Lo scorso 28 aprile è stato arrestato a Firenze dopo una “caccia all'uomo” di tre giorni Olivier A., accusato di aver ucciso durante una preghiera nella moschea di La Grand-Combe, nel sud della Francia, il fedele musulmano 23enne Aboubakar Cissè. Si potrebbe definire un atto di “islamofobia”? Questo tragico evento ha riacceso il dibattito che dura ormai più di vent'anni riguardo il significato del termine, creando spaccature tra il popolo e il governo francese che non sembrano al momento avere possibilità di conciliarsi.
Perchè "islamofobia" non sarebbe un termine adatto?
Si tratta di un dibattito che in Francia va avanti già da tempo e che è stato riaperto dal recente evento: la controversia vede alcuni schierati a favore dell'uso del termine “islamofobia” e altri contro. Questi ultimi ritengono che il termine sia ambiguo e, perciò, prediligerebbero parlare di “haine antimusulmane” (“odio anti-musulmano”) per evitare l'uso di una parola che, a loro detta, sarebbe stata strumentalizzata dall'Islam radicale per indicare qualsiasi critica rivolta alla loro comunità musulmana, più o meno legittima, che origina dalla preoccupazione verso una radicalizzazione e tendenza sempre più conservatrice dell'Islam. Si tratta di una convinzione che, nonostante infondata se messa alla prova dei fatti, è ancora oggi ampiamente diffusa in Francia e sono proprio eventi come questo a far riaffiorare a galla il dibattito e riaccendere la discussione. L'infondatezza della strumentalizzazione del termine sarebbe comprovata dal fatto che la parola era già in uso in Francia all'inizio del secolo scorso per descrivere ogni forma di pregiudizio occidentale nei confronti dell'Islam, senza necessariamente rintracciare una comune matrice ideologica. Tuttavia, gli attacchi terroristici dell'ultimo decennio hanno visto un'esponenziale aumento della fruizione del termine, che rimane comunque corretto per indicare un fenomeno sistemico e per distinguerlo dal generico concetto di razzismo e discriminazione.
L'origine del dibattito
Vincent Geisser, autore di “The News Islamophobia” (2003) e ricercatore presso il Centre National de la Recherce Scientifique (CNRS), ha segnalato come il dibattito fosse già avviato intorno al 2003 e che sarebbe originato da una fake news riguardo l'etimologia della parola: la saggista Caroline Fouresthad, infatti, sosteneva che “islamofobia” fosse una fabbricazione del regime dei mullah per soddisfare l'islamizzazione dell'Europea. Da allora, alcuni ritengono che sia una parola fondamentalmente ideologica che serve a coprire l'Islam radicale per giustificarne così l'islamizzazione delle società europee. Questa teoria, però, non è supportata da alcun fatto ed è perciò ritenuta null'altro che “leggenda”. Tuttavia, il termine ha probabilmente un'origine francese e avrebbe come prima data di apparizione il 1910. Questo chiarimento non ha comunque fermato l'ondata di disinformazione, che, inter alia, ha visto come protagonista in episodi a più riprese dal 2012 Manuel Valls, attualmente ministro della Francia d'oltremare. Geisser afferma che, nonostante la liceità e l'appropriatezza del termine, un abuso della parola da parte di chi muove critiche in generale alla religione islamica non è consono, in quanto non tutte le critiche nascondono necessariamente una matrice razzista o discriminatoria. I redattori di Charlie Ebdo, per esempio, rifiutavano l'affiliazione alla matrice islamofobica per le loro vignette satiriche, sostenendo la pericolosità nell'accostare a critiche verso la religione islamica un fondo di odio razzista.
Chi è a favore e chi è contro?
Il procuratore della città di Alès ha definito l'omicidio di Cissè come “antimusulmano” e “islamofobico”, così come il primo ministro Bayrou e il leader del partito La France Insoumise, Mélenchon. Il termine non è stato invece usato dal presidente Macron e del ministro dell'Interno Retailleau, così come da esponenti del Partito Socialista e da alcune associazioni antirazziste, le quali preferirebbero parlare di “matrice razzista” e “odio dell'Islam e dei musulmani”.
Un tema divisivo in uno Stato laico
L'islamofobia in Francia ha lunghe radici che si insinuano anche sul versante politico: nel 2004 era stata approvata una legge che vietava di “ostentare” simboli religiosi nelle scuole pubbliche, secondo il principio costituzionale di laicità dello Stato. Nonostante questo significasse l'impossibilità di indossare una croce al collo per i cattolici osservanti o la kippah per gli uomini ebrei, il motivo dietro tale provvedimento era principalmente la volontà di vietare alle ragazze musulmano di indossare il velo in classe. Dato il contesto, non sorprende come il dibattito sul termine sia acceso e divisivo e nonostante molti restii all'uso del termine siano arrivati ad un a forma di accettazione, la strada verso una prospettiva comune rimane ancora da spianare.
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