La Nigeria può aspirare al ruolo di membro permanente del Consiglio di Sicurezza Onu?

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  Aurelia Maria Puliafito
  15 dicembre 2023
  4 minuti, 25 secondi

Introduzione

All’indomani della seconda guerra mondiale, la costituzione delle Nazioni Unite rappresentò una straordinaria evoluzione nella gestione delle relazioni internazionali fra gli stati, che per la prima volta s'impegnavano a “salvare le future generazioni dal flagello della guerra” e dunque, a rispettare, tutelare e garantire la pace globale. Lo statuto elaborato a San Francisco nel 1945, ratificato dai 51 stati fondatori, designava un'architettura formalmente compiuta e capace di gestire con efficacia la fase patologica delle relazioni tra stati. Un ruolo chiave l'ha giocato il Consiglio di Sicurezza, con l'obiettivo del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. 

Quest'organo è composto da quindici membri, di cui cinque permanenti e dieci a rotazione, e detiene il monopolio dell'uso della forza. Tuttavia, gli stati aderenti e quindi firmatari della Carta delle Nazioni Unite devono astenersi dall'uso della forza come strumento nelle loro relazioni internazionali, in virtù del paragrafo 4 del secondo articolo della Carta.

Il ruolo dei paesi permanenti nel Consiglio è molto strategico. I paesi in questione, Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Cina e la Federazione Russa, hanno il potere di veto e possono bloccare qualsiasi risoluzione votandola contro.

La struttura del Consiglio di Sicurezza così delineata rappresenta, lo scenario internazionale del secondo dopoguerra, con le potenze vincitrici come paesi permanenti. A quasi ottant’anni di distanza, in un mondo multipolare, l’esigenza di riformare l’organo principale del sistema onusiano si fa sempre più urgente. 

Prospettive di riforma: la Nigeria potrebbe diventare un nuovo membro permanente?

Emerso con forza dalla fine della guerra fredda, il dibattito sui tempi e i modi di riforma del Consiglio vede il manifestarsi di posizioni divergenti. Risulta, però, evidente e trasversalmente riconosciuta la necessità di intervenire per “correggere la storica ingiustizia dell’esclusione dell’Africa dai seggi permanenti” ed al fine di rappresentare con coerenza l’attuale realtà geopolitica, come sostenuto da Alie Kabba, rappresentante della Sierra Leone e portavoce del Gruppo africano in seno all’Onu. Il rappresentante cinese Zhang Jun inoltre, ha sottolineato la mancanza di equilibrio nella rappresentanza dei blocchi del Nord e quelli del Sud.

La proposta di in un Consiglio ampliato avanzata dal delegato africano, prevede l’istituzione di due nuovi seggi permanenti con diritto di veto ed un numero maggiore di seggi elettivi. Ad aspirare al ruolo di membro permanente è, insieme ad Egitto e Sudafrica, la Nigeria, ammessa all’Onu nell’ottobre del 1960, già dal 1991, quando il capo di Stato, Generale Ibrahim Babangida, si espresse in merito in seno all’Assemblea Generale. Tale posizione venne nuovamente avanzata nel giugno del 2000 dal Ministro degli Esteri Dubem Onyia nel corso di un incontro con una delegazione rappresentante Kofi Annan, allora Segretario generale delle Nazioni Unite”, scrive George Chimdi Mbara, ricercatore dell’Università di KwaZulu Natal, nel Journal of African Foreign Affairs.

L’aspirazione nigeriana è comprensibile alla luce del ruolo che il paese ricopre nel contesto continentale e globale: tra i dieci stati più popolosi al mondo, la Nigeria riveste il ruolo di leader de facto della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Ecowas) sin da quando, nel 1999, si è insediato al governo del paese un regime civile. Agli stretti legami con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, in virtù dell’accesso garantito a queste ultime alle risorse petrolifere del paese, si affianca la sempre più ingombrante presenza cinese, che attraverso Huawei si è impegnata alla fine dello scorso anno a costruire lungo i cinquemila chilometri di confine nigeriano un sistema di sorveglianza elettronica costante e capillare, rendendo così sempre più stretto il cappio del debito di Abuja nei confronti di Pechino.

Proprio in virtù dei forti interessi economici nutriti nei confronti del paese e del continente, la Cina ha espresso nuovamente sei mesi fa, attraverso lo speaker del parlamento popolare cinese Zhang Dejiang, il proprio supporto alla giusta causa nigeriana. Pochi mesi prima invece, il ministro degli Esteri francese Catherine Colonna, è stata la portavoce del desiderio di supportare e mantenere amico un Paese stabile, che faccia da argine alla serie di colpi di stato avvenuti negli stati con esso confinanti.

La probabilità che l’aspirazione nigeriana diventi realtà, tuttavia, appare - anche qualora l’altrettanto improbabile riforma del Consiglio di Sicurezza venga realizzata - distante e inverosimile: se il dottor Mbara, al fine di rendere efficacemente l’idea, sostiene che sarebbe più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, è di fatto innegabile che il quadro che del Paese ci viene offerto, su tutti, dall’ Afrobarometro, ce lo mostri fragile, instabile e diviso. “In qualità di Paese più popoloso dell’Africa, la Nigeria vive l’intera gamma di problemi di sicurezza, dal crimine comune a quello organizzato, e relativi alla lotta al terrorismo, anche digitale”, emerge dal report dell’11 ottobre, e continua sostenendo che “la polizia ha evidentemente fallito” nei suoi compiti, venendo per'altro accusata di torture ed altre gravi violazioni dei diritti umani. Inoltre, un numero sempre maggiore di cittadini, pur preferendo la democrazia, se ne dice altamente insoddisfatto, così come del funzionamento del sistema elettorale tutto.

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Aurelia Maria Puliafito

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