Negli ultimi giorni si è parlato di tentativi da parte di Israele di intimidire e minacciare personalmente figure importanti che lavorano alla Corte penale internazionale (CPI), incoraggiandoli a fermare qualsiasi attività contro Israele. Queste attività potrebbero essere perseguibili come “reati contro l’amministrazione della giustizia”.
Netanyahu e la Corte penale internazionale
Nell’ultima settimana l’arena giuridica internazionale ha preso posizioni importanti riguardo al conflitto tra Israele ed Hamas. La Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) - l’organo giudiziario delle Nazioni Unite - ha richiesto di fermare l’offensiva a Rafah mentre la Corte penale internazionale (CPI) ossia l’organo giudiziario indipendente con giurisdizione sulle persone accusate di crimini gravissimi come genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra ha parlato di mandato di arresto internazionale per alcuni leader di Hamas ed israeliani. Tra queste dichiarazioni ce ne è stata un’altra che ha catturato l’attenzione; il procuratore capo della CPI Karim Khan ha avvertito che “tutti i tentativi di impedire, intimidire o influenzare impropriamente i funzionari della Corte devono cessare subito".
La spiegazione è arrivata dal giornale israelo-palestinese "+972" e dalla testata in lingua ebraica "Local Call" che hanno pubblicato i risultati di un’indagine che evidenzia come Israele sia coinvolto in tentativi di interferenza contro la Corte da molto tempo, si parla addirittura di dieci anni. Nello specifico, sembra che Israele abbia usato le proprie risorse di intelligence per sorvegliare ed intercettare chiamate ed email di Karim Khan e Fatou Bensouda (ex procuratrice capo), arrivando anche a minacce personali.
L’indagine
Molte testate internazionali definiscono la dinamica come una “guerra segreta” iniziata nel 2015 quando Fatou Bensouda decise di far aderire la Palestina alla Corte Penale Internazionale ed avviò un esame preliminare sulla situazione nei territori palestinesi. Israele parlò di terrorismo diplomatico e Fatou ricevette minacce personali a casa di fermare il lavoro che stava portando avanti. Ex ufficiali di intelligence israeliana ammettono che anche le chiamate di Fatou con ONG palestinesi per raccogliere informazioni utili al caso (la Corte non aveva l’autorizzazione da Israele ad entrare fisicamente in territorio palestinese) erano tutte intercettate per cercare di ostacolare le comunicazioni.
Nel 2019 avvennero una serie di incontri segreti tra la Corte e una delegazione israeliana che cercò di contestare la giurisdizione di Bensouda sulla Palestina. In seguito Fatou decise che c’erano delle basi per ritenere Israele responsabile di crimini di guerra nei territori occupati, ma per il momento decise di non avviare un indagine formale. Ci sono prove che in quel periodo esponenti di forze governative e di sicurezza israeliane contattarono nuovamente Fatou con fare intimidatorio sulla questione.
Karim Khan prese ufficio nel 2021 e la situazione è tornata al centro dell’attenzione con gli avvenimenti del 7 ottobre 2023. Israele sempre tramite intelligence è venuto a sapere delle intenzioni del procuratore di rilasciare mandati di arresto internazionali contro Netanyahu e Gallant come il procuratore ha effettivamente dichiarato ufficialmente settimana scorsa, sottolineando che verrà fatto rispettare il diritto umanitario e che i due verranno accusati di sterminio, negazione di aiuti umanitari e di aver deliberatamente preso di mira i civili. È la prima volta che un procuratore richiede mandati di arresto contro il leader di un alleato occidentale. Sembra che anche l’ufficio di Khan abbia dovuto aumentare la sicurezza, un portavoce ha fatto sapere di aver ricevuto diverse minacce e comunicazioni da Israele per cercare di scoraggiare e influenzare le attività in corso.
L’ipotesi di reato per crimini contro la giustizia
Secondo gli esperti di diritto internazionale, l’inchiesta potrebbe risultare in reato penale per Netanyahu utilizzando come base l’articolo 70 dello statuto fondativo della Corte relativo all'amministrazione della giustizia. Nello specifico, l’articolo 70 rende “ostacolare, intimidire o influenzare in modo corruttivo un funzionario della Corte allo scopo di costringerlo o persuaderlo a non svolgere o a svolgere in modo improprio i propri compiti” un reato su cui la Corte ha giurisdizione e può investigare.
L’uso di minacce e il tentativo di influenzare ingiustamente indagini indipendenti sembrano basi solide per attivare l’articolo ma allo stesso tempo alcuni attori sostengono che servano ulteriori indagini. Il Guardian ha chiesto all’ufficio di Netanyahu di commentare a riguardo ma c’è stata solo una risposta sul fatto che si stia parlando di accuse false ed infondate. La posizione di Israele viene sostenuta da alcuni attori internazionali; ad esempio Stati Uniti, Germania e Regno Unito si oppongono sia al mandato di arresto internazionale sia alle accuse di "minacce o intimidazioni" contro i membri della Corte Penale Internazionale.
Riguardo all’articolo 70, la Corte dovrebbe cercare di agire abbastanza in fretta perchè i reati contenuti in tale articolo hanno un termine di prescrizione di cinque anni. Si è cercato di ottenere più informazioni per capire se effettivamente l’ufficio di Khan avrebbe considerato di avviare indagini attivando l’articolo 70 ma per ora sembra non ci siano ulteriori commenti oltre a quello fornito da Khan pubblicamente.
Per garantire il funzionamento del diritto internazionale e delle istituzioni internazionali, il sistema di giustizia andrebbe anche protetto da minacce esterne in modo da garantire che possa svolgere il proprio ruolo di perseguire i peggiori crimini internazionali.
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L'Autore
Veronica Grazzi
Veronica Grazzi è originaria di un piccolo paese vicino a Trento, Trentino Alto-Adige ed è nata il 10 dicembre 1999.
Si è laureata in scienze internazionali e diplomatiche all’università di Bologna, ed è durante questo periodo che si è appassionata al mondo della scrittura grazie ad un tirocinio presso la testata giornalistica Il Post di Milano. Si è poi iscritta ad una Laurea Magistrale in inglese in Studi Europei ed Internazionali presso la scuola di Studi Internazionali dell’Università di Trento.
Grazie al Progetto Erasmus+ ha vissuto sei mesi in Estonia, dove ha focalizzato i suoi studi sulla relazione tra diritti umani e tecnologia. Si è poi spostata in Ungheria per svolgere un tirocinio presso l’ambasciata d’Italia a Budapest nell’ambito del bando MAECI-CRUI, dove si è appassionata ulteriormente alla politica europea ed alle politiche di confine.
Veronica si trova ora a Vienna, dove sta svolgendo un tirocinio presso l’Agenzia specializzata ONU per lo Sviluppo Industriale Sostenibile. È in questo contesto che ha sviluppato il suo interesse per l’area di aiuti umanitari e diritti umani, prendendo poi parte a varie opportunità di formazione nell’ambito.
In Mondo Internazionale Post, Veronica è un'Autrice per l’area tematica di Diritti Umani.
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