Il sostegno dell'Unione europea al settore automotive

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  Giulia d'Angelis
  08 maggio 2025
  4 minuti, 10 secondi

In passato, sarebbe stato possibile affermare che le grandi economie europee traevano parte della loro ricchezza e prosperità dall’industria automobilistica. Attualmente, il calo drastico delle vendite di veicoli e l’annunciata chiusura di interi stabilimenti - cui fanno seguito licenziamenti collettivi - mostrano un quadro ben diverso. Il settore automotive europeo sta infatti affrontando una grave crisi le cui origini derivano da una serie di cause differenti, ma tutte accomunate dal medesimo esito: la perdita di competitività in un settore chiave dell’Unione europea.

Le cause della crisi

In primis, si ritiene che il processo di transizione verde e digitale intrapreso dai paesi europei non abbia favorito il settore dell’automobile, al quale è stato richiesto di dover diversificare in pochi anni la propria produzione a favore dell’elettrico, riscontrando un ristretto bacino di consumatori disposti a sostenere i costi ancora molto elevati dei veicoli a zero emissioni. Difatti, la normativa in vigore richiedeva alle aziende automobilistiche di ridurre le emissioni di anidride carbonica del 15% entro il 2025. Tale obiettivo è stato oggetto di numerose critiche e perplessità, soprattutto relative al ristretto periodo di tempo concesso per adeguarsi a un simile standard. Anche a causa di queste pressioni, la Commissione ha infine concesso altri due anni alle aziende per conformarsi a quanto richiesto, rimandando quindi il termine ultimo di adeguamento al 2027.

In secondo luogo, risulta necessario evidenziare il significativo impatto della concorrenza esercitata da altri paesi quali la Cina, il cui settore dell’auto è meno vincolato al rispetto di rigidi criteri normativi - in particolare in materia di emissioni - e detiene il primato nel campo della produzione di batterie.

La reazione europea

In tale contesto, la reazione dell’Unione europea è stata sicuramente tempestiva. Nel gennaio 2025, infatti, la Commissione ha lanciato un’iniziativa denominata “Dialogo Strategico sul futuro dell’industria automotive” che mirava a coinvolgere direttamente i principali leader industriali e i portatori di interesse in una discussione incentrata sulle iniziative da intraprendere per riemergere dalla profonda crisi in cui versa attualmente il settore automobilistico europeo.

Le conclusioni emerse da questo confronto tra istituzioni e mondo imprenditoriale sono state riportate in un più ampio Action Plan, presentato dal Commissario europeo per i trasporti sostenibili Apostolos Tzitzikostas nel marzo 2025.

In particolare, all’interno del piano viene delineata una precisa strategia finalizzata ad assicurare un adeguato accesso alle risorse e incrementare la ricerca in campo tecnologico, anche grazie alla definizione di un chiaro quadro normativo.

Il progetto si sviluppa intorno a cinque pilastri che, da una parte, rimandano al processo di digitalizzazione e di transizione verde in corso ma che, d’altra parte, sottolineano anche la necessità di assicurare la competitività di un settore il quale, secondo recenti stime, impiega più di 13 milioni di lavoratori e contribuisce per quasi un trilione di euro al prodotto interno lordo europeo.

Più in generale, è possibile affermare come il piano si muova su due direttrici differenti ma strettamente interconnesse.

Il primo focus riguarda gli investimenti nel campo della produzione di batterie e software che siano, al contempo, rispettosi dell’ambiente e a basso costo.

Successivamente, in qualità di autorità regolamentatrice, la Commissione europea si sofferma sulla dimensione normativa del fenomeno, anticipando l’intenzione di presentare proposte di legislazione in cui dovranno essere specificate le modalità di tali finanziamenti, gli esiti previsti e i requisiti di conformità.

Al di là degli aspetti più prettamente tecnici e finanziari, una grande attenzione è rivolta alla delicata tematica del mantenimento dei posti di lavoro. Si stima, infatti, che a causa dell’alta specializzazione che la transizione tecnologica richiede e, dunque, la necessità di manodopera qualificata, un significativo numero di persone potrebbero perdere la propria occupazione.

In questo senso, l’Unione europea dispone già di importanti strumenti di sostegno, come il Fondo sociale europeo, ed è altresì determinata ad agire tempestivamente nel caso in cui una simile situazione si verificasse, anche incentivando iniziative volte all’acquisizione di nuove competenze in un settore che si trova ora ad attraversare cambiamenti epocali.

Le prime critiche al Piano

Alla presentazione del piano d’azione hanno immediatamente fatto seguito le reazioni contrastanti dei partiti e dei sindacati europei, i quali hanno principalmente criticato la mancanza di numerosi aspetti, che erano stati invece oggetto di discussione nei mesi precedenti, e la difficile convivenza tra la concreta efficacia del progetto - in termini di occupazione e competitività - e gli obiettivi di sviluppo sostenibile, considerati ormai un pilastro dell’agenda europea.

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L'Autore

Giulia d'Angelis

Giulia d’Angelis è nata a Fondi (LT) nel 2000. Ha frequentato il corso di Laurea Triennale in Scienze politiche e Relazioni internazionali presso La Sapienza, Università di Roma, e si è laureata nell’ottobre 2022 con una tesi sulla Presidenza Sassoli. Ha poi frequentato il corso di Laurea Magistrale in Relazioni Internazionali e Istituzioni Sovranazionali, presso la medesima Università, laureandosi nell’ottobre 2024 con una tesi sull'allargamento dell'Unione europea. Da sempre appassionata di attualità internazionale, sta approfondendo in particolare l’analisi dell’Unione europea e delle sue politiche, concentrandosi anche sulla proiezione esterna dell’Unione e sui paesi candidati all’adesione nell’Ue.

Attualmente fa parte di Mondo Internazionale come Autrice presso Mondo Internazionale Post - Organizzazioni Internazionali, dove ha modo di analizzare nello specifico le politiche europee e il loro impatto.

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