Just kidding

Come diffondere odio e farla franca

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  Matteo Gabutti
  21 giugno 2024
  10 minuti, 14 secondi

A pochi giorni dalle elezioni europee, la Germania si è trovata a discutere intorno a un video di pochi secondi che ha già raccolto oltre un milione e mezzo di visualizzazioni su X.

La clip è stata girata a Sylt, isola tedesca vicina al confine con la Danimarca. Il soggetto non sono però le bianche spiagge del Mare del Nord alla luce del crepuscolo, ma piuttosto un party nel dehors di un bar. I protagonisti sono cinque giovani che cantano sulle note de L’amour toujours, il tormentone dance dei primi anni 2000 di Gigi D’Agostino.

Più precisamente, sull’inconfondibile intro cadenzata del dj italiano i cinque intonano un motivetto che si discosta dall’amore eterno celebrato nel testo originale: “Deutschland den Deutschen, Ausländer raus”, ovvero “la Germania ai Tedeschi, fuori gli stranieri”. Uno di loro improvvisa persino una coreografia, muovendo a ritmo il braccio destro teso mentre porta due dita sotto le narici, rievocando il baffetto più tristemente famoso del Novecento.

La verosimile allusione a Adolf Hitler intento a fare il saluto romano non è che la più pittoresca reinterpretazione de L’amour toujours, che negli ultimi mesi è divenuto un autentico meme dell’estrema destra tedesca.



Tormentone neonazi

Secondo l’emittente bavarese BR24, quello di Sylt è solo l’ultimo di una serie di episodi analoghi osservati in tutta la Germania. Tra questi, spicca una festa in una discoteca a Greding in seguito a una conferenza del partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD), alla presenza di membri e parlamentari statali dell’AfD e di esponenti del gruppo giovanile Junge Alternative.

Esplicitare lo slogan xenofobo risulterebbe addirittura superfluo tanto è assodato il suo legame con L’amour toujours, al punto che gli organizzatori dell’Oktoberfest di Monaco hanno annunciato di voler bandire la canzone.

Quella che nacque come una hit sdolcinata sembra aver irrevocabilmente mutato pelle in un inno di propaganda neonazi.

“I giovani potrebbero non accorgersi nemmeno della serietà [della cosa]”, ha detto a BR24 Rupert Grübl, direttore dell’Ufficio per l’Educazione politica della Baviera. Nelle sue parole, sarebbe una precisa tattica della destra quella di dire “era solo uno scherzo. Ma con certe cose si diffondono naturalmente delle idee nella società con la parola. E si usa il potere della parola per rompere certi tabù”.

In Germania, fare mostra di simboli nazisti è illegale, così come il negazionismo verso l’Olocausto e il Volksverhetzung, ovvero l’incitamento all’odio verso individui o gruppi su basi etnico-religiose. Tuttavia, muovendosi sul filo dello scherzo ironico, slogan come quello registrato a Sylt possono sfuggire alla stretta legalista agli eccessi della libertà d’espressione.

In tal senso, se davvero è lecito parlare di tattica, quella dell’estrema destra teutonica non costituisce un unicum nel panorama internazionale.



Alt-right

Nel 2017, l’HuffPost pubblicava una guida di diciassette pagine con la linea editoriale del blog neonazista americano The Daily Stormer, apparentemente stilata dal fondatore del sito in persona, tale Andrew Anglin.

Classe 1984 originario dell’Ohio, agli albori della Presidenza Trump quest’ultimo veniva incoronato come “il più abile propagandista dell’alt-right” dal reporter Luke O’Brien, autore di un articolo in cui traccia le ombre e contraddizioni della parabola biografica di Anglin.

