La nuova missione ONU ad Haiti

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  Valentina Ruaro
  09 ottobre 2023
  4 minuti, 31 secondi

Il 2 ottobre scorso, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che prevede la creazione di una Missione Internazionale volta a ripristinare la sicurezza in Haiti per un periodo di un anno. Questa iniziativa è stata concepita per affrontare il crescente problema di violenza causato dalle bande criminali che hanno preso il controllo del Paese, in particolare nella capitale, Port-au-Prince. La conduzione di questa missione sarà affidata al Kenya, e coinvolgerà la partecipazione di oltre dieci Paesi, tra cui alcune nazioni caraibiche come Giamaica, Barbados e Barbuda. La decisione di promuovere questa risoluzione è stata presa su richiesta esplicita del governo haitiano, il quale ha chiesto assistenza internazionale per stabilizzare la situazione nel Paese. La risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha ricevuto il voto favorevole di tredici membri, con l'astensione della Cina e della Russia.

È stato lo stesso governo haitiano a fare richiesta all'ONU per intervenire a causa della grave instabilità che sta affliggendo il Paese. Tra ottobre 2023 e giugno 2023, circa 3.000 persone sono state vittime di violenza causata dalle bande criminali, le quali hanno preso il controllo di ampie porzioni del territorio haitiano, compresi circa l'80% della capitale. Queste gang hanno consolidato il loro dominio sul Paese attraverso atti di omicidio, rapimento ed estorsione. Tale situazione è emersa in seguito all'assassinio del presidente Jovanel Moise nel 2021, il quale ha creato un vuoto di potere, impedendo la conduzione di elezioni organizzate. Di conseguenza, il Paese è stato preso in ostaggio dalle bande criminali, che spesso si scontrano tra loro e che sono dotate di armi superiori e numeri più consistenti rispetto alle forze di polizia locali. Secondo quanto riferito dalle Nazioni Unite, molte aree residenziali sono state abbandonate dai loro abitanti a causa del pericolo rappresentato da omicidi, rapimenti ed estorsioni per ottenere riscatti.

Il Kenya invierà un contingente di 1.000 uomini ad Haiti. Le forze che verranno dispiegate nel Paese non avranno il ruolo tradizionale delle truppe delle Nazioni Unite impiegate nelle missioni di mantenimento della pace. Invece, il loro scopo principale sarà quello di proteggere infrastrutture critiche come aeroporti, porti, scuole, ospedali e strade. Inoltre, lavoreranno in stretta collaborazione con le forze di polizia haitiane per condurre operazioni mirate contro le attività criminali e ripristinare le condizioni necessarie per la conduzione di elezioni, che non si tengono dal 2016.

Tuttavia, esistono preoccupazioni all'interno dell'opinione pubblica riguardo alle forze di sicurezza del Kenya, le quali hanno ricevuto critiche in passato per violazioni dei diritti umani, corruzione e un uso eccessivo della forza. Inoltre, alcuni osservatori hanno sollevato dubbi sulla capacità delle forze keniane di adattarsi rapidamente a un nuovo ambiente, soprattutto considerando le barriere linguistiche. L'opinione pubblica è divisa su questo tema: da un lato, c'è un riconoscimento della necessità urgente di assistenza esterna, ma dall'altro si ricordano i fallimenti delle missioni precedenti.

L'ultima missione, che ha avuto luogo dal 2004 al 2017 dopo il colpo di stato che ha destabilizzato l'ex presidente Aristide, è stata la Missione delle Nazioni Unite per la stabilizzazione ad Haiti (MINUSTAH). Questa missione aveva l'obiettivo di contribuire alla stabilizzazione della democrazia in Haiti. Tuttavia, la sua permanenza nel Paese è stata segnata da scandali, tra cui episodi di violenza sessuale e un'epidemia di colera che ha causato quasi 10.000 vittime. Anche il massiccio intervento umanitario degli Stati Uniti dopo il terremoto del 2010 ha suscitato un ampio dibattito sulla dipendenza degli aiuti e presunte irregolarità da parte di alcuni operatori umanitari e forze di pace. La missione non solo non è riuscita a garantire stabilità al fragile sistema democratico haitiano, ma ha anche affrontato gravi accuse di violazioni dei diritti umani e abusi sessuali da parte del personale militare.

