Il dramma africano di Israele

Vecchie inimicizie riaffiorano mentre gli sforzi di Netanyahu per un reset diplomatico in Africa vengono messi alla prova.

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  Chiara Cecere
  25 febbraio 2023
  3 minuti, 24 secondi

Israele ha ricostruito i legami con molte nazioni africane dopo la fine della Guerra Fredda, soprattutto grazie al grande sostegno statunitense. Negli ultimi anni, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha puntato a stringere legami più stretti con altri Paesi africani e cercato di spingere queste Nazioni a stabilire ambasciate - in modo controverso - a Gerusalemme, con successi limitati. 

Poiché il continente africano riveste una grande importanza in termini di politica estera israeliana, la questione dello sviluppo delle relazioni con i Paesi continentali è da tempo, una delle priorità dell'amministrazione di Tel Aviv. Gli Accordi di Abraham, in vigore dal 15 settembre 2020, includono dichiarazioni di normalizzazione tra Israele, Emirati Arabi Uniti (EAU) e Bahrein. Hanno anche dato un grande impulso agli sforzi di normalizzazione di Tel Aviv con i Paesi africani. Dopo i contatti avuti in Sudan il 2 febbraio 2023, il Ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen ha annunciato di aver concordato gli aspetti dell'accordo di pace che verrà firmato tra Sudan e Israele. L'accordo sarà firmato a Washington dopo che il governo provvisorio sudanese avrà ceduto i suoi poteri a un governo civile. Il Sudan diventerà così il quarto Paese, dopo gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrein e il Marocco, a firmare un accordo di normalizzazione con Tel Aviv.
Il settore agricolo israeliano è noto per le innovazioni in rami specifici, quali le tecnologie agricole, i sistemi di irrigazione e gli strumenti agricoli adatti ai climi caldi e secchi. Pertanto, il continente africano ha un enorme potenziale di mercato sia per i prodotti agricoli che per le tecnologie agricole prodotte da Israele, che mira a normalizzare le relazioni.

Nonostante questi accordi, un incidente diplomatico è accaduto il 18 febbraio 2023 al Vertice dell'Unione Africana in Etiopia, in cui l'alto delegato israeliano al vertice è stato rimosso. L'Unione Africana ha dichiarato che lo status di osservatore di Israele presso il blocco è stato sospeso, motivo per cui non è stato invitato a partecipare al vertice del fine settimana. Le tensioni erano sorte per il modo in cui a Israele era stato concesso lo status di osservatore all'UA, nonostante la posizione di lunga data degli Stati membri africani a sostegno della Palestina. Un portavoce del ministero degli Esteri israeliano ha dichiarato che Bar-li era "un osservatore accreditato con un cartellino d'ingresso" e ha accusato l'UA di essere presa in ostaggio da un "piccolo numero di Stati estremisti come l'Algeria e il Sudafrica, guidati dall'odio e controllati dall'Iran". 

L'incidente ha messo in luce una disputa all'interno del blocco panafricano per la decisione unilaterale del 2021 del Presidente del Chad, Mahamat Idriss Déby Itno, di concedere a Israele lo status di osservatore, scatenando le proteste di diversi Stati membri. Israele aveva ottenuto lo status di osservatore dopo due decenni di sforzi diplomatici. In precedenza aveva ricoperto questo ruolo presso l'Organizzazione dell'Unità Africana (OUA), ma era stato a lungo ostacolato nei suoi tentativi di riottenerlo dopo che l'OUA è stata sciolta nel 2002 e sostituita dall'UA.
Il Ministero degli Esteri israeliano aveva dichiarato all'epoca che il nuovo status avrebbe potuto consentire a Israele e all'UA di instaurare una cooperazione più forte su vari aspetti, tra cui la lotta contro il coronavirus e la prevenzione "della diffusione del terrorismo estremista" nel continente africano. 

Il Sudafrica sostiene la causa palestinese, con relazioni diplomatiche formali stabilite nel 1995, un anno dopo la fine dell'apartheid. Nel 2019 ha ridotto la sua ambasciata a Tel Aviv a un ufficio di collegamento. Il governo sudafricano, alla luce di questa vicenda, ha dichiarato che la decisione dell'Unione Africana di concedere lo status a Israele è "ancora più scioccante in un anno in cui il popolo oppresso della Palestina è stato perseguitato da bombardamenti distruttivi e da continui insediamenti illegali sul territorio". 

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L'Autore

Chiara Cecere

La mia passione per ciò che studio deriva dalla mia inappagabile curiosità, unita ad un briciolo di idealismo. Per quest’ultimo aspetto, le mie esperienze all’estero in precedenza sono state concentrate sui paesi scandinavi: ho trascorso un anno a Stoccolma lavorando come ragazza alla pari durante il mio gap year prima dell’università e ho vinto lo scambio con la prestigiosa università di Lund da gennaio a giugno 2020, durante la triennale in Diplomatic International Sciences all'Università di Bologna. La mia determinazione è confermata dal fatto che sia riuscita a raggiungere un buon livello di svedese in meno di un anno. Inoltre, il secondo semestre del primo anno (gennaio 2022), ho preso parte ad un secondo Erasmus presso l’università di Science Po Lyon, che ho vinto facendo domanda per la carriera futura, magistrale di International Relations - International Affairs. Sono appassionata ed entusiasta riguardo alla scelta del corso di studi triennale, per cui ho scelto di continuare con una magistrale in International Affairs all’università di Bologna. Ho scelto il curriculum di International Affairs proprio perché sono attratta da aree geografiche diverse dall’Europa, in particolare l’Africa. Considero la mia apertura mentale e la mia sensibilità culturale le mie migliori qualità, e la mia forza motrice è una grande curiosità unita a un pizzico di idealismo.

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