Summit di San Pietroburgo: un piccolo passo per evitare l'isolamento

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  Tiziano Sini
  03 agosto 2023
  2 minuti, 38 secondi

Il Summit tenutosi a San Pietroburgo è stato un’occasione di confronto relativamente importante, in grado di far riflettere sulla posizione internazionale assunta dalla Russia ad un anno e mezzo dall’inizio del conflitto in Ucraina. Nonostante non si tratti della prima edizione del vertice, questa sta comunque assumendo un notevole significato, soprattutto alla luce degli sviluppi diplomatici e delle scelte politiche intraprese di recente dagli attori globali.

Se, da un lato, è piuttosto chiaro che l’apertura dei lavori del Summit, dopo quattro anni, non sia solamente occasione di confronto in ambito economico ma acquisisca anche una natura soprattutto simbolica e funzionale a rompere, almeno parzialmente, l’isolamento internazionale in cui versa il Paese, dall’altro, è cosa assai nota che, per quanto gli investimenti diretti esteri in Africa rappresentino una cifra esigua, la Russia negli ultimi anni abbia esercitato una notevole influenza politica su alcune zone del continente[1]. Proprio quest’ultimo aspetto è stato dirimente nell'attrarre molti Paesi al vertice benché rispetto alla prima edizione, tenutasi nel 2019, i Capi di Stato presenti sono stati solamente 16. Tra l'altro, è una posizione resa ancora più fredda dalla dipartita della Black Sea Grain Initiative, il fondamentale accordo sul grano che ne garantiva il trasporto sicuro nel Mar Nero ma interrotto per ritorsione proprio dalla Russia: le conseguenze sono risultate da subito importanti, soprattutto nel continente africano. Ciò ha fatto propendere lo stesso Putin a promettere di inviare gratuitamente grano in Africa, ai Paesi più bisognosi, nell’arco dei prossimi 3-4 mesi[2].

Inoltre, il Summit ha offerto l’opportunità di implementare un altro tipo di business. Seguendo il mantra anticoloniale che Putin ed i vertici russi hanno voluto imprimere all’iniziativa, questa è stata infatti l’occasione propizia per creare nuove sinergie e partnership con i Paesi africani anche nella vendita delle armi; una delle voci già attualmente più consistenti per quanto riguarda l’interscambio commerciale fra Russia e il continente africano.

Questo non è stato però l’unico aspetto che ha destato interesse e una certa dose di preoccupazione, quanto la presenza del capo della Wagner, Prigozhin, il cui ruolo e le cui ambizioni sono state al centro del dibattito nell’ultimo periodo, dopo il tentato colpo di Stato e l’avanzata verso Mosca. La sua presenza dimostra quindi una certa rilevanza e l'attribuzione di un ruolo ancora preminente in Russia, specialmente in Africa[3].

Non è, infatti, una sorpresa l’apporto del gruppo paramilitare in diversi Paesi come Libia, Eritrea, Sudan, Algeria, Mali, Burkina Faso, Camerun, Sud Sudan, Guinea Equatoriale, Repubblica Centrafricana, Madagascar, Mozambico e Zimbabwe, in cambio di vantaggiosi contratti e spesso anche accesso alle risorse naturali, come accade nella Repubblica Centrafricana. Si tratta di una situazione che non fa stare tranquilli i Paesi europei, vista anche la capacità della Russia di esercitare una certa influenza nell’area, come dimostrano i recenti casi di Sudan e Niger[4].

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Fonti di riferimento per l'articolo:

Immagine: https://pixabay.com/it/photos/globo-carta-geografica-paesi-bordi-3383082/

[1] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/summit-russia-africa-relazioni-al-banco-di-prova-137691

[2] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/07/27/putin-pronti-a-inviare-grano-gratuitamente-in-africa_33252094-dcfa-4636-9df3-c57ee1d6fb11.html

[3] https://www.analisidifesa.it/2023/07/al-summit-russia-africa-si-parla-anche-di-forniture-militari/

[4] https://www.agi.it/estero/news/2023-06-26/forziere-wagner-africa-21996639/#:~:text=Questo%20ha%20permesso%20a%20Prigojine,della%20Wagner%20%C3%A8%20in%20Africa.

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