Frontex e le accuse di collaborazione con la Libia

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  Veronica Grazzi
  27 febbraio 2024
  5 minuti, 15 secondi

In una recente indagine pubblicata da Lighthouse Report, Frontex viene accusata di aver condiviso tramite mail la posizione delle imbarcazioni di migranti con la guardia costiera libica più di 2.000 volte in tre anni. Le accuse si inseriscono in un contesto più ampio di collaborazione e accordi dell'Unione Europea con stati strategicamente rilevanti per esternalizzare la gestione dei flussi migratori.

Che cos’è Frontex e come opera

Frontex è stata fondata nel 2004 ed è l'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera. È nata con l'obiettivo di rafforzare la sicurezza e il controllo delle frontiere esterne dell'Unione Europea. Frontex supporta in termini di personale e risorse in aspetti come il contrasto alla criminalità transfrontaliera, la sorveglianza aerea e la raccolta di informazioni, le procedure di rimpatrio e l'utilizzo di nuove tecnologie. 

Dopo la crisi migratoria del 2015, gli stati di frontiera, soprattutto nell'Europa orientale e meridionale, hanno deciso di militarizzare i propri confini per evitare l'ingresso di migranti e richiedenti asilo e hanno spinto per l’ulteriore allargamento dell’agenzia, che nel bilancio 2021-2027 dell'Unione Europea ha ottenuto circa 5,6 miliardi di euro (un budget superiore alla maggior parte delle altre agenzie europee). Oltre a centinaia di agenti Frontex, vengono dispiegati anche mezzi militari come navi, aerei e droni per condurre le operazioni di sorveglianza. I video, i dati e le informazioni raccolte vengono inviate alla base centrale di Frontex a Varsavia, dove viene deciso quando e chi allertare riguardo alle imbarcazioni in difficoltà. L’utilizzo della tecnologia può essere un metodo efficace per sorvegliare ampie zone marittime e di confine; tuttavia, Frontex viene accusata di inviare i dati e la posizione dei migranti alle autorità libiche nonostante più volte la Libia non sia stata ritenuta un "porto sicuro".

Matteo de Bellis, ricercatore sui diritti dei rifugiati di Amnesty International, riassume bene il concetto dichiarando: "Frontex utilizza aerei e droni per individuare tutte le persone che cercano di raggiungere la sicurezza in Europa attraversando il Mediterraneo, per poi allertare la guardia costiera libica. Di conseguenza, rifugiati e migranti vengono regolarmente intercettati e riportati in Libia, dove subiscono detenzioni arbitrarie e torture su scala di massa".

La rotta del Mediterraneo Centrale è già particolarmente pericolosa soprattutto per le sfide che pone la traversata in mare. Secondo il Missing Migrant Project di IOM, a partire dal lancio del progetto nel 2014 si sono registrate 29.056 morti e/o sparizioni lungo la rotta. Migliaia di migranti e richiedenti asilo sono morti nel tentativo di raggiungere l'Europa dal Nord Africa, in particolare dalla Libia, mentre l'Unione europea viene accusata di fornire imbarcazioni, addestramento e sorveglianza aerea a gruppi armati libici in modo da poter intercettare e riportare con la forza le persone in Libia.

Perché la Libia non è considerato un porto sicuro

Alcune delle organizzazioni internazionali più importanti che operano nella realtà della migrazione (ECRE, IOM, Amnesty international) insieme a rapporti di media e ONG hanno denunciato più volte le violazioni dei diritti umani in Libia. Anche il report del segretario generale Antonio Guterres sulla Missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia dichiara: "Ribadisco che la Libia non è un porto di sbarco sicuro e che a tutti i rifugiati e migranti intercettati lungo la rotta del Mediterraneo centrale dovrebbe essere assegnato un porto di sbarco sicuro, in conformità con il diritto del mare, il diritto marittimo internazionale, il diritto internazionale dei diritti umani e il diritto dei rifugiati.” Il motivo per cui la Libia non è considerata un porto sicuro comprende soprattutto i continui abusi nei confronti delle persone in movimento che vengono messe nei centri di detenzione, dove denunciano stupri e torture. La maggior parte viene rilasciata solo dopo che le loro famiglie hanno pagato migliaia di dollari di riscatto.

