La Cina e l’UE nella guerra in Ucraina: un equilibrio delicato tra interessi economici e geopolitici

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  Sofia Ena
  26 maggio 2023
  6 minuti, 31 secondi

Nel corso degli ultimi decenni, la Cina ha acquisito un ruolo sempre più centrale nello scacchiere geopolitico mondiale, grazie alla sua forza economica, commerciale e tecnologica. Inoltre, è sempre più evidente come il paese riesca a plasmare l’agenda diplomatica globale, come osservato dalla recente mediazione tra Iran e Arabia Saudita.

L'UE e la Cina hanno instaurato dal 2003 un dialogo strutturato intorno al "partenariato strategico globale", il quale si è ampliato e approfondito nel tempo. L'Unione Europea è da allora cosciente del fatto che non possa considerare il paese come un nemico, ma come un concorrente strategico con cui è fondamentale, oggi più che mai, mantenere un dialogo diplomatico ed economico aperto, per rispondere inoltre alle sfide globali come i cambiamenti climatici o la conservazione della biodiversità.

Le relazioni con la Cina sono ora portate avanti dall’UE attraverso un piano di de-risking. La presidente Von der Leyen ha parlato infatti di evitare un disaccoppiamento alla stregua di quello di Pechino con gli Stati Uniti, sottolineando la volontà di mantenere relazioni economiche e industriali con il paese al fine di minimizzare i rischi per i paesi europei. Slegarsi dalla Cina, non è un interesse dell’UE.

Anche dall’altro lato, la Cina cerca di mantenere un rapporto saldo con un mercato molto più attraente di quello americano. Mentre le relazioni con gli USA sembrano essere irrimediabilmente compromesse, il gigante asiatico teme di perdere la partnership economica con l’UE, principale alleato commerciale.

Seppur tale dialogo andrà avanti a seconda della posizione cinese nelle relazioni con la Russia, il modo in cui l'Ue gestirà i rapporti con la Repubblica Popolare sarà un fattore determinante non solo per la futura prosperità economica e la sicurezza a livello europeo, ma anche per i risvolti della guerra in Ucraina.

L'incontro tra von der Leyen, Macron e i leader cinesi a fine aprile 2023 ha infatti portato a una telefonata tra Xi Jinping e Zelensky, segnale di un'evoluzione positiva nei colloqui tra UE e Cina avviati a novembre 2022.

La telefonata, la quale ha aperto i canali di comunicazione tra Cina e Ucraina, è stata accolta da Bruxelles come un passo incoraggiante, atteso da tempo, verso una mediazione molto più autorevole da parte di Pechino. Per l’UE, il paese ha un dovere morale di fare pressione su Mosca per porre fine all'invasione, essendo uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU e condividendo la responsabilità globale di difendere i principi del diritto internazionale. L’Unione esige quindi dalla Cina, in primis, la condanna dell’attacco russo ai danni del territorio ucraino, di prendere posizione contro il possibile uso di armi nucleari durante il conflitto e una mediazione più vigorosa del conflitto esercitando pressione su Putin stesso.

L'annuncio di Xi Jinping di inviare un rappresentante speciale per gli affari eurasiatici a Kiev è stato infatti accolto con largo ottimismo, assieme alla più recente dichiarazione del ministro degli Esteri Qin Gang all’omologo russo Sergej Lavrov il 4 maggio. In essa si è espressa la volontà cinese di continuare “a facilitare i colloqui per la pace ed a mantenere la comunicazione e il coordinamento con la Russia per dare un contributo concreto a una soluzione politica della crisi”.

Ma la Cina può essere il vero motore nella mediazione della guerra?

Apparente neutralità

Seppur il paese abbia compiuto nelle ultime settimane una serie di passi avanti, non si può affermare con certezza che sarà la mediazione cinese a fermare il conflitto e rallentare gli animi espansionistici russi.

