito ma non morto. L’Isis, seppur sconfitto territorialmente e pertanto ridimensionato, continua a configurarsi come una concreta minaccia in Siria. L’operatività di Daesh è dimostrata dai vari attacchi perpetrati dai suoi militanti, che mirano a colpire anzitutto le SDF (Syrian democratic forces). L’ultimo attentato, rivendicato dallo stesso Stato islamico, è avvenuto a Raqqa - ex capitale del Califfato nero - ove una serie di esplosioni ha provocato diverse vittime (tra cui 2 membri delle SDF). Inoltre, come riportato nella scorsa edizione, l’Isis ha di recente adottato una nuova tattica, non violenta ma altrettanto brutale: bruciare migliaia di ettari coltivati nelle aree nord-orientali della Siria al fine di alimentare il terrore e “affamare” i civili. In questo contesto, i partner internazionali sono intervenuti in supporto delle SDF, inviando equipaggiamento tecnico e appositi strumenti per prevenire e spegnere i roghi.

Laura Vaccaro Senna e Vincenzo Battaglia



Framing the world un progetto ideato e creato grazie alla collaborazione di un team di associati di Mondo Internazionale.

Andrea Maria Vassallo: Europa Orientale e Federazione Russa

Federica Sulpizio: Medio Oriente e Nord Africa

Laura Vaccaro Senna: Terrorismo e Sicurezza Internazionale

Leonardo Aldeghi: Economia e Finanza Internazionale

Leonardo Cherici: Europa occidentale e Unione europea

Marcello Alberizzi: Africa Sub-Sahariana

Mario Ghioldi: Europa Orientale e Federazione Russa

Marta Stroppa: Diritti Umani

Michele Pavan: America, Oceania e Organizzazioni Internazionali

Stefano Sartorio: Asia ed Estremo Oriente


Vincenzo Battaglia: Medio Oriente e Nord Africa; Terrorismo e Sicurezza Internazionale

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