Ulteriore conferma arriva dalla recente sentenza della Corte di cassazione italiana, che ha condannato il comandante di un rimorchiatore che operava in acque internazionali vicino a delle piattaforme petrolifere. Nel luglio 2018, dopo aver avvistato un gommone con migranti in difficoltà, il rimorchiatore ha ospitato le persone a bordo, consegnandole successivamente alle Guardia Costiera Libica. La sentenza dichiara che il comandante della Asso 28 «riconduceva i 101 naufraghi imbarcati, facendoli trasbordare su una motovedetta libica, procurando ad essi un danno grave, consistente nel loro respingimento collettivo, quale condotta vietata dalle convenzioni internazionali». I giudici hanno stabilito che si è trattato di respingimento verso un paese considerato non sicuro, e quindi di un'azione vietata dalla Convenzione europea per i diritti umani. In effetti, ai migranti è stata negata l'opportunità di ottenere protezione internazionale e sono stati trasferiti in un Paese dove sono stati ampiamente documentati abusi e torture.

Già in precedenza l’agenzia di collaborazione Lighthouse Reports aveva pubblicato dei report riguardo alle modalità di collaborazione tra l'agenzia di frontiera dell'UE Frontex e la Guardia costiera libica, evidenziando i collegamenti diretti tra le risorse aeree di Frontex che avvistano le imbarcazioni e la loro successiva intercettazione da parte della Guardia costiera. Nonostante le continue segnalazioni di abusi e torture, Frontex ha evitato di criticare pubblicamente la Guardia costiera libica. E finora era relativamente complicato avere un'idea della misura in cui Frontex ha condiviso le informazioni con la Guardia costiera libica.

Le raccomandazioni per evitare ulteriori morti in mare e le collaborazioni con stati che commettono violazioni di diritti umani parlano di stabilire percorsi sicuri e legali per la migrazione e la sospensione della cooperazione con le autorità libiche fino a quando non garantiranno di rispettare l'obbligo di non rimpatriare le persone in luoghi dove subiscono abusi, condizioni di detenzione disumane e non hanno accesso alla protezione internazionale. L'Unione Europea dovrebbe concentrarsi sul salvataggio di vite umane e garantire che le persone vengano fatte sbarcare in un porto sicuro senza essere restituite agli abusi che hanno subito o subiranno in Libia, utilizzando i suoi notevoli mezzi e capacità tecniche per assumersi le responsabilità di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo.

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L'Autore

Veronica Grazzi

Veronica Grazzi è originaria di un piccolo paese vicino a Trento, Trentino Alto-Adige ed è nata il 10 dicembre 1999.

Si è laureata in scienze internazionali e diplomatiche all’università di Bologna, ed è durante questo periodo che si è appassionata al mondo della scrittura grazie ad un tirocinio presso la testata giornalistica Il Post di Milano. Si è poi iscritta ad una Laurea Magistrale in inglese in Studi Europei ed Internazionali presso la scuola di Studi Internazionali dell’Università di Trento.

Grazie al Progetto Erasmus+ ha vissuto sei mesi in Estonia, dove ha focalizzato i suoi studi sulla relazione tra diritti umani e tecnologia. Si è poi spostata in Ungheria per svolgere un tirocinio presso l’ambasciata d’Italia a Budapest nell’ambito del bando MAECI-CRUI, dove si è appassionata ulteriormente alla politica europea ed alle politiche di confine.

Veronica si trova ora a Vienna, dove sta svolgendo un tirocinio presso l’Agenzia specializzata ONU per lo Sviluppo Industriale Sostenibile. È in questo contesto che ha sviluppato il suo interesse per l’area di aiuti umanitari e diritti umani, prendendo poi parte a varie opportunità di formazione nell’ambito.

In Mondo Internazionale Post, Veronica è un'Autrice per l’area tematica di Diritti Umani.

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Diritti Umani

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Libia Frontex Diritti umani Soccorso Protezione internazionale Porto sicuro