La Cina sta attualmente perseguendo un piano di pace per l'Ucraina del tutto impraticabile e che pare soddisfare soprattutto gli interessi della Russia. Lo stesso rappresentante UE, Borrell, ha definito il piano come "wishful thinking", ovvero un'illusione che non può essere accettata. Secondo l'Alto Rappresentante, "l'unica proposta di pace valida è quella di Zelensky", e ha affermato che se si vuole la pace, è necessario spingere la Russia a ritirarsi.

Mentre la Cina esorta un cessate il fuoco chiedendo che vengano affrontate le preoccupazioni di sicurezza di entrambe le parti, il piano ucraino esige il completo ritiro delle truppe straniere dal proprio territorio. Un cessate il fuoco non sarà possibile dato che significherebbe che i territori ucraini controllati dalla Russia finirebbero nelle mani di Putin senza una effettiva mediazione.

Di fatto, la completa sconfitta della Russia non è negli interessi cinesi. Questa è una risorsa troppo preziosa nella sua opposizione all'ordine mondiale dominato dagli Stati Uniti e per la sua strategia verso Taiwan. Di conseguenza, Beijing ha sostenuto attivamente il paese durante il conflitto, fornendo sostegno economico e promettendo una collaborazione "senza limiti".

La possibile intermediazione cinese nel conflitto sembra dunque essere un ulteriore strumento della strategia geopolitica di Xi. La stessa telefonata a Zelensky è stata un atto di public diplomacy intelligente. Con questa mossa, la Cina cerca di dimostrare al mondo di non essere solo un aggressore di Taiwan, ma anche un pacificatore capace di svolgere un ruolo costruttivo nella risoluzione di conflitti internazionali. Questa tattica corrisponde alla strategia di Xi Jinping, che ha apprezzato l'importanza del successo della diplomazia nel migliorare l'immagine della nazione a livello globale. Ma è anche un modo per continuare a tenere stretto il legame con l’UE, dopo aver passato decenni a costruire la propria influenza in Europa. Il 9 maggio, il ministro degli esteri cinese, Qin Gang, ha infatti cominciato il suo tour nelle capitali europee con l’obiettivo di persuadere i leader che il paese è ancora un partner affidabile.

Anche se Pechino non ha intenzione di allontanarsi dall’Unione Europea, le tensioni non si sono completamente placate, come dimostra il recente pacchetto di sanzioni nei confronti delle società cinesi che riforniscono la Russia tramite paesi intermedi. Qin ha infatti avvertito che l'imposizione di sanzioni alle società cinesi coinvolte comporterà una reazione per proteggere gli interessi nazionali.

Tuttavia, mentre alcuni funzionari dell'Unione Europea e degli Stati Uniti rimangono scettici riguardo una possibile intensificazione della mediazione cinese nei confronti di Mosca, altri sono ottimisti riguardo al maggiore coinvolgimento di Pechino. Di fatto, nonostante Beijing consideri ancora il Cremlino un alleato per minare l'influenza americana nel mondo, è stato sorpreso dai recenti insuccessi militari di Mosca. È ancora incerto se la lunga guerra avrà un impatto favorevole sulla strategia cinese in quanto l'estensione del conflitto sta contrastando gli interessi cinesi e rappresenta un ostacolo strategico per il paese. Al contrario di indebolire il sistema di alleanze guidato dagli Stati Uniti, il conflitto in Ucraina ha effettivamente avvicinato le democrazie degli Stati Uniti e dell'Europa.

Alla luce di queste considerazioni, il coinvolgimento della Cina nella mediazione della guerra in Ucraina rappresenta un intricato gioco di interessi per Pechino. Mentre il paese cerca di dimostrare al mondo il suo ruolo di pacificatore e costruire l'immagine di un partner affidabile per l’UE, non può ignorare i suoi legami strategici con la Russia e gli obiettivi di lungo termine nel contesto geopolitico globale. Solo il tempo dirà che peso avrà l’intermediazione cinese nella risoluzione del conflitto o se sarà solo uno strumento nella sua ambiziosa strategia di influenza e potere, e quali saranno gli impatti a lungo termine sulle relazioni internazionali.

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L'Autore

Sofia Ena

Laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'università di Bologna.

Autore Framing The World


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