"I can't breathe"

Un triste déjà vu di fronte all’impotenza di #BlackLivesMatter

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  Laura Rodriguez
  16 gennaio 2023
  4 minuti, 56 secondi

Un triste evento quello avvenuto lo scorso 3 gennaio a Los Angeles che ha portato alla morte del giovane professore 31enne Keenan Anderson. Uomo di colore, afroamericano, forse queste le sue uniche ‘colpe’ oltre alla presunta responsabilità nell’incidente stradale a cui aveva preso parte quel giorno e per il quale era stato fermato dalla polizia. Una ricostruzione dei fatti alquanto confusa, come spesso accade in casi di questo tipo, che sembra però non lasciare dubbi circa l’atteggiamento fin da subito aggressivo da parte dei poliziotti nei suoi confronti. Quest’ultimo è stato giustificato sulla base del presunto comportamento "erratico" del giovane, dovuto all’assunzione di cocaina e cannabis, le cui tracce sarebbero state trovate poi nel sangue della vittima. Ciò che è fuori di dubbio è la paura che riecheggiava negli occhi e nelle parole di Anderson mentre si trovava costretto a stare a terra a pancia in giù, bloccato da un agente che, premendogli col gomito sul collo, consentiva in questo modo al suo collega di utilizzare una pistola taser. Così Anderson è entrato in arresto cardiaco e a poco sono serviti i tentativi dei medici di salvarlo una volta giunto in ospedale, dove ha perso la vita nel giro di un breve lasso di tempo.

"Stanno cercando di uccidermi come hanno fatto con George Floyd" sono state le parole pronunciate dal giovane. Parole agghiaccianti, parole che hanno subito portato alla memoria un altro tragico omicidio avvenuto il 25 maggio 2020 nella città di Minneapolis. La vittima, anche in questo caso, era un uomo afroamericano che, secondo le ricostruzioni della polizia americana, avrebbe opposto resistenza disobbedendo agli ordini degli ufficiali, costringendoli a ricorrere alle maniere forti. L’uomo, 46enne, aveva cercato invano di fermarli facendo capire loro di non riuscire più a respirare. Tutte parole inutili: dopo 8 minuti e 46 secondi di soffocamento sotto al ginocchio del poliziotto, Floyd ha smesso di respirare ed è morto in mezzo alla strada sotto gli occhi dei passanti.

Forse è stata questa la goccia che ha fatto traboccare il vaso? Sta di fatto che in seguito a questo avvenimento (vergognosamente) ordinario, il movimento Black Lives Matter ha invaso le strade statunitensi e mondiali, organizzando proteste per ottenere un mondo più equo, meno violento, più giusto. 

Black Lives Matter

Ma facciamo ora un salto indietro nel tempo e ripercorriamo la storia di questo movimento, nato da una forte indignazione nei confronti di una violenza marcatamente razzista che ha segnato, e segna tuttora, diverse vicende negli USA. Se è vero che il Black Lives Matter è salito agli onori della cronaca più di recente (dal 2020 in seguito al caso Floyd), la sua origine ha radici più profonde e specifiche che si radicano negli anni. In seguito all’assoluzione di George Zimmerman dalle accuse di omicidio di un afroamericano, nel 2013 hanno cominciato ad apparire sui social i primi hashtag #blacklivesmatter, su iniziativa di 3 donne di colore desiderose di giustizia per l’uccisione del giovane 17enne Trayvon Martin. Questi primi passi hanno in qualche modo ispirato delle proteste pacifiche nelle varie piazze americane; proteste che, purtroppo, seguivano le sempre più frequenti aggressioni ai danni delle persone afroamericane. È solito associare agli attivisti del movimento il simbolo del pugno nero, un’immagine che compare spesso ancora oggi su cartelloni e striscioni, ma che ha una lunga storia alle spalle (era utilizzato già ai tempi del Black Panther Party, organizzazione politica degli anni ’60 per i diritti civili dei neri). Alicia Garza, Patrisse Cullors e Opal Tometi, fondatrici del movimento, sono di fatto riuscite negli anni a trasformare delle semplici azioni di protesta (a volte anche dispersive e mal gestite) in un vero e proprio attivismo organizzato che si avvale di un’azione globale per chiedere ai governi di porre fine alla brutalità della polizia e al razzismo istituzionale.

La morte di Floyd, infatti, è stata motrice di cambiamenti vistosi (e a volte anche controversi), soprattutto dal punto di vista culturale-simbolico. Il fatto che diversi manager abbiano dato le loro dimissioni per far posto a leader afroamericani così come le donazioni di milioni di euro da parte di alcune celebrità alle organizzazioni affiliate al movimento, è solo una piccola dimostrazione della "rivoluzione" che ha preso piede. Abbiamo parlato di un’azione globale perché sì, questo voleva essere il messaggio: il razzismo non si manifesta solo nell’omicidio di Floyd a Minneapolis, ma anche nelle discriminazioni quotidiane riscontrabili ovunque in forma più o meno mascherata.

Non è ancora abbastanza

Una maggiore consapevolezza delle ingiustizie sociali, una forte empatia e solidarietà dimostrata nei confronti della popolazione di colore, vittima ancora oggi di violenze inammissibili, non possono però essere la sola risposta al problema latente. Infatti, al fine di evitare che il Back Lives Matter diventi uno slogan vuoto, il cambiamento richiede una maggiore coerenza nelle azioni giornaliere, un’invasione che pervada le strade, la politica e la coscienza sociale. Obiettivo quest’ultimo che sembra svanire di fronte ad eventi come la morte di Keenan Anderson.

Siamo tornati indietro nel tempo? O forse non siamo mai realmente andati avanti? Fatto sta che l’omicidio di Anderson appare ancora più paradossale quando si scopre il legame "di sangue" tra questo e il movimento #blacklivesmatter. Keenan era infatti il cugino di una delle fondatrici del movimento, Patrisse Cullors, la quale non ha ovviamente mancato di mostrare la sua indignazione nei confronti di una crudeltà imperdonabile.

Parole che si perdono nell’aria e che non riusciranno a fermare questo tipo di uso della forza fino a che non verranno sfidate non solo le forze di polizia, ma anche le politiche messe in atto.

Fonti utilizzate:

https://www.hikmasummit.com/archive/blacklivesmatter

https://www.tuttoamerica.it/storia-usa/black-lives-matter/

https://www.wired.it/attualita/politica/2020/06/30/black-lives-matter-obiettivi-raggiunti/

Tanika Siscoe, #BlackLivesMatter: This Generation's Civil Rights Movement, Portland State University, 2016

Fonte immagine:

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    Laura Rodriguez

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    Diritti Umani

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    blacklivesmatter Violenza afroamericani polizia USA attivismo