Gender Alert a Gaza

Una prospettiva di genere sulla crisi umanitaria

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  Chiara Giovannoni
  07 marzo 2024
  4 minuti, 20 secondi

Lo scorso 19 gennaio, Sima Bahous, direttrice esecutiva di UN Women dichiarava: “Abbiamo visto ancora una volta che le donne e i bambini sono le prime vittime dei conflitti e che il nostro dovere di cercare la pace è un dovere nei loro confronti. Li stiamo deludendo”. Dall’inizio del conflitto, lo scorso 7 ottobre, circa 24,620 palestinesi sono stati uccisi nella Striscia di Gaza e tra questi, il 70% erano donne o bambini. Più verosimilmente, secondo una stima fatta dalla UN Women, il numero di donne uccise dalle forze israeliane si aggirerebbe intorno alle 9000. Inoltre, circa 3000 donne sono rimaste vedove e 10.000 bambini senza padre, condizione che porta alla preoccupazione per molte giovani di ricadere in meccanismi come i matrimoni precoci

Nella drammaticità del conflitto, le donne e le bambine si trovano ancora una volta in svantaggio rispetto al genere maschile, soprattutto per quanto riguarda i servizi e le risorse alimentari. La mancanza di entrate, che ha colpito circa l’85% dei lavoratori nella Striscia di Gaza, rende la ricerca di cibo ancora più complicata. Una valutazione condotta dalla stessa UN Women su un campione di 120 donne lo scorso febbraio, ha rivelato che l’84% delle famiglie delle intervistate mangia la metà, o anche meno, di quanto facessero prima dell’inizio della guerra. E in questi casi, le prime ad abbandonare l’idea di mangiare sono le madri che serbano il poco cibo a disposizione per i propri figli. Il rischio di carestia si fa sempre più imminente a causa degli scarsi aiuti umanitari e delle ostilità che non permettono lo svolgimento della quotidianità. Allo stesso modo, la carenza di acqua pulita rappresenta un grande problema per le donne e le bambine in quanto, soprattutto durante le mestruazioni, necessitano di un quantitativo di acqua più importante per poter gestire con dignità la situazione.

Il problema della scarsità di cibo e acqua è strettamente legato ad un’altra questione: la gravidanza. Secondo il Comitato per l’eliminazione della discriminazione contro le donne, nei prossimi mesi circa 5500 donne partoriranno senza la certezza di un rifugio sicuro. La condizione delle madri a Gaza era già estremamente delicata prima dell’inizio della guerra quando queste venivano seguite da medici pieni di lavoro che non avevano abbastanza tempo da dedicare alle singole pazienti.Che si tratti del periodo della gravidanza o di quello dell’allattamento, il rischio di malnutrizione può comportare problematiche serie alla salute della madre e del feto. Attualmente, a causa del conflitto, alle donne viene negato un accesso ai servizi ostetrici di emergenza, necessari al fine di partorire in modo sicuro. Le sale parto vengono improvvisate nelle case, nei rifugi o nelle strade, dove le condizioni sanitarie sono pessime, e il rischio di infezione e complicazioni è molto alto. Le morti per parto rischiano di aumentare esponenzialmente a causa della mancanza di accesso a cure adeguate. Allo stesso modo, la vita dei nascituri è appesa a un filo. Nel caso di una mancanza totale di carburante nelle strutture ospedaliere, le vite dei bambini nati prematuri, che necessitano di cure intensive neonatali, sarebbero a rischio. Nel caso in cui madri e figli riuscissero a sopravvivere alla guerra, quest’ultima rischia di rimanere ben ancorata alle loro vite. Infatti, secondo ricerche svolte in paesi come l’Afghanistan, la Siria e la Somalia, in cui i conflitti armati rappresentano la normalità, le condizioni di vita delle madri sono strettamente legate ad aborti spontanei, anomalie congenite, bambini nati morti e mortalità materna. Le cause di morti materne vanno aumentando, e tra loro, le più frequenti sono le emorragie, le malattie tromboemboliche e i parti distocici o ostruiti.

Il 16 gennaio 2024 in una dichiarazione, il Comitato sull’eliminazione della discriminazione contro le donne ha affrontato il problema deplorando il fatto che le donne fossero tra le prime vittime della violenza legata ai conflitti. Oltre a ciò, il Comitatoriconosce che il perdurare della guerra e dell’assedio provoca danni gravi a tutte le donne e le ragazze, comprese le donne incinte e le donne con disabilità. Ciò costituisce una grave crisi umanitaria, dei diritti umani e della salute pubblica, e una macchia sulla nostra coscienza collettiva". Le donne, da ottobre, sono state oggetto di violenze sessuali inaudite e di violenze basate sul genere. Donne e ragazze vengono private di ogni tipo di sicurezza, di medicinali e di un’assistenza sanitaria, oltre a un riparo sicuro. Gli ospedali, nonostante siano protetti dal diritto internazionale umanitario, sono stati colpiti ripetutamente da attacchi israeliani. Secondo UN Women attualmente a Gaza sono presenti solo due rifugi per donne, entrambi chiusi. Dare alla luce i propri figli in luoghi igienici e sicuri è diventato quasi impossibile, senza ambulanze ne sostegno medico adeguato. Ogni giorno 37 madri vengono uccise, quasi due ogni ora. Dietro questi numeri ci sono persone, ci sono madri, figlie, sorelle e amiche. Ci sono esseri umani che chiedono la libertà di non dover lottare, ogni giorno, per la propria vita e per quella dei propri figli.

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L'Autore

Chiara Giovannoni

Chiara Giovannoni, classe 2000, è laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Università di Bologna. Attualmente frequenta il corso di laurea magistrale in Strategie Culturali per la Cooperazione e lo sviluppo presso l’Università Roma3.

Interessata alle relazioni internazionali, in particolare alla dimensione dei diritti umani e alla cooperazione.

E’ volontaria presso un’organizzazione no profit che si occupa dei diritti dei minori in varie aree del mondo.

In Mondo Internazionale ricopre la carica di autrice per l’area tematica Diritti Umani.

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Diritti Umani

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Gaza Donne parto Carestia gravidanza