Guerra in Ucraina: “Offerta finale”

Washington a Kyiv: “Prendere o lasciare”. Il piano USA per il cessate il fuoco premia Mosca con la Crimea e (forse) altre quattro regioni. Chi proteggerà l'Ucraina da questa pax americana?

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  Giuliana Băruș
  26 aprile 2025
  6 minuti, 1 secondo

Nessun Paese può modificare i confini di un altro con la forza

Nel luglio 2018, l’allora segretario di Stato Mike Pompeo firmava la Crimea Declaration, affermando che gli Stati Uniti non riconoscevano e non avrebbero riconosciuto l’annessione della Crimea da parte della Russia.

Il 23 aprile 2025, la Casa Bianca ha proposto a Kyiv un piano che prevede il riconoscimento della Crimea come regione russa. L’Ucraina deve adesso rispondere a una bozza di accordo di pace con la Russia, presentata unilateralmente da Washington: la sua offerta finale”.



“Prendere o lasciare”

Secondo il testo della bozza, lunga una sola pagina, il presidente americano offre alla Russia queste condizioni:

1) il riconoscimento legale dell’annessione della Crimea da parte della Russia: per gli USA, la Crimea invasa nel 2014 dai soldati di Mosca diventerà una regione russa;

2) il riconoscimento del controllo militare della Russia sulle aree dell’Ucraina che ha preso con la forza durante la guerra;

3) la promessa che l’Ucraina non entrerà nella NATO. Kyiv potrebbe però entrare nell’Unione Europea;

4) la fine delle sanzioni imposte a Mosca dal 2014;

5) una cooperazione economica intensificata nel settore dell’energia e in quello industriale.


In cambio Trump offre all’Ucraina:

1) una solida garanzia di sicurezza che coinvolga un gruppo di Paesi europei (e potenzialmente anche extraeuropei): un'operazione di peacekeeping che non menziona alcuna partecipazione degli Stati Uniti;

2) la restituzione della piccola porzione della regione di Kharkiv occupata dalla Russia;

3) il libero passaggio sul fiume Dnipro, de facto la linea del fronte che separa soldati russi e ucraini nell’Ucraina meridionale (adesso non è navigabile perché esposto al fuoco);

4) risarcimenti e assistenza per la ricostruzione, ma il documento non specifica la provenienza dei finanziamenti.

Il presidente russo ha ammesso che potrebbe rinunciare a una delle richieste fatte in precedenza: il controllo totale di quattro regioni dell’Ucraina sud-orientale parzialmente invase dai soldati russi. Regioni occupate soltanto in parte: conquistarne la totalità sarebbe per Mosca uno sforzo enorme, non riuscito in più di tre anni di conflitto. 



Nel negoziato con Trump, Putin offre di rinunciare a qualcosa che non ha

Per Kyiv il piano del presidente statunitense è una capitolazione. L'Ucraina accetta l’idea di un cessate il fuoco sulla linea del fronte attuale, ma non vuole e non può cedere i propri territori alla Russia: sarebbe l'inizio della fine per la sua esistenza come Stato sovrano, una variazione sul tema Bielorussia.

Trump, invece, è pronto a riconoscere giuridicamente il passaggio della Crimea alla Russia, e forse anche quello di quattro regioni dell’Ucraina sud-orientale Luhansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia rifiutando allo stesso tempo l’ingresso di Kyiv nella NATO (possibile solo quello nell'Unione Europea).

Il piano è palesemente squilibrato. E Mosca si oppone anche all’esistenza futura di un esercito ucraino forte e all’invio di soldati europei come garanzia di sicurezza. Pur mostrandosi pragmatica sulla questione territoriale, l’Unione Europea non può tuttavia tollerare che l’Ucraina, oltre che amputata, esca ulteriormente indebolita da questa pax americana.



Pax Americana 

Nella frattura del campo occidentale sull’Ucraina, la prima crepa è emersa con la defezione del segretario di Stato statunitense Marco Rubio dall’incontro tra Washington e l’Europa, previsto per il 23 aprile a Londra.