Per alt-right – diminutivo di alternative right, ‘destra alternativa’ – s’intende quel movimento sociopolitico di estrema destra che ha preso piede negli Stati Uniti negli anni Dieci, e in particolare dal 2014 al 2017. Darne una definizione univoca è pressoché impossibile poiché il termine abbraccia una realtà eterogenea e talvolta contradditoria, sviluppatasi in modo anarchico “parassitando su altre ideologie”, tra cui libertarismo conservatore, antifemminismo e suprematismo bianco. A lungo confinata in rete, l’alt-right scese in strada a Charlottesville (VA) nell’agosto 2017 con un corteo cui parteciparono neonazisti, neo-Confederati e membri del Ku Klux Klan armati di torce, in una manifestazione conclusa nel sangue che segnò il culmine e l’inizio del declino del movimento.

Andrew Anglin e il suo The Daily Stormer si collocano quindi nell’ascesa virtuale dell’alt-right.



Just kidding

Sempre secondo O’Brien, due sono le fonti d’ispirazione per l’approccio editoriale di Anglin: il Mein Kampf hitleriano e il libro Rules for Radicals dello scrittore e attivista statunitense Saul Alinsky. Dal primo avrebbe imparato a banalizzare il discorso, ripetendo allo sfinimento un numero limitato di tematiche a prescindere dalla loro attinenza. Dal secondo, la lezione più importante sarebbe “il ridicolo è l’arma più potente dell’uomo”.

Proprio quest’ultima nozione permea la guida per gli autori de The Daily Stormer. L’ironia è infatti fondamentale per lo scopo dichiarato del sito di “diffondere il messaggio di nazionalismo e antisemitismo alle masse.”

Per esempio, gli insulti razziali dovrebbero apparire tra il serio e il faceto – “come una battuta razzista a cui tutti ridono perché è vera”. Inoltre, appropriarsi di “meme culturali” associando concetti nazisti a film e canzoni costituisce un metodo per inculcarli al lettore in modo più digeribile – come “aggiungere gusto di ciliegia a una medicina per bambini”. Ancora, iperboli ridicolmente esagerate sono incoraggiate per “normalizzare l’accettazione della violenza come una possibilità/inevitabilità” e “deumanizzare il nemico, al punto in cui le persone son pronte a ridere della sua morte”.

Il ricorso all’ironia non è dunque incidentale ma deliberato, col fine di non varcare la soglia legale dell’incitamento alla violenza, e nel contempo di mettere la pulce nell’orecchio del “pubblico non indottrinato” senza esplicitare se si stia scherzando o meno. Così, The Daily Stormer può sempre ripararsi dietro la foglia di fico del ‘just kidding – ‘è solo uno scherzo’ –, sebbene, afferma Anglin, “questo è ovviamente solo uno schema e io voglio davvero gassare gli ebrei”.



Gocce di tempesta

Secondo Leonardo Bianchi, autore de Le prime gocce della tempesta, questa stessa logica opererebbe anche in molte espressioni politiche della destra europea. Come l’alt-right americana si è impossessata del personaggio di Pepe the Frog dell’illustratore Matt Furie – mostrato nell’immagine dell’articolo –, così l’estrema destra tedesca ha fatto suo L’Amour toujours di Gigi D’Ag. Tanto l’artista statunitense quanto il dj italiano hanno assistito impotenti all’imbastardimento e alla politicizzazione delle proprie creature, ridotte a meme dell’estrema destra.

Nel suo libro-inchiesta, Bianchi esplora il terrorismo suprematista bianco contemporaneo, rivelando come la banalizzazione di un vocabolario d’odio presso la società civile e in seno alle istituzioni politiche finisca per creare un inquietante “senso comune”. Così, battute e goliardate erodono la tenuta liberaldemocratica di un Paese, normalizzando concetti xenofobi e fascisti.

Quel che conta è la plausible deniability – ‘negazione plausibile’ –, la possibilità di coprirsi con un velo d’ironia che scagioni dall’accusa di incitamento all’odio o di apologia di nazifascismo.

Rimanendo in Italia, caso eclatante è quello di Selene Ticchi, militante di estrema destra assolta dall’accusa di aver violato la Legge Mancino nel 2018, quando a Predappio partecipò alla commemorazione della Marcia su Roma indossando una maglietta con la scritta “Auschwitzland” rassomigliante al logo di Disneyland.

