La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo

Composizione, organizzazione e funzionamento

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  Chiara Andreoli
  13 novembre 2022
  4 minuti, 18 secondi

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è un organo giurisdizionale internazionale istituito nel 1959 dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma nel 1950 ed entrata in vigore nel 1953. La Corte ha sede a Strasburgo - non fa parte dell’Unione Europea - e differisce dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, con sede a Lussemburgo, che è a tutti gli effetti un’istituzione europea. 

Secondo l’art.32 della CEDU, la Corte europea per i diritti dell’uomo è competente a giudicare “tutte le questioni riguardanti l’interpretazione e l’applicazione della Convenzione e dei suoi Protocolli”; ha quindi competenza su tutto ciò che attiene alla CEDU. In quest’ultima vengono definiti i diritti e le libertà fondamentali che gli Stati devono non solo rispettare, ma anche assicurare a tutti gli individui che si trovano sul loro territorio, a prescindere dalla cittadinanza; questi sono il diritto alla vita, il diritto a un equo processo, il diritto al rispetto della vita privata e familiare, la libertà di espressione, la libertà di pensiero, coscienza e religione e la tutela della proprietà. La Convenzione, inoltre, proibisce la tortura, i trattamenti inumani o degradanti, il lavoro forzato, la detenzione arbitraria e illegale, la discriminazione.

Per quanto riguarda il suo funzionamento, la Corte può essere consultata solo dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interne, in base ai principi di sovranità dello Stato, di dominio riservato e di sussidiarietà. Questo significa che, prima di poter essere chiamato a rispondere ad un illecito sul piano internazionale, lo Stato deve poter avere la possibilità di porre fino allo stesso all’interno del proprio ordinamento giuridico.

Il ricorso può essere proposto sia da uno Stato contraente - ricorso interstatale - sia da una persona fisica, da un’organizzazione non governativa o da un gruppo di individui - il cosiddetto ricorso individuale - reso possibile a partire dall’Undicesimo Protocollo del 1994. In entrambi i casi, il ricorso deve essere proposto nei confronti di uno Stato contraente; non è invece possibile nei confronti di una persona fisica o di un’istituzione.

Secondo l’art. 20 della Convenzione EDU, “la Corte si compone di un numero di giudici pari a quello delle Alte Parti contraenti”. Attualmente i giudici sono 47 e devono “godere della più alta considerazione morale e possedere i requisiti richiesti per l’esercizio delle più alte funzioni giudiziarie, o essere dei giureconsulti di riconosciuta competenza". I giudici sono eletti dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa e sono chiamati a svolgere il proprio mandato per un periodo di nove anni - non rinnovabile - in posizione di assoluta imparzialità ed indipendenza (art. 4 del Regolamento della Corte europea).

I componenti della Corte eleggono al proprio interno un Presidente e due Vice Presidenti per un periodo di tre anni. La Corte si compone di cinque sezioni, ognuna composta da: un Presidente, un Vice Presidente e da alcuni giudici in qualità di membri ordinari. All’interno di ciascuna sezione sono organizzate delle Camere di giudici composte dal Presidente della Sezione, dal giudice nazionale e altri giudici. Questi sono scelti dal Presidente di Sezione a rotazione permettendo una variazione nella composizione dell’organo giudiziario. Le Camere hanno il compito di risolvere in via ordinaria i casi presentati alla Corte.

Vi è poi una Grande Camera in cui siedono il Presidente della Corte con i Vice Presidenti, il Presidente di Sezione, il giudice nazionale ed altri giudici estratti a sorte. La sua competenza si riflette nei casi più complessi o nei rari casi di impugnazione delle sentenze della Corte. Le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo sono inappellabili, salvo la possibilità di un eccezionale ricorso delle parti alla Grande Camera entro tre mesi dall’emanazione della sentenza. Oggi la Corte ha giurisdizione su 47 Paesi e assicura i diritti e le libertà di circa 820 milioni di persone.

L’attività della CEDU è nettamente aumentata da quando l'Undicesimo Protocollo, nel 1994, ha introdotto i ricorsi individuali, garantendo anche ai singoli -oltre che agli Stati- la possibilità di fare ricorso in caso di violazione dei propri diritti o per reclamare le proprie libertà. Di fatto, a partire dal 1994, vi è stato un vero e proprio boom nell’attività dei giudici di Strasburgo. Le sentenze della Corte europea dei diritti umani sono state, e continuano ad essere, un motore di cambiamento anche all’interno degli ordinamenti nazionali: gli Stati hanno dovuto adeguare le norme interne alla Carta europea dei diritti dell’uomo e alle successive sentenze della Corte.

L’operato della CEDU ha comunque dei limiti in quanto, non può agire spontaneamente ma solo se interpellata o da uno Stato o da un individuo. Le sentenze della Corte, inoltre, non possono né annullare né modificare le leggi di uno Stato e, in presenza di condanna nei confronti di uno Stato, la Corte europea dei diritti dell’uomo può fissare un limite di tempo massimo entro il quale quest'ultimo deve adeguare il proprio ordinamento alla sentenza in questione.

Le fonti impiegate per la stesura della presente pubblicazione sono liberamente consultabili:

https://www.echr.coe.int/Documents/Rules_Court_ITA.pdf

https://www.echr.coe.int/documents/convention_ita.pdf

https://presidenza.governo.it/CONTENZIOSO/contenzioso_europeo/sistema_cedu_2.html

https://cild.eu/blog/2016/11/04/che-cose-la-corte-europea-dei-diritti-delluomo-e-come-funziona/

https://rm.coe.int/168007cdcf

Immagine: https://pixabay.com/illustrations/weight-scale-equal-arm-balance-scale-2402966/

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Chiara Andreoli

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