Il caso Assange

Londra ha accettato l’appello della difesa

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  Giorgia Savoia
  25 aprile 2024
  2 minuti, 3 secondi

Giornalista, programmatore e attivista australiano, Julian Assange è noto per essere il cofondatore e caporedattore dell'organizzazione divulgativa WikiLeaks.

Nel 2010, dopo aver rivelato tramite WikiLeaks documenti statunitensi segretati riguardanti crimini di guerra commessi in Afghanistan e Iraq, è stato incriminato negli USA con 18 accuse di spionaggio. 

Per sfuggire all’estradizione, dal giugno 2012 all’aprile 2019 si è rifugiato nella sede diplomatica dell’Ecuador. Successivamente è stato arrestato dai servizi segreti britannici, dopo che il Paese sudamericano ha deciso di ritirare la cittadinanza e lo ha espulso.

Dall’11 aprile 2019 Julian Assange è recluso nel carcere britannico di alta sicurezza di Belmarsh, in attesa dell’esito della richiesta di estradizione presentata dagli Usa, dove rischierebbe fino a 175 anni di carcere ai sensi della Legge sullo spionaggio del 1917, l’Espionage Act, una norma emanata in tempo di guerra, ma mai utilizzata, che mira a colpire il legittimo lavoro di giornalisti e pubblicisti.

Dopo anni di battaglie, l’Alta corte britannica ha accettato la richiesta di appello contro l’estradizione presentata dalla difesa, la quale sarà esaminata il 20 maggio. I legali di Assange hanno affermato che punire il loro assistito violerebbe il suo diritto alla libertà di espressione e il principio della libertà di stampa, sanciti sia dal Primo emendamento della Costituzione statunitense sia dalla Convenzione europea sui diritti umani. In caso di estradizione, si creerebbe un grave precedente di violazione di questi diritti, fondamentali per garantire il pluralismo in una società che possa essere definita “democratica”.

Nel frattempo, però, il 16 aprile gli Stati Uniti hanno fornito le garanzie richieste dall’Alta Corte del Regno Unito: la possibilità di far valere il diritto alla libertà di parola sancito dal Primo Emendamento della Costituzione statunitense e l’impossibilità di aggiungere nuove accuse che potrebbero comportare la pena di morte. L’estradizione sembrerebbe così avvicinarsi.

“Il suo caso è una vergogna per ogni democrazia”, ha detto Stella, la moglie del giornalista australiano. "È un giornalista ed è perseguitato perché ha denunciato il vero costo della guerra in vite umane" ha aggiunto.

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Giorgia Savoia

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Società

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Stati Uniti libertà di espressione libertà di stampa londra Diritti umani