Per il presidente keniano William Ruto, partecipare a questa missione rappresenta un'opportunità per migliorare il suo prestigio a livello internazionale, per proiettare la sua immagine all'estero e per collocarsi al livello delle grandi potenze mondiali. Gli Stati Uniti, pur offrendo assistenza economica e supporto logistico, non assumeranno il comando della missione internazionale e non invieranno truppe sul campo. Storicamente, il coinvolgimento politico degli Stati Uniti ad Haiti è stato significativo, ma talvolta ha avuto conseguenze negative. Sono state osservate ingerenze militari, abusi sessuali da parte dei peacekeepers e gli aiuti forniti non sono stati abbastanza ed adeguati per far fronte alle esigenze del Paese. Inoltre, Haiti non rappresenta una priorità geopolitica per l'amministrazione Biden.

I sostenitori dell'intervento sottolineano che la crisi in Haiti non può più essere trascurata. Questo Paese, con una popolazione di 11 milioni di persone, dispone di meno di 12.800 agenti di polizia e affronta una crescente ingovernabilità a causa delle circa 200 bande armate che si combattono tra loro. In particolare, preoccupa l'uso sistematico della violenza sessuale contro donne, ragazze e ragazzi. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha descritto la situazione come "un incubo ad occhi aperti". Tuttavia, c'è una sfida importante legata alla crisi: la mancanza di finanziamenti adeguati per affrontarla. L'Unicef ha rivelato che più dell'80% del budget totale richiesto per la prevenzione e la risposta alla violenza è attualmente mancante. 

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L'Autore

Valentina Ruaro

Sono laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Bologna e attualmente sto frequentando il corso di laurea magistrale in Studi sulla Sicurezza, l'Intelligence e la gli studi strategici, con un percorso accademico che include prestigiose istituzioni come l'Università di Glasgow, l'Università di Trento e l'Università Karlova di Praga.

Nel campo accademico, collaboro come autrice per Mondo Internazionale, affrontando temi fondamentali sul ruolo delle organizzazioni internazionali, con particolare attenzione all’Unione Europea e alla NATO. Inoltre, per coinvolgere un pubblico più ampio, produco anche contenuti su Instagram per MI Post. Attualmente, sto svolgendo un tirocinio presso il NATO Defense College a Roma, dove approfondisco le mie competenze nell'ambito dell'educazione, della sicurezza e della difesa.

Ho maturato esperienza nel settore della ricerca lavorando per l'European Army Interoperability Centre di Bruxelles, concentrandomi sull'interoperabilità degli stati membri e sul ruolo esterno dell’UE.

I miei interessi ruotano attorno alla geopolitica, alla CSDP dell'UE, alla difesa NATO, con un focus geografico sulla regione Euro-Atlantica e il Medio Oriente, in particolare la Siria.

Motivata dall'empatia e da una determinazione incessante per il cambiamento, sono pronta a continuare a plasmare conversazioni e azioni nel campo della sicurezza internazionale e della difesa.

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I hold a Bachelor's degree in International Relations and Diplomatic Affairs from the University of Bologna, and I am currently pursuing a Master's degree in Security, Intelligence, and Strategic Studies. My academic journey includes esteemed institutions such as the University of Glasgow, the University of Trento, and Charles University in Prague.

Within the academic realm, I collaborate as an author for Mondo Internazionale, addressing pivotal topics concerning the roles of international organisations, particularly focusing on the European Union and NATO. Additionally, I engage a broader audience by creating content on Instagram for MI Post. I am currently interning at the NATO Defense College in Rome, further honing my skills in the education, security, and defence sectors.

I have gained research experience while working at the European Army Interoperability Centre in Brussels, where I focused on member states' interoperability and the EU's external role.

My interests revolve around geopolitics, EU Common Security and Defence Policy (CSDP), and NATO defence, with a geographical focus on the Euro-Atlantic region and the Middle East, specifically Syria.

Driven by empathy and an unwavering determination for positive change, I am prepared to continue shaping discussions and actions in the field of international security and defence.

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