Il 25 aprile, l'inviato speciale americano Steve Witkoff è arrivato a Mosca per incontrare Vladimir Putin: il quarto incontro con il presidente russo per discutere di un possibile accordo per una tregua in Ucraina.

Intanto una pioggia di oltre 70 missili e 145 droni russi si è abbattuta nella notte precedente sull'Ucraina provocando almeno 12 morti e 70 feriti nella capitale. Unanime la condanna dell'Europa: Il vero ostacolo alla pace è Mosca, non Kyiv”, ha dichiarato l'alto rappresentante Ue Kallas. E la Germania avverte: “No a diktat in Ucraina, serve una pace giusta ed equa”. 

Lo scontro in streaming nello Studio Ovale ha mostrato al mondo da che parte ha scelto di schierarsi la Casa Bianca. La maschera è caduta: l'insofferenza di Washington per Zelensky e le sorti dell’Ucraina, costretta a negoziare per restituire agli USA quanto ricevuto nei tre anni di una guerra d'aggressione, non viene più celata. L’Europa assiste in diretta alla morte della diplomazia e della giustizia internazionale: il ricatto del più forte sul più debole, con vero atteggiamento mafioso” secondo The Economist. Zelensky però insiste: prima il cessate il fuoco e poi l'accordo. Trump invece vuole l'ordine contrario. Mosca tace e trae vantaggio. Le debolezze della democrazia contro la velocità muscolare dell'autocrazia.



Ucraina, terra incognita 

C'è un aggressore, che è la Russia, e c'è un popolo aggredito: l'Ucraina. La notte e la guerra si compenetrano e si confondono.

Sulla guerra in Ucraina, e su Gaza, l’Europa vuole essere garante della legge e della ragione davanti a Washington, che ha deciso di privilegiare la forza e di ignorare le norme del diritto internazionale: avrà però i mezzi per mettere in pratica le sue dichiarazioni? Ora Bruxelles sa con certezza di non poter più contare sull’amministrazione americana nel sostegno a Kyiv.

Nello scenario peggiore, l’Europa potrebbe ritrovarsi con un’Ucraina che vuole portare avanti la guerra senza il sostegno della Casa Bianca. Trump ha già dichiarato che Zelensky, se vuole, può continuare a combattere e perdere il resto del Paese.

Da Kyiv c'è la richiesta di garanzie. E la comprensibile diffidenza verso il Cremlino:

We need security guarantee. We cannot trust Putin

Perché quando il garante Trump terminerà il mandato, chi proteggerà l'Ucraina? Chi assicurerà a Kyiv di non essere di nuovo sotto attacco?

La guerra continua.


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L'Autore

Giuliana Băruș

Studi in Giurisprudenza e Diritto Internazionale a Trieste.
Oltre che di Diritto (e di diritti), appassionata di geopolitica, giornalismo – quello lento, narrativo, che racconta storie ed esplora mondi fotoreportage, musica underground e cinema indipendente.

Da sempre “permanently dislocated un voyageur sur la terreabita i confini, fisici e metaforici, quelle patrie elettive di chi si sente a casa solo nell'intersezionalità di sovrapposizioni identitarie: la realtà in divenire si vede meglio agli estremi che dal centro. Viaggiare per scrivere soprattutto di migrazioni, conflitti e diritti e scrivere per viaggiare, alla ricerca di geografie interiori per esplorarne l’ambiguità e i punti d’ombra creati dalla luce.

Nel 2023, ha viaggiato e vissuto in quattro paesi diversi: Romania, sua terra d'origine, Albania, Georgia e Turchia.
Affascinata, quindi, dallo spazio post-sovietico dell'Europa centro-orientale; dalla cultura millenaria del Mediterraneo; e dalle sfaccettate complessità del Medio Oriente.

In Mondo Internazionale Post è autrice per la sezione Organizzazioni Internazionali”.

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