Nella sfera politica, il generale Vannacci ha recentemente fornito un esempio da manuale sdoganando la Decima Mas. Quest’ultima fu una formazione militare che dopo l’Armistizio si schierò a fianco dei Nazisti contro Alleati e partigiani macchiandosi di torture, fucilazioni, rastrellamenti, furti e saccheggi, e il cui comandante Junio Valerio Borghese, il principe nero, nel 1970 si rese protagonista del tentativo di golpe che ancora porta il suo nome per instaurare un governo autoritario. Il candidato del Carroccio ha infatti esortato gli elettori a fare “una DECIMA” sul logo del partito, uno slogan semiserio rievocato con una maglietta indossata a Porta a Porta. Risultato: oltre mezzo milione di voti per il generale, mentre il deputato leghista Furgiuele introduce il simbolo della X Mas in Parlamento durante una rissa scoppiata alla Camera il 12 giugno.



Caveat emptor

È irrealistico ascrivere la precisa linea editoriale di un blog come The Daily Stormer a un movimento fluido ed eterogeneo come l’alt-right. Lo è ancora di più nei confronti di ciò che chiamiamo coi termini pigliatutto di destra ed estrema destra europea, come se queste costituissero delle entità monolitiche con un’unica agenda e un’unica voce.

Inoltre, secondo lo storico statunitense Joshua Tait, l’attenzione che l’ascesa di Trump e il Trumpismo portarono sull’alt-right ha finito per esagerarne l’impatto e la coesione. Ciononostante, avverte Tait, a suon di meme e slogan estremi semiseri, l’alt-right ha reintrodotto e normalizzato concetti razzisti e antisemiti che hanno spostato il baricentro del discorso pubblico americano verso un polo illiberale. Nelle sue parole, “l’alt-right dimostra il collasso dei guardrails intellettuali e politici sulla destra”.

Il meme della Decima di Vannacci non è dunque tanto problematico in sé, ma diventa più inquietante in un quadro di detti e non detti, battute e allusioni, da parte di un’élite post-fascista che minimizzando e ‘consegnando alla storia’ il fascismo si rifiuta di farci i conti e condannarlo.

Non si tratta di instaurare la paventata ‘dittatura del politicamente corretto’ né d’impelagarsi in sterili diatribe linguistiche. Invece, come ricorda Leonardo Bianchi ai microfoni di Internazionale, si tratta di stare in guardia nei confronti di una serie di discorsi d’odio che vengono normalizzati e sdoganati “dietro il paravento dell’ironia”.

Come una rondine non fa primavera, un meme e una canzone travisata non fanno il nazifascismo. Tuttavia, avverte Bianchi, “un nazista ironico rimane pur sempre un nazista”.


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L'Autore

Matteo Gabutti

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Matteo Gabutti è uno studente classe 2000 originario della provincia di Torino. Nel capoluogo piemontese ha frequentato il Liceo classico Massimo D'Azeglio, per poi conseguire anche il diploma di scuola superiore statunitense presso la prestigiosa Phillips Academy di Andover (Massachusetts). Dopo aver conseguito la laurea in International Relations and Diplomatic Affairs presso l'Università di Bologna, al momento sta conseguendo il master in International Governance and Diplomacy offerto alla Paris School of International Affairs di SciencesPo. All'interno di Mondo Internazionale ricopre il ruolo di autore per l'area tematica Legge e Società, oltre a contribuire frequentemente alla stesura di articoli per il periodico geopolitico Kosmos.

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Matteo Gabutti is a graduate student born in 2000 in the province of Turin. In the Piedmont capital he has attended Liceo Massimo D'Azeglio, a secondary school specializing in classical studies, after which he also graduated from Phillips Academy Andover (MA), one of the most prestigious preparatory schools in the U.S. After his bachelor's in International Relations and Diplomatic Affairs at the University of Bologna, he is currently pursuing a master's in International Governance and Diplomacy at SciencesPo's Paris School of International Affairs. He works with Mondo Internazionale as an author for the thematic area of Law and Society, and he is a frequent contributor for the geopolitical journal Kosmos.

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